
(AGENPARL) – Tue 26 August 2025 ** Intervista pubblicata sul portale della Regione Basilicata nella rubrica “Basilicata in Salute”
Robotica e umanità: la sanità del futuro in Basilicata
Interventi complessi, nuove tecnologie ed équipe multidisciplinari pronte a dare il massimo: a tu per tu con Michele Di Marino, direttore dell’UOC di Chirurgia dell’ospedale San Carlo di Potenza. “La Basilicata è stata lungimirante. La macchina robotica acquistata anni fa”.
Interventi complessi, nuove tecnologie ed équipe multidisciplinari pronte a dare il massimo: a tu per tu con Michele Di Marino, direttore dell’UOC di Chirurgia dell’Ospedale San Carlo di Potenza.
Dottore, lei guida una delle unità chirurgiche più avanzate della regione. Ci racconta in cosa consiste il suo lavoro quotidiano come direttore dell’UOC di Chirurgia dell’Ospedale San Carlo di Potenza?
«Il mio lavoro abbraccia l’attività ordinaria e l’urgenza in raccordo con i colleghi del mio reparto e soprattutto con i colleghi degli altri reparti: facendo parte dei Gom – ovvero gruppi oncologici multidisciplinari – il paziente viene sostanzialmente preso in carico da un pool di specialisti e in base al tipo di patologia in maniera collegiale viene deciso quale percorso dovrà intraprendere. Radioterapico, chemioterapico, chirurgico. L’obiettivo è ovviamente quello di offrire la migliore terapia a 360 gradi, con il supporto di tutte le figure competenti per singola materia a partire dal percorso nutrizionale affinchè il paziente possa affrontare le cure oncologiche nel modo più appropriato. Ritengo che una chirurgia “forte” sia capace di trainare un intero ospedale ma è sempre – lo ribadisco – fondamentale l’apporto di tutti i reparti e di tutti gli specialisti perchè molto spesso si giunge ad un’attività chirurgica dopo la stabilizzazione del paziente, il quale di sovente può presentare varie patologie. Spesso, purtroppo, da un dolore all’addome scopriamo l’esistenza di un tumore, poi facendo ulteriori indagini scopriamo anche la sussistenza di problemi cardiologici urgenti. Pertanto, per step, il paziente viene seguito e accompagnato da più figure nel suo percorso ospedaliero. Ad oggi sono felice dei risultati raggiunti: il San Carlo di Potenza è l’ospedale di riferimento regionale e la collaborazione tra tutti gli specialisti è fondamentale per raggiungere risultati sempre più ambiziosi a servizio della collettività. Io ho lavorato in numerose strutture da Roma a Milano passando per la Toscana: al San Carlo ho trovato ottimi colleghi, determinati e scrupolosi. Lo dico con convinzione: chi si rivolge al San Carlo deve sapere che troverà dei medici competenti».
A Potenza la chirurgia robotica è già una realtà consolidata?
«La Basilicata è stata lungimirante ed ha investito bene le risorse, basti pensare che la macchina robotica è stata acquistata molti anni fa. Ho trovato un ottimo chirurgo, il dottor Falabella, che già aveva iniziato il percorso di standardizzazione della robotica. Vorrei precisare: con l’odierna evoluzione tecnologica la robotica appartiene al presente, anzi un presente che tende al passato. Stiamo andando verso una maggiore integrazione tra macchina, paziente e chirurgo. Il robot chirurgico è gestito dal chirurgo, nel prossimo futuro il chirurgo potrà contare su un automatismo della macchina che ora può sembrare futuristico ma tra qualche tempo non lo sarà. Io sono fiducioso, da parte dell’Azienda c’è la disponibilità ad investire nella robotica ed anche la politica regionale è molto sensibile al tema, un San Carlo sempre più moderno può solo che essere motivo di orgoglio».
Cosa si sente di dire ai pazienti lucani che spesso guardano altrove per curarsi?
«Io ho dei flussi al contrario, pazienti che dalle altre regioni limitrofe ad esempio Puglia e Campania si rivolgono al San Carlo per l’eccellenza che possiamo offrire. La vera sfida è mitigare l’uscita e incrementare l’entrata. Mi piace confrontarmi molto con il paziente, ascoltare le sue preoccupazioni e cercare di trasmettere fiducia e serenità. Ovviamente il paziente è libero di decidere dove farsi curare, rimanere nella propria terra è utile per gestire anche la degenza con il supporto della famiglia, perchè dietro ad un percorso di cura c’è una struttura sociale ed anche delle questioni di praticità logistica e dei costi da sostenere. Spero che sempre più pazienti possano comprendere che il San Carlo è all’altezza della situazione. Il mio reparto segna un incremento di numero di interventi addirittura migliori dei valori pre covid. I numeri sono numeri, al centro c’è il paziente e la sua famiglia e da medico ho il dovere morale, ancor prima che professionale, di dare il massimo».
All’esterno c’è un’immagine corretta della sanità lucana?
«La credibilità nei pazienti si conquista lavorando bene, provando ad instaurare un rapporto di fiducia. Si parla tanto di Pdta. Faccio un esempio pratico: arriva un paziente con una serie di sintomi, una gastroscopia ed un istologico in corso. Gli spiego, in attesa di valutare con attenzione tutte le informazioni e di avere un quadro della situazione più completo, cosa bisogna fare, quali sospetti possono essere esclusi o confermati, quali eventuali percorsi dovrà seguire. Questo è già un Pdta. L’immagine, spesso, è data tendenzialmente dal primissimo approccio: il paziente deve sentirsi subito preso in carico, deve subito comprendere che un gruppo di professionisti è pronto a dare il massimo e in questo devo ringraziare i miei straordinari collaboratori».
Su cosa vorrebbe si concentrassero gli sforzi nel prossimo futuro?
«La rete oncologica regionale è preziosissima e a mio parere è fondamentale per migliorare la qualità delle prestazioni. Inoltre la centralizzazione delle patologie è l’unico metodo che riduce i costi e aumenta le performance, è scientificamente provato. Maggiore casistica, maggiori numeri, maggiore esperienza. Centralizzare le grosse patologie nei centri di eccellenza per ottimizzare gli sforzi e migliorare il servizio».
Ci racconta un caso particolarmente significativo affrontato nel corso della sua carriera?
«I casi complessi sono quotidiani, sicuramente tanta delicata attività sull’esofago e grandi soddisfazioni per i risultati dell’approccio alla chirurgia oncologica. Fare interventi di un certo livello di complessità è una speciale conquista. Ho un gruppo di persone che mi segue, che non guarda l’ orario, che è sempre disponibile e spero di riuscire a trasmettere validi insegnamenti».