
(AGENPARL) – Thu 24 July 2025 Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 24 luglio 2025
SE IL REATO CONNESSO DIVENTA PROCEDIBILE A QUERELA, ANCHE GLI ATTI PERSECUTORI TORNANO PROCEDIBILI A QUERELA
Con la sentenza numero 123, depositata oggi, la Corte ha ritenuto parzialmente incostituzionale una disposizione contenuta nel cosiddetto “correttivo” alla riforma Cartabia, che riguarda il regime di perseguibilità di alcuni reati, tra cui gli atti persecutori, quando siano connessi a un danneggiamento su cose esposte alla pubblica fede.
Gli atti persecutori (o “stalking”) sono normalmente procedibili a querela della persona offesa, salvo che siano connessi a un delitto procedibile d’ufficio.
Nel caso oggetto del procedimento principale, il Tribunale di Verona doveva giudicare della responsabilità penale di un imputato, accusato di avere ripetutamente minacciato e insultato la persona offesa, e assieme di averne danneggiato la macchina, rompendone i tergicristalli. La persona offesa aveva successivamente rimesso la querela presentata contro l’imputato.
I fatti, risalenti alla fine del 2022 e all’inizio del 2023, erano però procedibili d’ufficio, perché gli atti persecutori erano connessi al danneggiamento su cose esposte alla pubblica fede: reato all’epoca precedibile d’ufficio.
A seguito dell’entrata in vigore del “correttivo” alla riforma Cartabia, nella primavera del 2024, anche il danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede era divenuto procedibile a querela. Una norma di questo decreto stabiliva, però, che questo mutamento del regime di procedibilità non avesse effetto, tra l’altro, su quello degli eventuali delitti di atti persecutori connessi al danneggiamento, che restavano così procedibili d’ufficio. Conseguentemente, il giudice si trovava nell’impossibilità di prosciogliere l’imputato, nonostante l’avvenuta remissione della querela da parte della persona offesa.
La Corte ha ritenuto che questa norma deroghi al principio generale della retroattività della legge penale più favorevole, fondato sull’articolo 3 della Costituzione oltre che sul diritto internazionale dei diritti umani. Infatti, in assenza della norma, la trasformazione più favorevole del regime di perseguibilità del delitto di danneggiamento di cose esposte alla pubblica fede avrebbe automaticamente determinato anche per gli atti persecutori il ritorno al regime ordinario di procedibilità a querela.
La Corte ha quindi affermato che questa deroga non è sorretta da sufficienti ragioni giustificative, e l’ha pertanto dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si riferisce al regime di procedibilità del delitto di atti persecutori connesso al danneggiamento su cose esposte alla pubblica fede.
Roma, 24 luglio 2025