
(AGENPARL) – Fri 25 July 2025 Comunicato stampa
25 luglio 2025
Federconsumatori esprime solidarietà a Francesca Albanese e condanna fermamente le sanzioni nei suoi confronti. Serve trasparenza sulle aziende coinvolte negli affari legati ai crimini a Gaza.
Federconsumatori esprime piena solidarietà a Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, di fronte alle sanzioni annunciate dall’amministrazione Trump, sanzioni che riteniamo inammissibili, ingiustificate e in contrasto con i principi fondamentali del diritto internazionale.
Francesca Albanese ha svolto, con rigore e coraggio, un lavoro di denuncia puntuale delle gravi violazioni dei diritti umani nella Striscia di Gaza, presentando un dettagliato rapporto dal titolo eloquente, che documenta chiaramente i crimini atroci commessi dal Governo e dall’esercito israeliani: “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Il documento non si limita ad una rassegna dei diritti dei cittadini palestinesi violati da parte del governo sionista, che li rinchiude in campi di concentramento e di sterminio a cielo aperto, sotto gli occhi indifferenti dei governi dei Paesi amici di Israele, tra i quali il nostro, ma denuncia i nomi delle aziende straniere colluse con esso.
Tra i nomi citati nel rapporto figurano grandi imprese attive nei settori della finanza, della sicurezza, della tecnologia, delle costruzioni e della distribuzione: gruppi bancari e assicurativi come BNP Paribas (che in Italia controlla BNL), Barclays, Pimco e la stessa sua controllante Allianz, Axa; grandi fondi patrimoniali come BlackRock e Vanguard, Palantir (il cui padrone è stretto alleato di Trump), Norwegian Government Pension Fund Global e Caisse de Dépôt et Placement du Québec; big tech come Microsoft, Amazon.com, Alphabet, IBM, HP; gruppi industriali, di logistica e trasporti quali Lockheed Martin, Caterpillar, Maersk, Chevron, Hyundai, Volvo e il gruppo italiano Leonardo-Finmeccanica, ma diverse altre imprese che, evidentemente, si fanno pochi scrupoli a continuare i propri affari pur sapendoli insanguinati dal nuovo massacro degli innocenti in corso in Palestina.
La questione rilevante, contro cui il rapporto punta il dito e ci invita a riflettere, è che gli investimenti che hanno luogo laddove si svolgono dinamiche repressive che si spingono fino al genocidio non sono compatibili in alcun modo con l’etica di facciata con cui gli investitori amano pubblicizzare il proprio marchio ed operato. Denuncia, in sostanza, l’incompatibilità reale e oggettiva tra la scelta di sostenere di fatto la repressione sterminatrice di Israele, che si fa denominare guerra, ma costella di vergognosi crimini contro l’umanità le proprie azioni militari e di polizia, e il tentativo di ripulirsi immagine e coscienza con l’adozione di obiettivi e criteri ESG.