
(AGENPARL) – Mon 21 July 2025 CRISI IDRICA ESTATE 2025
Colleghi Consiglieri,
intervengo oggi in quest’Aula con la
consapevolezza di dover rappresentare, non
solo un quadro sintetico, ma un’analisi
articolata, concreta e trasparente della
situazione idrica in cui versa la nostra Regione,
illustrando puntualmente le azioni avviate,
quelle in corso e quelle che dovranno essere
programmate e finanziate per consentire alla
Basilicata di superare non solo la fase
emergenziale, ma anche di dotarsi finalmente
di un sistema idrico moderno, resiliente,
efficiente.
La crisi idrica è diventata una sfida strutturale,
permanente, che richiede una strategia di
medio e lungo periodo, e la capacità di agire con
decisione nel presente.
Il 2024, ce lo dicono chiaramente gli esperti, è
stato l’anno più caldo mai registrato nella storia
del nostro Paese. Le precipitazioni sono state
drasticamente inferiori alla media e, oggi, nel
pieno dell’estate 2025, stiamo seguendo lo
stesso, preoccupante copione. In molte regioni
del Sud, Sicilia in primis, sono ancora in vigore
le turnazioni idriche. Nel Nord, pensiamo alla
pianura del Po, il cuneo salino ha già colpito
duramente le reti agricole. E il Centro-Sud, con
regioni come Basilicata, Puglia e Sicilia, si trova
da settimane in uno stato di “severità idrica
medio-alta”.
Ma non è solo la siccità a colpirci. C’è anche un
netto calo delle sorgenti, causato da una
riduzione degli accumuli nevosi e da
un’evaporazione sempre più intensa. Un mix
pericoloso, che mette a rischio la nostra
capacità di garantire un’erogazione stabile e
sicura innanzitutto dell’acqua potabile ma
anche della risorsa idrica per gli utilizzi
produttivi.
In questo contesto già critico, dobbiamo fare i
conti con una rete idrica obsoleta, con perdite
assai rilevanti come abbiamo già evidenziato
nel nostro Piano Strategico Regionale. Ed è per
questo che abbiamo assunto un impegno
preciso: investire direttamente come Regione1
nel risanamento della rete, realizzare nuove
infrastrutture di interconnessione tra gli invasi
e mettere in campo un piano organico di opere
strutturali. Di tutto questo vi darò
puntualmente conto.
Questa crisi idrica è inevitabilmente motivo di
forti preoccupazioni da parte del mondo
agricolo e produttivo, preoccupazioni che
abbiamo fatte nostre non da oggi e che stiamo
cercando di affrontare con la responsabilità di
chi sa che non ci sono soluzioni semplici, ma
che ogni soluzione possibile va ricercata, senza
perdere un solo giorno.
Affrontare seriamente il problema significa
innanzitutto riconoscerne la complessità sia in
termini di infrastrutture e reti, con le correlate
necessità manutentive, predittive e preventive
-superando la logica delle manutenzioni
straordinarie a guasto- sia in termini di tutela e
valorizzazione della risorsa idrica per i
molteplici usi cui è destinata (ad uso potabile,
le omissioni dello scorso ventennio negli interventi manutentivi sono da ascriversi
alla frammentazione delle competenze tra vari enti: EIPLI; ENTE DIGHE; AL e da
ultimo Acque del Sud.
ad uso irriguo, ad uso industriale), sia per
soddisfare esigenze mutevoli che riflettono gli
andamenti demografici e lo sviluppo dei
sistemi produttivi peraltro su
scala
interregionale e all’interno di un sistema di
regole, di accordi, di intese che risalgono a
periodi di ben altra disponibilità idrica.
Un mondo, quello della risorsa idrica, su cui
intervengono molteplici attori, plurali interessi
territoriali,
crescenti
aspirazioni
determinare la governance del sistema. In
questo contesto la Regione deve con nuova
consapevolezza,
pazienza,
costanza,
perseveranza, in un clima di dialogo e
corresponsabilità con tutti gli altri attori,
esercitare il suo ruolo, le sue prerogative, e dar
voce alle istanze e ai bisogni della popolazione
e del sistema produttivo regionale facendo la
propria parte per la modernizzazione e
l’efficientamento del sistema idrico.
Guardiamo ora alla situazione attuale, che
presenta già molteplici segnali di allarme.
