
Lamezia Terme non è e non sarà mai la terra di mafia che alcuni vogliono raccontare per convenienza ideologica e visibilità personale. È una città che ha saputo rialzarsi con la forza dello Stato e con la dignità della sua gente. Una città fatta di imprenditori onesti, lavoratori instancabili, famiglie che educano i figli al rispetto e alla legalità. È questa la verità che dovrebbe essere raccontata.
E invece, ancora una volta, il festival Trame – ormai sempre più laboratorio della politica dell’antimafia militante – si conferma palcoscenico per personaggi che vengono a pontificare senza conoscere davvero il territorio. Quest’anno è toccato a Roberto Saviano, che ha pensato bene di utilizzare il palco per lanciare accuse gravi e generiche, in risposta a una mia legittima riflessione espressa pubblicamente durante la campagna elettorale: Lamezia non ha bisogno di un festival sulle mafie, ma di un festival dei libri. Un evento che porti cultura, normalità e valorizzazione, non retorica e divisione.
Saviano afferma che il silenzio sulla mafia è complicità. Io affermo con altrettanta forza che l’utilizzo strumentale del tema mafia per screditare un territorio è irresponsabilità. A Lamezia il silenzio non esiste: qui parlano i fatti, parlano gli arresti, parlano le indagini, parla la magistratura, parlano le forze dell’ordine. Ed è proprio grazie a loro che oggi possiamo dire con orgoglio che questa città ha riconquistato la sua normalità.
Saviano ha offeso oltre 3.000 cittadini lametini che hanno scelto la Lega e che credono in una politica fatta di concretezza, lavoro, militanza quotidiana. Io non viaggio con la scorta. Io vivo ogni giorno tra la mia gente. E la mia gente non ha bisogno di essere etichettata, né di essere raccontata da chi viene qui solo per lanciare slogan e fuggire.
Non è la prima volta che questo festival ospita chi cerca solo visibilità: l’anno scorso fu Diego Bianchi, alias Zoro, a chiamarmi in causa senza alcun confronto.
Anche lui è tornato quest’anno a ridosso della campagna elettorale, per sostenere il centrosinistra. Risultato? La loro sconfitta. Come se Trame fosse ormai una tappa obbligata per chi vuole strizzare l’occhio a una certa sinistra, raccontando Lamezia come una città da redimere, invece che da rispettare.
Io ribadisco con forza: Lamezia è molto di più di una narrazione caricaturale sulla mafia. È storia, natura, cultura, impresa sana. È una città dove operano anche multinazionali che continuano a investire, a dimostrazione che il sistema produttivo locale funziona e merita fiducia.
Il vero pericolo non è chi – come me – chiede di smettere di usare la mafia come lente unica per leggere un territorio. Il pericolo è chi ne fa una carriera, chi costruisce narrazioni unilaterali per alimentare il proprio personaggio. La mafia è e resta, come disse Peppino Impastato, una montagna di merda. Ma va combattuta con gli strumenti dello Stato, non con il marketing delle parole. E soprattutto senza insultare un’intera città che non ha mai smesso di lottare.
Lo dichiara Domenico Furgiuele (Lega) in una nota