
Prosegue a spron battuto la diffusione di dati statistici ingannevoli sul turismo pugliese, su cui si costruiscono analisi socio-economiche parziali e, soprattutto, uno storytelling che – nel pubblico come nel privato – tende a nascondere sotto la sabbia quelle che sono le reali criticità che una delle principali industries della regione. Comparto che, se incentrato su una rivoluzione strategica e su una progettazione ben calibrata, potrebbe diventare davvero un potente volano di sviluppo al servizio del territorio e di tutti i suoi abitanti. È quanto dichiara senza mezzi termini l’imprenditore salentino Alessandro Zezza, presidente del Consorzio Puglia DOC e consigliere provinciale di Federalberghi Lecce. Proprietario di Masseria Panareo, è autore del recente libro “Overtourism”, frutto di una ricerca approfondita che scandaglia proprio dinamiche come questa, negli ultimi giorni palesata all’opinione pubblica sollevando dubbi ma, soprattutto, accesi dibattiti mediatici.
“Di fronte alla mole di articoli che stanno invadendo i social e i media con percentuali incontrollate, in cui si parla di cali dal 50 all’80%, fino al grottesco +250% a Gallipoli, è doveroso riportare il confronto su un piano serio, fondato su dati credibili e riflessioni strutturali – spiega Zezza -. La verità è che il mercato turistico nazionale sta vivendo una crisi diffusa stimata tra il 20 e il 25%, dovuta a una combinazione di fattori economici, geopolitici e competitivi”.
Ancora contrastanti e incerti, invece, i dati relativi alla Puglia: da un lato si parla di trend positivo con un +18% rispetto alla scorsa stagione, dall’altro appare evidente che qualsiasi valutazione andrà fatta solo a fine anno, soprattutto dopo l’introduzione del CIN – Codice Identificativo Nazionale -, che ha fatto emergere migliaia di strutture finora sommerse.
“La crescita dei posti letto è reale, ma i dati ufficiali al momento si basano ancora su un sistema di rilevazione vecchio, non aggiornato alla nuova realtà – prosegue il Presidente -. Sui lidi balneari si registra un’occupazione sotto il 50%, e anche qui non possiamo ignorare il ruolo delle scelte imprenditoriali: tariffe fuori mercato, servizi standardizzati, incapacità di proporre un prodotto coerente con le aspettative di un cliente sempre più consapevole. Ma ridurre la questione alla gestione dei singoli operatori sarebbe miope”.
Il vero problema, secondo Zezza, si colloca infatti a monte, è di natura politica, nonché legato a un modello di offerta turistica che non è mai stato ripensato. “In Puglia, come in altre regioni d’Italia, si continua a ragionare come se fossimo negli anni ’60, quando luglio e agosto bastavano per salvare i bilanci di intere economie locali. Ma quel mondo non esiste più.
Oggi l’italiano medio ha subito, per il secondo anno consecutivo, una forte erosione del potere d’acquisto, e ha davanti alternative concrete e low-cost in tutto il Mediterraneo. Un anno era l’Albania, l’altro il Montenegro, domani saranno nuove rotte che offrono accesso più economico, voli diretti, servizi semplici e coerenti. L’italiano che prima “rimaneva” in Italia oggi ha imparato a viaggiare”.
Nel frattempo, quella che si è lasciata crescere sul territorio pugliese è un’offerta disordinata, improvvisata, non qualificata, che ha compromesso il lavoro di imprese serie, impegnate da anni a investire nella qualità, nella formazione del personale, nella creazione di valore stabile.
Anche chi ha lavorato bene vede dunque oggi calare il proprio appeal, cannibalizzato da una concorrenza che non ha regole, non ha standard e, soprattutto, non ha una vision.
“Non possiamo più nasconderci dietro lo storytelling patinato, perché abbiamo venduto identità che non esistono – dichiara Zezza -. L’ultima “invenzione” è il Salento come terra del tartufo, un’iniziativa che confonde l’identità culturale reale con una narrazione posticcia, rischiando di trasformare il turismo in una truffa ben confezionata. Ma un turista non perdona chi promette e non mantiene. E oggi, molti dei nostri territori stanno rischiando esattamente questo”.
Altro punto cruciale, oggi più che mai sotto i riflettori, è la tanto acclamata destagionalizzazione, che non può essere invocata a colpi di slogan, se priva di quegli elementi che ne rappresentano la linfa vitale.
“Finché dal 31 ottobre non ci saranno più voli, finché mancheranno servizi, eventi di spessore pensati per attrarre tutti, collegamenti efficienti, attrattori culturali solidi e una comunicazione strutturata, nessun turista tornerà in Puglia a novembre, nemmeno se i ristoratori restano aperti. Il problema non è convincere le strutture ad aprire, ma rendere la destinazione viva, attrattiva, economicamente raggiungibile. Per tutto questo, oggi è il momento della responsabilità – conclude l’imprenditore -. Responsabilità politica, territoriale, comunicativa. Non servono più campagne autocelebrative ma un piano industriale per il turismo, che metta al centro chi lavora sul serio e voglia costruire un futuro per questa regione”.