Tutti gli schemi idrici gestiti da Acquedotto
Lucano si trovano oggi in uno stato di forte
allerta, che in alcuni casi potrebbe aggravarsi
nel breve termine. Vediamo nel dettaglio:
• Lo schema Basento-Camastra è al livello di
criticità 3. Pur con una maggiore
disponibilità in diga rispetto al 2024, se
consideriamo i fabbisogni attuali e
stimiamo – con la dovuta prudenza –
l’assenza di nuovi afflussi significativi in
diga nei prossimi mesi, causati da assenza
fenomeni
meteorici,
dobbiamo
considerare che le risorse oggi accumulate
potrebbero non essere sufficienti a coprire
interamente i volumi necessari.
Non solo, ma i tecnici mi segnalano che un
utilizzo eccessivo delle acque del lago
potrebbe anche portarci a saturare la capacità
operativa dell’impianto di potabilizzazione, che
a pieno regime non può trattare più di 2.500
metri cubi all’ora.
Ecco perché, pur trattandosi di uno scenario
prudenziale, la situazione attuale impone
vigilanza costante, un monitoraggio continuo
dello stato della risorsa disponibile, un uso
razionale, una gestione accorta e una piena
consapevolezza collettiva del momento che
stiamo affrontando.
A questo si aggiunge un altro dato su cui
riflettere.
Se da un lato, nel complesso, i consumi
risultano inferiori rispetto al 2024, dall’altro
abbiamo registrato un picco improvviso a
partire dalla fine di maggio. Un segnale che
potrebbe indicare comportamenti non in linea
con i principi di parsimonia e di corretto utilizzo
della risorsa. Al fine di evitare, sul versante dei
consumi l’uso distorto, improprio di acqua
potabile e contrastare gli allacci abusivi,
abbiamo già attivato, di concerto con i sindaci e
aiutati
media,
campagne
sensibilizzazione e azioni di controllo per
scoraggiare tali comportamenti.
Per l’Alta Val d’Agri, è già conclamato uno stato
criticità
potrebbe
peggiorare
ulteriormente se dovesse calare il contributo
derivante dalle sorgenti.
Sono 37.000 gli abitanti interessati, distribuiti
su 17 Comuni. Il fabbisogno è di circa 5,5 milioni
di metri cubi all’anno. Il sistema si alimenta da
sorgenti e pozzi della stessa Val d’Agri, ma
alcune di queste risorse – come la sorgente
Aggia – sono condivise con lo schema BasentoCamastra.
Il livello di criticità è già al grado 3, e ogni
ulteriore
riduzione
della
disponibilità
porterebbe a un peggioramento immediato
della situazione. È un sistema interconnesso e
vulnerabile, che oggi non garantisce margini di
sicurezza.
2. Pollino-Lagonegrese – situazione sotto
controllo, ma in calo
Nell’area del Pollino-Lagonegrese la situazione
al momento non presenta criticità immediate,
ma anche qui i segnali sono chiari: le sorgenti
stanno mostrando una riduzione progressiva
rispetto allo scorso anno.
Si tratta di 6 Comuni e di circa 40.000 abitanti
serviti, con un fabbisogno stimato in 5 milioni di
metri cubi annui. Le sorgenti sono in quota, ma
le precipitazioni si sono rivelate del tutto
insufficienti.
Acquedotto Lucano sta intervenendo con
controlli serrati sui serbatoi e sulle utenze più
idroesigenti, ma il trend resta negativo e va
tenuto sotto stretta osservazione.
3. Marmo-Platano – allerta media, rischio
crescente
Nel Marmo-Platano, il livello di allerta è medio,
ma in aumento.
Coinvolge 10 Comuni, con un totale di 24.000
abitanti e un fabbisogno di 3 milioni di metri
cubi annui.
La zona si divide in due sotto-sistemi:
• Marmo: servita dalla sorgente Laviano,
ubicata in Campania – in calo rispetto al
2024;
• Melandro:
alimentata da pozzi locali,
attualmente stabili ma a rischio se la
stagione dovesse aggravarsi.
Anche qui, l’assenza di fenomeni meteorici
rilevanti rende la situazione fragile.
4. Vulture-Melfese
dipendenza esterna
rischio
elevato,
Il Vulture-Melfese è oggi tra gli schemi più
fragili.
Serve 13 Comuni e 74.000 abitanti, per un
fabbisogno di 12 milioni di metri cubi annui.
