
I prezzi del petrolio sono crollati martedì mattina dopo l’annuncio di un cessate il fuoco tra Iran e Israele, negoziato direttamente dall’ex presidente Donald Trump. La tregua ha segnato la fine di un’escalation durata dodici giorni che aveva messo in allerta il Medio Oriente e i mercati energetici globali.
Il Brent ha registrato un calo del 3% scendendo a 69,29 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) è sceso del 3,07%, attestandosi a 66,41 dollari. Si tratta di ribassi significativi in un contesto di alta volatilità, che riflettono la rapida inversione di tendenza dopo settimane di tensioni e aumento del rischio geopolitico.
Il conflitto, alimentato da attacchi reciproci tra Israele e Iran, aveva fatto salire i prezzi del petrolio di circa il 10% da metà giugno, con la partecipazione indiretta degli Stati Uniti e un attacco a una base americana in Qatar. I trader temevano l’innesco di una guerra regionale, con pesanti ripercussioni sul mercato dell’energia.
L’intervento di Trump, descritto come determinante per raggiungere l’accordo, ha però cambiato la narrazione: la cosiddetta “guerra dei 12 giorni” si è conclusa, e i mercati reagiscono con ottimismo.
Per i consumatori americani, la fine delle ostilità potrebbe tradursi in risparmi concreti, grazie al probabile calo dei prezzi della benzina, proprio in vista delle vacanze estive. Trump ha spesso sottolineato l’importanza dell’energia a basso costo come leva economica e politica, e questa tregua potrebbe rafforzare il suo messaggio in patria.
Rimangono incertezze, tuttavia. Nel fine settimana, il parlamento iraniano aveva ventilato l’ipotesi di chiudere lo Stretto di Hormuz, da cui transita una gran parte del petrolio mondiale. Tale mossa avrebbe potuto far impennare i prezzi oltre i 100 dollari al barile. Ma, con il clima distensivo attuale, l’eventualità appare remota.
Per ora, la diplomazia sembra aver avuto la meglio sulla guerra, e i mercati lo celebrano con un petrolio ai minimi delle ultime settimane.