
A seguito della sentenza della Corte della Bosnia-Erzegovina, che ha condannato Milorad Dodik a un anno di prigione e gli ha vietato di ricoprire incarichi pubblici per i prossimi sei anni, si apre il dibattito sulla possibilità per il leader serbo-bosniaco di rimanere alla guida dell’Alleanza dei socialdemocratici indipendenti (SNSD). La Commissione elettorale centrale della Bosnia-Erzegovina, prossima a riunirsi, dovrà esaminare la possibile cessazione del suo mandato come presidente della Repubblica Srpska.
Secondo i professori di diritto costituzionale, il verdetto della Corte apre diverse interpretazioni: Milan Blagojević sostiene che il divieto si estende anche ai partiti politici finanziati con fondi pubblici, quindi anche all’SNSD. Tuttavia, lo stesso Blagojević riconosce che la decisione di Christian Schmidt di sospendere i finanziamenti pubblici al partito potrebbe neutralizzare l’effetto giuridico del verdetto, rendendo tecnicamente possibile la permanenza di Dodik alla guida dell’SNSD.
Al contrario, il costituzionalista Davor Trlin ritiene che il divieto si applichi esclusivamente agli incarichi pubblici nei settori legislativo, esecutivo, giudiziario e amministrativo, ma non ai ruoli interni ai partiti politici. Per Trlin, il presidente dell’SNSD potrebbe rimanere tale, trattandosi di una posizione non assimilabile a incarichi pubblici nel senso stretto.
Il partito SNSD, da parte sua, ha già respinto la sentenza definendola “violenza legale” e ha ribadito che Milorad Dodik resterà alla guida. Il governo della RS e l’SNSD non riconoscono l’autorità di Schmidt come Alto Rappresentante, mettendo ulteriormente in discussione la legittimità del procedimento.
Gli analisti politici, come Mladen Bubonjić, sostengono che Dodik tenterà comunque di mantenere il potere politico, anche se dovesse perdere formalmente gli incarichi istituzionali. La sua influenza potrebbe persistere nell’ombra, soprattutto finché continuerà ad avere accesso alle risorse della RS.
Infine, va ricordato che Dodik è sotto inchiesta anche per presunto “attacco all’ordine costituzionale” e, assieme a Radovan Višković e Nenad Stevandić, è stato inserito nella lista dei ricercati tra marzo e luglio 2025, salvo poi presentarsi alle autorità giudiziarie.