L’86%
dell’approvvigionamento
arriva
dall’acquedotto del Sele (AQP) e solo il 14% da
risorse locali, già fortemente compromesse
dalla presenza di arsenico nelle falde.
L’invaso di Conza è in condizioni critiche, e i
prelievi potabili entrano in conflitto diretto con
quelli agricoli e industriali.
Eventuali cali sotto la soglia dei 230
litri/secondo renderebbero non sostenibile la
gestione del servizio senza turnazioni, specie
per i centri del Vulture.
5. Fascia Jonica – attenzione massima
La fascia costiera ionica è in tensione
permanente.
Serve circa 40.000 abitanti, a cui si aggiunge la
popolazione turistica stagionale. Coinvolge 8
Comuni lucani, oltre a Ginosa Marina (TA) e
frazioni calabresi. Il fabbisogno stimato è di 10
milioni di metri cubi annui.
Le fonti di approvvigionamento sono:
• il potabilizzatore di Montalbano Ionico,
alimentato dall’invaso di Monte Cotugno;
• e il potabilizzatore di Missanello, che tratta
le acque del Pertusillo.
Oggi le risorse di Monte Cotugno sono
insufficienti a soddisfare tutte le richieste: AQP,
Acquedotto Lucano, il Consorzio di bonifica,
ILVA e l’area nord della Calabria si contendono
la stessa risorsa.
Le decisioni che verranno prese a livello
interregionale
dovranno
sempre
considerare queste esigenze.
6. Collina Materana – potenziale crisi in arrivo
Anche la Collina Materana è in situazione
critica potenziale.
Parliamo di 33 Comuni e ben 130.000 abitanti,
con un fabbisogno di 21,5 milioni di metri cubi
all’anno.
Lo schema è alimentato per il 73% dalla
sorgente Frida e per il restante 27% da sorgenti
basse. Il problema è che la Frida è in netto calo,
e le sorgenti basse hanno capacità limitate
(massimo 225 l/s).
A giugno non si sono registrati miglioramenti, e
se la tendenza negativa continuerà, dovremo
valutare interruzioni dell’erogazione nei
Comuni serviti.
7. Matera – città simbolo, sistema fragile
Infine Matera e Montescaglioso, con 69.000
abitanti e un fabbisogno di 10 milioni di m³
annui, dipendono interamente da forniture
esterne:
• dall’invaso di Monte Cotugno (potabilizzato
a Parco del Marchese),
• dal Pertusillo (potabilizzato a Missanello),
• e dall’acquedotto del Sele via Altamura.
Le dotazioni attuali sono:
• 300 l/s dal sistema Sinni/Pertusillo;
• 50 l/s dalla Murgia.
Oggi la fornitura è stabile, ma sottoposta a
rischio costante, perché ogni contrazione nella
rete AQP ricade direttamente su Matera.
Anche per la città dei Sassi vale quanto detto
per la fascia ionica: serve chiarezza, serve
certezza, serve un accordo interregionale che
metta in sicurezza i fabbisogni potabili.
È vero che in alcune aree ci sono stati recenti
fenomeni piovosi. Ma questi eventi, pur avendo
favorito alcune zone rurali, non hanno avuto un
impatto significativo sugli invasi né sulle
sorgenti, come confermano i dati di Acquedotto
Lucano.
Questo scenario è costantemente monitorato e
si avvale anche dei dati forniti regolarmente da
Acquedotto Pugliese, aggiornati con cadenza
mensile.
Proseguendo
nostro
impegno
trasparenza e condivisione, voglio soffermarmi
su un tema che ha grande rilevanza strategica
per la Basilicata e che merita di essere ben
compreso da tutti: la gestione condivisa delle
risorse idriche tra la nostra regione e le aree
limitrofe, in particolare con la Campania e la
Puglia.
Alcuni dei nostri principali schemi idrici, infatti,
utilizzano risorse comuni con Acquedotto
Pugliese. Mi riferisco, ad esempio, alle sorgenti
del Sele e all’invaso di Conza, che alimentano
lo schema del Vulture-Melfese, così come agli
invasi di Monte Cotugno e del Pertusillo, su cui
si fondano gli schemi della Fascia Jonica e della
città di Matera.
I dati aggiornati sui volumi idrici degli invasi a
uso potabile parlano chiaro:
• Monte Cotugno ha perso circa 40 milioni di
metri cubi, registrando un calo del 17%;
• Pertusillo mostra una riduzione ancora più
marcata: 26 milioni di metri cubi in meno,
pari al 27%;
• Conza segna un -4%, con 3,7 milioni di metri
cubi in meno;
• Solo Camastra rappresenta un’eccezione
positiva, con un incremento del 36%
rispetto
all’anno
scorso,
grazie
all’autorizzazione all’invaso di 3 milioni di
metri cubi aggiuntivi.
