
(AGENPARL) – Mon 28 July 2025 Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 28 luglio 2025
IMPIANTI ALIMENTATI CON BIOMASSE: L’ESIGENZA DI TUTELARE LA BIODIVERSITÀ E GLI ECOSISTEMI DEI PARCHI NAZIONALI O REGIONALI DEVE ESSERE ATTENTAMENTE CONSIDERATA DA TUTTE LE PUBBLICHE AUTORITÀ
«Siccome i parchi naturali ricoprono solo una limitata parte del territorio nazionale o regionale, e quindi sussiste un’abbondante disponibilità di altre aree dove realizzare tali impianti, appare evidente il problema della dubbia coerenza, allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, tra la localizzazione in detti siti» di impianti da biomasse con potenza superiore ai 10 MW termici «e la scelta di preservare i parchi stessi dall’eccesso di contaminazione antropica, che è quella che giustifica la loro costituzione».
A differenza degli altri impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili – la cui realizzazione e operatività si pone, normalmente, in minore conflitto con la tutela dell’ambiente e il cui sviluppo costituisce un interesse «di cruciale rilievo» proprio «rispetto al vitale obiettivo di tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni» – per i suddetti impianti alimentati da biomasse, pur anch’esse qualificabili nell’ambito delle FER, un tale conflitto è, invece, più facilmente ipotizzabile, quando lo loro realizzazione avvenga in aree, come i parchi, destinate precipuamente a difendere «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi», cioè i beni cui fa espresso riferimento il novellato articolo 9 della Costituzione.
È quanto si legge nella sentenza numero 134 del 2025, depositata oggi, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 14, comma 1, della legge Regione Calabria numero 36 del 2024, nella parte in cui dispone che «[è] vietata», nei parchi nazionali e regionali ricadenti nel territorio calabrese, la realizzazione di impianti di potenza superiore a 10 MW termici alimentati da biomasse, anziché disporre che i suddetti parchi «costituiscono aree non idonee» alla realizzazione di questa tipologia di impianti, nonché l’articolo 14, comma 2, della medesima legge, che dispone che entro sei mesi gli impianti eccedenti la suddetta potenza siano tenuti a ridurla a pena di decadenza dalla relativa autorizzazione.
La sentenza ha precisato che nel nuovo contesto dei principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», così come integrati, sul piano tecnico, dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con legge regionale possono essere individuate non solo le aree idonee, ma anche quelle inidonee.
Resta però fermo che «la inidoneità dell’area, pur se dichiarata con legge regionale, non si può tradurre in un divieto assoluto stabilito a priori, ma equivale a indicare un’area in cui l’installazione dell’impianto può essere egualmente autorizzata ancorché sulla base di una idonea istruttoria e di una motivazione rafforzata».
A questo riguardo, tuttavia, la sentenza ha precisato che «se tale regime potrebbe condurre, di per sé, all’autorizzazione di centrali alimentate da biomasse di elevata potenza termica nei parchi naturali», tale eventualità potrebbe presentare criticità rispetto alla «preminente rilevanza accordata […] alla protezione dell’ambiente» dal novellato articolo 9 della Costituzione, che ne consacra direttamente nel testo della Costituzione il mandato di tutela e «vincola così, esplicitamente, tutte le pubbliche autorità ad attivarsi in vista della sua efficace difesa».
Tale mandato costituzionale – ha aggiunto la sentenza – «dovrà essere attentamente considerato da tutte le amministrazioni procedenti – ivi compreso il Consiglio dei ministri in sede di decisione sull’opposizione di cui all’art. 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 – in relazione all’esigenza di tutelare la biodiversità e i delicati ecosistemi che si sviluppano nei parchi nazionali o regionali, ove assentissero in questi luoghi alla realizzazione delle suddette centrali».
Roma, 28 luglio 2025