
(AGENPARL) – Tue 01 July 2025 Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui
Comunicato Stampa
1 luglio 2025
Gaza: le persone costrette a scegliere trafame o spari, questa non è una risposta umanitaria. In meno di quattro settimane, più di 500 palestinesi sono stati uccisi e quasi 4.000 feriti solo nel tentativo di accedere al cibo o distribuirlo.
Oltre 130 organizzazioni non governative chiedono un’azione immediata per porre fine al mortale programma israeliano di distribuzione degli aiuti nella Striscia, ripristinare i meccanismi di coordinamento guidati dalle Nazioni Unite e revocare il blocco imposto dal governo israeliano. I 400 punti di distribuzione di aiuti operativi durante il cessate il fuoco temporaneo sono stati ora sostituiti da soli quattro siti controllati dai militari.
Oltre 130 ONG – tra cui Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – chiedono un’azione immediata per porre fine al mortale programma israeliano di distribuzione degli aiuti a Gaza (inclusa la cosiddetta Gaza Humanitarian Fondation), ripristinare i meccanismi di coordinamento guidati dalle Nazioni Unite e revocare il blocco imposto dal governo israeliano su aiuti e forniture commerciali. I 400 punti di distribuzione di aiuti operativi durante il cessate il fuoco temporaneo a Gaza sono stati ora sostituiti da soli quattro siti di distribuzione controllati dai militari, che costringono due milioni di persone a stare in zone sovraffollate e militarizzate, esposte quotidianamente al rischio di spari e a quello di divenire vittime mentre cercano di accedere al cibo e vengono negati altri rifornimenti salvavita.
Oggi i palestinesi di Gaza si trovano di fronte a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di essere colpiti mentre cercano disperatamente di procurarsi cibo per sfamare le proprie famiglie. Le settimane successive al lancio del programma di distribuzione israeliano sono state tra le più letali e violente dall’ottobre 2023[1].
In meno di quattro settimane, più di 500 palestinesi sono stati uccisi e quasi 4.000 feriti solo nel tentativo di accedere al cibo o distribuirlo[2]. Le forze armate e i gruppi armati israeliani, alcuni dei quali operano presumibilmente con il sostegno delle autorità israeliane, aprono ormai sistematicamente il fuoco su civili disperati che rischiano tutto pur di sopravvivere.
Il sistema umanitario viene deliberatamente e sistematicamente smantellato dal blocco e dalle restrizioni del governo israeliano, un blocco ora utilizzato per giustificare la chiusura di quasi tutte le altre operazioni di aiuto a favore di un’alternativa mortale, controllata militarmente, che non protegge i civili né soddisfa i bisogni primari. Queste misure sono progettate per alimentare un ciclo di disperazione, pericolo e morte. Gli operatori umanitari esperti rimangono pronti a fornire assistenza salvavita su larga scala. Eppure, a più di 100 giorni da quando le autorità israeliane hanno reintrodotto un blocco quasi totale su aiuti e beni commerciali, le condizioni umanitarie di Gaza stanno crollando a un ritmo più rapido che in qualsiasi altro momento degli ultimi 20 mesi. Con il nuovo piano del governo israeliano, civili affamati e indeboliti sono costretti a camminare per ore attraverso terreni pericolosi e zone di conflitto attivo, per poi affrontare una corsa violenta e caotica per raggiungere siti di distribuzione recintati e militarizzati con un unico punto di accesso. Lì, migliaia di persone vengono rilasciate in recinti caotici per lottare per le limitate scorte di cibo. Queste aree sono diventate teatro di ripetuti massacri, in palese disprezzo del diritto internazionale umanitario. Tra le vittime ci sono bambini orfani e coloro che se ne prendono cura, e i bambini sono rimasti feriti in oltre la metà degli attacchi contro i civili in questi luoghi. Con il sistema sanitario di Gaza in rovina, molti di coloro che vengono colpiti vengono lasciati morire dissanguati, fuori dalla portata delle ambulanze e privati di cure mediche salvavita.
In mezzo alla fame estrema e a condizioni simili alla carestia, molte famiglie ci raccontano di essere ormai troppo deboli per competere per le razioni alimentari. Chi riesce a procurarsi del cibo spesso torna con solo pochi beni di prima necessità, quasi impossibili da preparare senza acqua pulita o combustibile per cucinare, quasi esaurito, con conseguente blocco di servizi essenziali salvavita, tra cui panifici, reti idriche, ambulanze e ospedali. Le famiglie si rifugiano sotto teli di plastica, gestendo cucine improvvisate tra le macerie, senza combustibile, acqua pulita, servizi igienici o elettricità.
Questa non è una risposta umanitaria.
Concentrare oltre due milioni di persone in aree ulteriormente ristrette per avere la possibilità di sfamare le proprie famiglie non è un piano per salvare vite umane. Per 20 mesi, oltre due milioni di persone sono state sottoposte a bombardamenti incessanti, alla militarizzazione di cibo, acqua e altri aiuti, a ripetuti sfollamenti forzati e a una sistematica disumanizzazione, il tutto sotto l’occhio vigile della comunità internazionale. La Sphere Association, che stabilisce gli standard minimi per gli aiuti umanitari di qualità, ha avvertito che l’approccio della Gaza Humanitarian Foundation non rispetta gli standard e i principi umanitari fondamentali.
Questa normalizzazione della sofferenza non deve essere tollerata. Gli Stati devono rifiutare la falsa scelta tra distribuzioni letali di cibo e controllate dai militari e la totale negazione degli aiuti. Gli Stati devono rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, compresi i divieti di sfollamento forzato, attacchi indiscriminati e ostruzione degli aiuti umanitari. Gli Stati devono garantire l’assunzione di responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale.
Noi, le organizzazioni firmatarie, invitiamo ancora una volta tutti gli Stati terzi a: adottare misure concrete per porre fine al soffocante assedio e difendere il diritto dei civili di Gaza ad accedere in sicurezza agli aiuti e a ricevere protezione; esortare i donatori a non finanziare programmi di aiuti militarizzati che violano il diritto internazionale, non aderiscono ai principi umanitari, aggravano i danni e rischiano di essere complici di atrocità; sostenere il ripristino di un meccanismo di coordinamento unificato, guidato dalle Nazioni Unite, fondato sul diritto internazionale umanitario e inclusivo dell’UNRWA, della società civile palestinese e della più ampia comunità umanitaria, per soddisfare i bisogni delle persone. Ribadiamo i nostri urgenti appelli per un cessate il fuoco immediato e duraturo, per il rilascio di tutti gli ostaggi e dei prigionieri detenuti arbitrariamente, per il pieno accesso umanitario su vasta scala e per la fine della pervasiva impunità che consente queste atrocità e nega ai palestinesi la loro dignità fondamentale.
[1]Il 15 giugno, l’ospedale da campo della Croce Rossa ad Al Mawasi ha ricevuto almeno 170 pazienti feriti mentre cercavano di raggiungere un sito di distribuzione di cibo. Il giorno successivo, il 16 giugno, più di 200 pazienti sono arrivati nella stessa struttura: il numero più alto mai registrato in un singolo incidente con vittime di massa a Gaza. Di questi, 28 palestinesi sono stati dichiarati morti. Un funzionario dell’OMS ha sottolineato il modello di mortalità: “Le recenti iniziative di distribuzione di cibo da parte di attori non ONU si traducono ogni volta in incidenti con vittime di massa”.
[2]Queste morti si aggiungono al bilancio più ampio: dall’ottobre 2023, oltre 56.000 palestinesi sono stati uccisi a Gaza, tra cui almeno 17.000 minori.
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