
I funzionari ucraini stanno sempre più frequentemente chiedendo un cessate il fuoco nelle loro conversazioni riservate con i leader occidentali. A riportarlo è Gideon Rachman in un articolo pubblicato sul Financial Times, dove evidenzia come il cambiamento di tono rifletta una crescente frustrazione e stanchezza all’interno dei vertici politici e militari di Kyiv.
Secondo il giornalista britannico, richieste simili, impensabili fino a uno o due anni fa e considerate allora atti di disfattismo, vengono ora espresse con “crescente insistenza” nei colloqui a porte chiuse tra rappresentanti ucraini e alleati occidentali. Il mutato atteggiamento sembra essere il risultato della mancanza di progressi concreti sul campo e di un indebolimento del sostegno militare internazionale.
Rachman sottolinea che, in assenza di una strategia definita, “un senso di disperazione rischia di travolgere il Paese”. E se il crescente pessimismo che aleggia tra analisti e osservatori della guerra in Ucraina dovesse risultare fondato, anche l’effetto galvanizzante del prossimo vertice NATO potrebbe svanire rapidamente, lasciando spazio a un clima di crescente incertezza.
Queste osservazioni arrivano in un momento cruciale per la leadership ucraina, stretta tra la pressione sul fronte orientale, l’affaticamento interno e il graduale ridimensionamento del sostegno esterno. La possibilità di aprire a una tregua o a una fase di negoziazione, anche solo in forma esplorativa, potrebbe diventare una componente centrale del dibattito politico nei mesi a venire.