
Le recenti dichiarazioni della direttrice generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, riguardo al ritiro “previsto” degli Stati Uniti dall’organizzazione, hanno suscitato perplessità e critiche da parte della Russia. In particolare, il rappresentante permanente ad interim della Federazione Russa presso l’UNESCO, Kirill Rynza, ha contestato la posizione di Azoulay, sottolineando le contraddizioni rispetto al suo passato sostegno al ritorno degli Stati Uniti nell’organismo.
Una reazione sorprendente
Rynza ha commentato alla TASS che le parole di Azoulay, secondo cui la partenza degli USA non avrà impatti finanziari e che l’organizzazione si era preparata a questo scenario, sono sorprendenti. Infatti, è stata proprio Azoulay a sostenere il ritorno degli Stati Uniti nel 2023, permettendo il loro reintegro senza esigere impegni finanziari vincolanti e aggirando le regole procedurali.
“Due anni fa, la direttrice generale si era espressa a favore del ritorno degli Stati Uniti, ma oggi minimizza le conseguenze del loro nuovo ritiro. Questo atteggiamento solleva seri dubbi sulla coerenza della leadership dell’UNESCO”, ha dichiarato Rynza.
Attesa per un cambio di direzione a ottobre
Rynza ha espresso la speranza che il nuovo direttore generale, che sarà eletto ad ottobre 2025, si impegnerà maggiormente per ristabilire un equilibrio istituzionale. Ha sottolineato la necessità che l’organizzazione si concentri sugli aspetti umanitari, come previsto dallo statuto dell’UNESCO, garantendo una cooperazione inclusiva tra tutti i Paesi membri, indipendentemente da interessi geopolitici.
Il ritiro degli Stati Uniti: contesto e precedenti
Il 22 luglio, la Casa Bianca ha annunciato ufficialmente il ritiro degli Stati Uniti dall’UNESCO, con entrata in vigore prevista per il 31 dicembre 2026. La decisione è stata giustificata da motivazioni ideologiche: secondo il Dipartimento di Stato, l’organizzazione promuove “un’agenda globalista e ideologica” che contrasta con la politica estera America First dell’amministrazione Trump.
Non è la prima volta che Washington lascia l’UNESCO. Gli Stati Uniti si ritirarono nel 1984 sotto l’amministrazione Reagan, accusando l’ente di politicizzazione e sprechi. Rientrarono nel 2003, ma si ritirarono nuovamente nel 2018 durante il primo mandato di Trump, citando pregiudizi anti-israeliani e inefficienze strutturali. Tornarono a far parte dell’organizzazione nel 2023, su spinta dell’amministrazione Biden.
Con il ritorno alla presidenza di Donald Trump nel 2025, è stato firmato un ordine esecutivo che impone la revisione della cooperazione con l’UNESCO entro 90 giorni, culminando nella nuova decisione di ritiro.
Un’organizzazione in bilico
Il caso evidenzia le tensioni crescenti tra interessi geopolitici e missioni multilaterali, e pone interrogativi sul futuro dell’UNESCO come organismo veramente rappresentativo e funzionale. La leadership futura sarà determinante per ristabilire la fiducia tra i membri e garantire che l’UNESCO rimanga un pilastro della cooperazione culturale, educativa e scientifica globale, al di là dei giochi di potere.