Ma non dobbiamo farci illusioni: la tendenza
generale resta negativa. Anche laddove si è
avuto un recupero parziale, come a Monte
Cotugno, lo stato della risorsa continua a
essere critico. La situazione del Camastra è
migliorata solo grazie alla diminuzione dei
consumi e alla conseguente riduzione dei
sollevamenti.
In questo quadro, pesano le concause
strutturali:
• La
diga del Camastra non è ancora
pienamente funzionale;
• Altri invasi lucani, come quelli di Monte
Cotugno, Rendina, Acerenza e Genzano,
sono soggetti a limiti di accumulo, con
ricadute su tutti gli usi – potabili, irrigui e
industriali – che si influenzano a vicenda.
Nonostante
queste
difficoltà,
stiamo
intervenendo con determinazione:
• Abbiamo
completato interventi chiave
sulla diga del Camastra, aumentando la
capacità di accumulo di 2 milioni di metri
cubi: un risultato fondamentale, viste le
persistenti carenze sorgentizie.
• È in corso il ripristino della diga di Monte
Cotugno.
• È stato avviato l’invaso sperimentale sulla
diga di Acerenza, per cui abbiamo
trasmesso al MIT la proposta progettuale
per l’utilizzo potabile, come alternativa
parziale al Camastra.
• Sono in fase avanzata gli interventi su
gruppi pompa e quadristica nei principali
impianti di sollevamento, con l’obiettivo di
migliorare la continuità del servizio e
aumentare la flessibilità operativa.
Sul fronte della lotta alle perdite, siamo
operativi con una doppia azione:
1. Ricerca attiva delle perdite negli schemi più
critici e interventi mirati sulle segnalazioni
provenienti dal territorio;
2. Esecuzione
degli
interventi
programmati nel quadro dei progetti PNRR
e REACT-EU, che stanno proseguendo
secondo cronoprogramma, e saranno
completati non appena riallocate le somme
residue.
I nuovi sistemi di misura nei serbatoi sono già
stati installati in alcuni comuni come Potenza e
Pignola. Al completamento del sistema di
telecontrollo, potremo gestire gli schemi
cittadini in modo molto più efficiente, con un
impatto diretto su contenimento delle perdite e
qualità del servizio.
Inoltre, nel mentre si è impegnati sul fronte
finanziario per rendere disponibili ulteriori
risorse economiche, Acquedotto Lucano ha
avviato autonomamente l’installazione di nuovi
strumenti di misura e controllo, con misuratori
di portata e livello che permettono il
monitoraggio da remoto. Questa innovazione,
che sembra tecnica, è in realtà una svolta
gestionale, perché ci consente di intervenire
prima, meglio e con minori sprechi.
È già stata trasmessa alla Protezione Civile
Nazionale la proposta per l’automatizzazione
delle aperture e chiusure di alcuni serbatoi, per
ridurre il margine d’errore umano e prevenire
perdite accidentali.
Inoltre, stiamo studiando nuove fonti di
approvvigionamento, potenzialmente decisive
nel medio periodo:
• Nell’area a monte del lago del Pantano,
sono concluse le indagini geologiche e nel
mese di agosto si prevede l’avvio della
trivellazione del pozzo di prova.
Nell’Alta Val d’Agri, proseguono da mesi le
analisi chimiche per certificare la
potabilità dell’acqua. Anche qui, la
documentazione è stata trasmessa agli
uffici regionali per le valutazioni di merito.
• È stato inoltre presentato da AQL un nuovo
schema
finanziamento
trasferimento delle acque dell’invaso di
Acerenza verso il potabilizzatore di
Masseria Romaniello, così da incrementare
la disponibilità di acqua potabile.
Non da ultimo, ricordo che grazie al progetto
REACT-EU, si stanno realizzando due nuovi
pozzi nell’area del Marmo Melandro, che
saranno messi a servizio di quella zona,
migliorandone la sicurezza idrica.
