
(AGENPARL) – Mon 28 July 2025 [cid:image003.jpg@01DBFFC1.B69C4FF0]
Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 28 luglio 2025
È NECESSARIA UN’INTERPRETAZIONE RESTRITTIVA DELLA PRECLUSIONE PROCESSUALE ALL’UTILIZZO DEI DOCUMENTI NON TRASMESSI O NON CONSEGNATI IN RISPOSTA AGLI INVITI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
«Il dovere tributario, nella concezione costituzionale, afferisce al pactum unionis piuttosto che a quello subiectionis», per cui solo attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata, che ne restringe fortemente la portata applicativa, la previsione dell’inutilizzabilità processuale degli elementi informativi non trasmessi o non consegnati dal contribuente su richiesta dell’amministrazione finanziaria, «ritrova una sua vocazione compatibile con il disegno costituzionale», essendo funzionale a favorire un dialogo anticipato, pre-contenzioso, fra le parti e quella reciproca correttezza di rapporti tra pubblica autorità e contribuenti «che è presupposto di ogni civile convivenza».
È quanto si legge nella sentenza numero 137, depositata oggi, con la quale la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate, nei termini di cui in motivazione, le questioni sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma sull’articolo 32, quarto e quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi).
La sentenza non solo ha confermato interamente la linea interpretativa già fornita dalla giurisprudenza di legittimità sui limiti di applicabilità della suddetta disposizione, ma ne ha ulteriormente ridotto la portata, precisando che devono essere esclusi dalla sanzione dell’inutilizzabilità nel processo «quegli elementi informativi che rivestono (ad esempio, un registro in cui figurassero anche annotazioni contra se) un contenuto, per così dire, misto, ovvero anche parzialmente suscettibile di produrre effetti sfavorevoli per il contribuente».
Inoltre, in forza dell’evoluzione digitale e normativa che ha condotto alla creazione di nuove banche dati, come quella relativa alle fatture elettroniche, non possono essere richiesti al contribuente elementi informativi che l’Amministrazione finanziaria potrebbe ottenere interrogando le stesse. Non è infatti giustificato che al contribuente vengano richiesti oneri di attivazione (con il potenziale rischio, peraltro, di eventuali errori che determinino poi l’inutilizzabilità delle prove) per fornire elementi informativi di cui l’Amministrazione finanziaria potrebbe facilmente disporre.
Solo così «ridimensionata e intesa», la norma censurata – ha precisato la sentenza – è idonea a inserirsi nel più ampio contesto dell’evoluzione dei rapporti tra “autorità” e “consenso” e del tentativo di un graduale abbandono, da parte del legislatore tributario italiano, della risalente visione autoritaria del rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente a favore di una progressiva partecipazione di quest’ultimo al procedimento, secondo quella prospettiva di compliance fiscale e di dialogo anticipato fra Fisco e contribuente che è stata valorizzata anche dalla recente riforma tributaria.
Roma, 28 luglio 2025