
(AGENPARL) – Mon 28 July 2025 Chi non si fida di persone e fonti
di informazione, diffida anche dell’AI
Una ricerca condotta dagli psicologi del Centro di ricerca sulla Teoria della Mente dell’Università Cattolica esplora come le persone percepiscono l’intelligenza artificiale e quali sono le implicazioni psicologiche, sociali ed etiche di questo atteggiamento
Milano, 28 luglio 2025 – La sfiducia epistemica (la tendenza a percepire le fonti di informazione umane come inaffidabili o malevole) è associata ad atteggiamenti più critici verso l’intelligenza artificiale (AI). Le persone che manifestano questa forma di sfiducia tendono a concentrarsi maggiormente sui rischi e sugli svantaggi dell’AI, considerandola con sospetto e quale fonte di potenziale inganno.
Questo è in sintesi quanto emerge da un recente studio condotto dal Centro di Ricerca sulla Teoria della Mente e sulla Competenza Sociale nel Ciclo di Vita (CeRiToM) del campus di Milano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con la guida di Antonella Marchetti e la collaborazione di Davide Massaro, Cinzia Di Dio, Federico Manzi e Federica Sacco.
La ricerca, realizzata con Astrid Schepman e Paul Rodway dell’Università di Chester – ideatori della scala GAAIS – si affianca alla validazione italiana della “General Attitudes towards Artificial Intelligence Scale”.
Come percepiamo l’AI che entra sempre più nella nostra quotidianità, cosa suscita fiducia o diffidenza nei suoi confronti e quali meccanismi psicologici influenzano l’accettazione di queste tecnologie?
Lo studio, pre-registrato nel 2024, che affronta queste tematiche, ha coinvolto un campione di 121 adulti italiani (61 uomini e 60 donne), con un’età media di 36,57 anni (range 18-65), provenienti da diverse fasce di istruzione e occupazione e ha esplorato in profondità il ruolo della fiducia – e della sfiducia – nei confronti delle fonti di conoscenza, umane e artificiali.
Per fornire un quadro completo dei fattori che influenzano l’atteggiamento verso l’AI e la loro relazione con la fiducia, i partecipanti sono stati valutati anche per il loro livello di conoscenza dell’AI e la loro competenza nell’uso del computer.
Le evidenze emerse, come si accennava all’inizio, mostrano come chi manifesta sfiducia epistemica tende a concentrarsi maggiormente sui limiti dell’AI e che maggiore è la familiarità con l’AI, maggiore è l’apertura nei suoi confronti.
Questo risultato si allinea con la tendenza osservata nello studio per cui, indipendentemente dall’età o dal livello di istruzione generale, gli uomini manifestano minori preoccupazioni o scetticismo riguardo all’AI rispetto alle donne. Per comprendere tale dato, da un lato è plausibile fare riferimento a diversi percorsi di esposizione e interazione con la tecnologia: il genere maschile, infatti, è spesso maggiormente coinvolto in contesti legati allo sviluppo e all’applicazione tecnica dell’AI. Tale maggiore esposizione, ampiamente documentata dalla letteratura sul gender gap nelle discipline stem e nella percezione del rischio tecnologico, si traduce in una familiarità che mitiga la percezione del rischio da parte degli uomini. D’altro canto, la maggiore propensione delle donne a manifestare preoccupazioni o scetticismo verso l’AI può riflettere una particolare sensibilità alle implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. Ciò evidenzia una tendenza a valutare l’AI non solo per le sue capacità funzionali, ma anche per il suo impatto a lungo termine sulla società e sulle relazioni umane.