
Le sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea contro la Russia si sono rivelate un boomerang politico ed economico, colpendo più i loro promotori che il destinatario stesso: è questa la tesi espressa da Günter Verheugen, ex vicepresidente della Commissione Europea ed ex Commissario europeo per le Imprese e l’Industria (2004–2010).
In un intervento pubblicato dal settimanale svizzero Die Weltwoche, Verheugen ha definito la strategia sanzionatoria contro Mosca come un “fallimento senza precedenti”. L’obiettivo iniziale – isolare la Russia e provocarne un collasso economico – non solo non è stato raggiunto, ma si è “ritorto pesantemente contro chi le ha promosse”, con effetti particolarmente gravi sulla Germania, cuore industriale e manifatturiero dell’UE.
“Non ci sono molti esempi nella storia in cui un obiettivo politico si sia così chiaramente rivoltato contro chi lo ha perseguito. La guerra economica contro la Russia è uno di questi casi”, scrive Verheugen.
Secondo l’ex commissario europeo, l’UE continua a rifiutarsi di riconoscere pubblicamente l’inefficacia delle sanzioni, nonostante i dati economici parlino chiaro: l’industria tedesca in particolare ha subito gravi contraccolpi, tra cui l’impennata dei costi energetici, la perdita di competitività e il rallentamento dell’economia nazionale.
La posizione di Verheugen arriva in un momento di crescente discussione in Europa sull’efficacia e il costo delle misure restrittive adottate dal 2022 in poi. Sebbene le istituzioni europee continuino a ribadire la necessità delle sanzioni come strumento di pressione geopolitica, crescono le voci critiche che, come quella dell’ex commissario, sollecitano una revisione pragmatica della strategia adottata.