Se vogliamo davvero affrontare la crisi idrica in
modo strutturale, dobbiamo avere il coraggio di
guardare anche alle criticità organizzative, a
quelle fragilità interne che, se non sanate per
tempo, rischiano di compromettere gli sforzi
fatti su infrastrutture, investimenti e
innovazione. L’Acquedotto Lucano ha dovuto
infatti operare, negli ultimi anni, in condizioni di
sottodimensionamento del personale, in
particolare per quanto riguarda gli addetti alla
fontaneria e i tecnici specializzati. Una
situazione che incide sulla gestione ordinaria,
ma che diventa ancora più grave quando si
verifica una criticità o un’emergenza. Si è
intervenuti e sono già 26 gli operatori assunti
per rafforzare il presidio sul territorio.
Il laboratorio aziendale di AQL è stato
potenziato,
anche
tecnici
temporaneamente assunti a contratto. E sono
in previsione ulteriori assunzioni, con
l’obiettivo di garantire una presenza capillare e
costante nei punti più delicati della rete.
Ma non ci si è fermati a questo. Sono stati
identificati e messo in campo da AQL una serie
di interventi da completare entro il 2025,
pensati per ridurre il rischio di interruzioni
improvvise del servizio idropotabile. Le azioni
previste rispondono a una logica chiara, basata
su un’analisi di rischio strutturata e
scientificamente validata:
1. Rendere efficienti i sistemi di ridondanza
degli impianti di sollevamento principali
più vetusti, così da garantire continuità in
caso di guasti;
2. Presidiare con personale qualificato i punti
nevralgici del sistema, a tutela della
stabilità operativa;
3. Installare sonde di controllo della torbidità,
in particolare sul Basento, qualora se ne
rendesse necessario il riutilizzo;
4. Limitare il rischio di blackout o
malfunzionamenti elettrici, investendo
nella sicurezza degli impianti;
5. Istituire un sistema di allerta per il
monitoraggio di eventuali contaminazioni
sul fiume Basento;
6. Adeguare la protezione catodica della
condotta DN 850, cruciale per il trasporto
dell’acqua dal Camastra e dal Basento;
7. Analizzare le acque sotterranee a monte
del Lago del Pantano, per valutarne un
possibile uso potabile;
8. Studiare le risorse idriche dell’Alta Val
d’Agri, attualmente in capo al Consorzio di
Bonifica, per una possibile integrazione
nello schema Agri–Basento–Camastra.
Molti di questi interventi sono già in corso o
completati.
Nel periodo gennaio–luglio, si è lavorato su
diverse stazioni di sollevamento, tra cui quelle
di Camastra, Aggia, Ginestrole, Castelluccio
Inferiore, e sulla rete elettrica del pozzo
Colombaia.
Grazie all’ampliamento del personale, si è in
grado di garantire un controllo del territorio,
specialmente nei nodi idraulici più critici.
La Regione Basilicata ha affidato ad ARPAB il
compito di procedere con campionamenti e
analisi sull’acqua del Basento, propedeutici
alla valutazione della sua potabilità.
Nel frattempo, Acquedotto Lucano sta
sviluppando un sistema di controllo dei
consumi elettrici, aggiornato ogni 15 minuti su
tutti i POD aziendali. Questo permetterà di
individuare
immediatamente
eventuali
anomalie nei sollevamenti, migliorando tempi
di intervento e affidabilità del servizio.
E’ stato inoltre istituito un coordinamento
permanente tra enti presso il Dipartimento
Infrastrutture, con l’obiettivo di condividere in
tempo reale i dati idrici e predisporre strategie
comuni di risposta agli imprevisti. Acquedotto
Lucano, inoltre, trasmette aggiornamenti
mensili sulle disponibilità idriche e mantiene
un presidio costante sullo stato delle risorse.
Sulla condotta in acciaio DN 850, che collega
Camastra e Basento, sono state completate le
prove tecniche per verificarne la tenuta. È in
fase di selezione l’operatore economico che
curerà l’adeguamento della protezione
catodica.
Stiamo anche lavorando per aumentare il
numero e la qualità delle fonti disponibili,
sfruttando al meglio pozzi e sorgenti:
• È stato effettuato un lavoro preliminare di
mappatura e studio delle falde più
favorevoli,
tenendo
conto
della
dislocazione delle reti esistenti.
• ARPAB è impegnata, su richiesta regionale,
nello studio di corpi idrici superficiali e
sotterranei da integrare nel futuro Piano di
Tutela delle Acque.
• È in fase di riattivazione il pozzo Colombaia,
con riallaccio all’ENEL, dopo l’uso
provvisorio con gruppo elettrogeno.
