
(AGENPARL) – Tue 15 July 2025 [image: image.png]
*Confimi Alimentare: non solo dazi, l’agroalimentare ogni anno perde negli
USA oltre 2 miliardi di euro*
*Con le nuove tariffe doganali si amplifica anche fenomeno dell’italian
sounding già pari a 70 mld*
Roma, 15 luglio 2025 – Ogni bottiglia non spedita, ogni etichetta non
tradotta, ogni dazio non negoziato costa all’Italia non solo milioni di
euro in mancato export, ma anche quote invisibili di reputazione
internazionale.
È quanto emerge da una nuova analisi delle dinamiche di accesso al mercato
statunitense da parte delle PMI agroalimentari di *Confimi Industria*, che
evidenzia *perdite stimate in oltre 2,1 miliardi di euro annui*: non solo
per prodotti non venduti, ma per valore aggiunto che si sposta altrove —
verso sostituti locali, produzioni italo-americane e perfino contraffazioni
legalizzate.
“Non stiamo solo perdendo terreno commerciale, ma anche narrativo,”
spiega *Alessandro
Tatone*, presidente di *Confimi Alimentare*. “Le PMI italiane non riescono
a presidiare il racconto del Made in Italy negli Stati Uniti, lasciando
spazio a versioni distorte o appiattite della nostra eccellenza.”
L’indagine sottolinea un aspetto spesso trascurato: *il 68% delle PMI
italiane del settore alimentare non ha mai avuto un distributore stabile
negli USA*, e oltre la metà non è in grado di affrontare le barriere
doganali e regolamentari da sola. Questo genera una *“perdita occulta”
stimata in 700 milioni di euro l’anno*, legata alla mancata valorizzazione
del prodotto italiano rispetto ai concorrenti esteri.
A preoccupare ora è anche *l’effetto moltiplicatore dei dazi annunciati*:
un aggravio che rischia di *amplificare il fenomeno dell’Italian Sounding*,
già oggi stimato in *oltre 70 miliardi di euro solo nel mercato
statunitense*. “Con l’aumento dei costi di accesso, intere fasce di micro e
piccole imprese rischiano l’esclusione dal mercato americano,” aggiunge
Tatone, “e questo spalancherebbe le porte a imitazioni che, pur legali,
svuotano di significato il valore del vero agroalimentare italiano.”
Ma non è solo una questione economica: si tratta anche di *posizionamento
strategico*. Il Made in Italy rischia di diventare *un’etichetta nostalgica*,
invece di un marchio competitivo.
“Oggi l’emergenza è legata ai dazi, un danno ulteriore e incalcolabile. È
tempo di trattare il cibo come un asset geopolitico, non solo commerciale,”
conclude Tatone.
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Eleonora Niro
Ufficio stampa – Relazioni Esterne
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