
(AGENPARL) – Fri 18 July 2025 *COMUNICATO STAMPA*
*FOSSILE DI RINOCERONTE RISALENTE A OLTRE 21 MILIONI DI ANNI RISCRIVE LA
STORIA EVOLUTIVA*
*Una ricerca internazionale pubblicata su Nature che porta la firma di due
ricercatrici dell’Università di Torino ha recuperato sequenze proteiche da
un fossile di rinoceronte segnando una svolta nella ricostruzione
dell’evoluzione delle specie estinte*
Un importante studio internazionale appena pubblicato sulla prestigiosa
rivista *Nature* ha recuperato sequenze proteiche da un *fossile di
rinoceronte* risalente a *oltre 21 milioni di anni*, spostando indietro nel
tempo i limiti della paleoproteomica di ben dieci volte rispetto a quelli
del DNA antico.
La ricerca, che segna una svolta nella ricostruzione dell’evoluzione delle
specie estinte, vede coinvolte due ricercatrici dell’Università di
Torino: *Meaghan
Mackie*, dottoranda del *Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei
Sistemi* di UniTo e dell’*University College Dublin*, e la sua supervisor,
la Prof.ssa *Beatrice Demarchi*, docente ordinaria presso l’Ateneo torinese
ed esperta di biomolecole antiche.
Lo studio, coordinato dal *Globe Institute* *dell’Università di Copenaghen*,
ha ricostruito sequenze proteiche dallo smalto dentale di un rinoceronte
vissuto nell’attuale Artico canadese durante il Miocene inferiore. Grazie
alla stabilità dello smalto e alle condizioni ambientali estreme del
cratere di Haughton — freddo costante e permafrost — le proteine sono
risultate sorprendentemente ben conservate. Queste sequenze proteiche
antiche hanno permesso di collocare con precisione evolutiva il rinoceronte
all’interno del suo albero genealogico, e suggeriscono che la divergenza
tra le sottofamiglie Elasmotheriinae e Rhinocerotinae sia avvenuta durante
l’Oligocene (34–22 milioni di anni fa), più recentemente di quanto
ipotizzato in precedenza.
Il contributo del team dell’Università di Torino è stato cruciale per la
validazione dei dati e l’interpretazione dei processi di diagenesi
proteica. *“Abbiamo calcolato* – spiega la Prof.ssa *Beatrice Demarchi* – *che
la bassa temperatura ha reso l’età termica del campione equivalente a
quella di un reperto dieci volte più giovane in un luogo con temperatura
media di 10°C, il che significa che le proteine erano significativamente
meno danneggiate rispetto a quelle che si trovano in luoghi della stessa
età geologica ma con clima più caldo”*.
*“È stato sorprendente* – commenta *Meaghan Mackie *-. *Il primo campione
che ho analizzato pensavo non contenesse nulla, perché troppo antico! Sono
rimasta a fissare lo schermo del computer per un minuto”*. Questo risultato
apre nuove prospettive per la ricerca evolutiva e la paleoproteomica perché
permette di ricostruire la storia evolutiva di specie estinte da milioni di
anni, ben oltre i limiti del DNA e, in prospettiva, potrebbe riaccendere le
speranze per lo studio della biologia di specie dell’era Mesozoica.
Indagini future su fossili della Formazione di Haughton e di altri contesti
simili potrebbero far emergere ulteriori tracce di questa straordinaria
conservazione biomolecolare.
*“Si profila una nuova fase per la biologia evolutiva* – aggiunge la
Prof.ssa *Demarchi* – *in cui le proteine antiche diventano preziosi
testimoni della storia più remota della vita sulla Terra. Per l’Università
di Torino, questo risultato conferma il ruolo di primo piano nell’ambito
della paleobiologia molecolare internazionale”.*
Link all’articolo https://www.nature.com/articles/s41586-025-09231-4
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