Sono in installazione torbidimetri e sistemi
automatizzati di controllo sulla qualità
delle nuove fonti.
• Si sta elaborando un piano organico di
perforazione di nuovi pozzi, sulla base delle
analisi idrogeologiche già completate.
In particolare, sono stati identificati:
• un acquifero presso il Lago del Pantano, nel
comune di Pignola;
• pozzi da riattivare e riprofilare nell’Alta Val
d’Agri;
• sorgenti già catalogate in un database
interno, alcune delle quali risultano pronte
al riutilizzo a breve termine, previa verifica
della qualità.
Le attività di pulizia e riqualificazione delle
sorgenti sono già iniziate. Un esempio è la
sorgente “La Francesca”, inserita nello schema
Vulture–Melfese, così come le sorgenti di
Pignola, che riforniscono l’abitato.
Tutti questi interventi – dalla pulizia alla
riattivazione, fino alla certificazione delle
acque – sono parte di un piano strutturato e
condiviso tra Regione, AQL, ARPAB e ASP, nel
rispetto della normativa vigente.
La documentazione tecnica è già in possesso
degli enti competenti per avviare le istruttorie.
Tutto ciò che vi ho illustrato è la prova che non
siamo inerti di fronte alle difficoltà, né ci
limitiamo a gestire l’ordinario. Siamo
impegnati, giorno dopo giorno, in un lavoro
continuo, silenzioso ma strategico, per
ricostruire dalle fondamenta un sistema idrico
più robusto, più intelligente, più equo.
Non è solo una questione tecnica, è una
questione sociale, è una questione di giustizia e
di diritti: il diritto all’acqua, il diritto alla
sicurezza, il diritto a un’infrastruttura moderna
e capace di affrontare il futuro.
Ecco perché continueremo a investire, a
pianificare, a vigilare. Con responsabilità, con
serietà e, soprattutto, con trasparenza.
Abbiamo detto più volte che la crisi idrica che ci
ha colpito negli ultimi anni richiede risposte
strutturali. E tra queste la stabilizzazione della
presa dal fiume Basento.
L’esperienza vissuta nel 2024 ce lo ha insegnato
chiaramente: disporre del Basento come fonte
integrativa è stata una scelta determinante, che
permesso
superare
momenti
estremamente critici. Oggi dobbiamo passare
da una soluzione provvisoria a un’infrastruttura
definitiva, solida, efficiente.
Per questo, la Regione Basilicata individua
come prioritaria la realizzazione di una nuova
opera di presa stabile sul Basento, nel
medesimo punto dove è stata collocata la
struttura temporanea già attivata.
L’intervento ha un costo stimato di circa 4
milioni di euro e si fonda su un impianto
progettuale che prevede:
1. La costruzione di una traversa in
calcestruzzo che funzioni come punto di
derivazione della risorsa idrica;
2. L’installazione
elettropompe
sommergibili, alloggiate in una vasca
accessoriata con sghiaiatori e dispositivi
idraulici. Queste pompe, alimentate da rete
elettrica, garantiranno una maggiore
potenza di sollevamento e permetteranno
di superare l’attuale soglia di 400 litri al
secondo. La vasca sarà posizionata in
un’area sicura, al riparo dal rischio di
allagamenti in caso di piena;
3. Un canale di derivazione che recapiti
l’acqua in una vasca di carico vicina alla
stazione di sollevamento della Camastra.
Questa soluzione consentirebbe anche di
abbandonare l’uso del “Camastrino”, che
oggi interferisce con le manovre di
svuotamento della diga.
È in corso la valutazione di una seconda
opzione alternativa, che prevedrebbe un
diverso punto di presa e un nuovo tracciato per
le condotte. Ma il progetto definitivo potrà
essere sviluppato a valle dello studio idrologico
avviato da ARPAB su richiesta della Direzione
Ambiente.
Naturalmente, ogni intervento sarà subordinato
all’autorizzazione all’uso potabile delle acque.
Ma intanto, a tutela dell’emergenza, le strutture
realizzate nel 2024 sono ancora pronte e
disponibili per essere riattivate, qualora fosse
necessario.
Ma non basta garantire nuove fonti. Serve
anche ridurre le perdite.
La seconda grande azione che abbiamo avviato,
infatti, riguarda l’attivazione di un piano
straordinario per il contenimento delle
dispersioni idriche, uno dei problemi cronici
della nostra rete.