
(AGENPARL) – Mon 16 June 2025 *LETTERA APERTA ALL’ANM DA PARTE DEL SIAP*
*Oggetto*: attività investigative successive all’omicidio del Brigadiere C.
Carlo Legrottaglie, iscrizione nel registro degli indagati dei colleghi del
Commissariato di Grottaglie quale “atto dovuto” e relativa anticipazione di
spese peritale in capo ai medesimi operatori.
Al Signor
Presidente
Associazione
Nazionale Magistrati
Al Signor
Presidente
Sezione
Distrettuale ANM Lecce
E, p.c. Al Signor Presidente del Consiglio
Al Signor
Ministro dell’Interno
Al Signor
Ministro della Giustizia
Al Signor
Presidente del Senato della Repubblica
Al Signor
Presidente della Camera dei Deputati
LORO SEDI
*Signori Magistrati,*
sentiamo l’irrinunciabile dovere di
intervenire al dibattito seguito alla nota della Giunta Esecutiva Sezionale
dell’Associazione Nazionale Magistrati – Distretto di Lecce, pubblicato dal
Quotidiano Nazionale SenzaColonne NEWS.IT il 16 giugno cm. Il documento
animato da condivisibili e comprensibili ragioni di tutela dell’autonomia e
dell’indipendenza della funzione requirente, ha suscitato sconcerto e
amarezza tra il personale di polizia e delle forze di polizia.
In via preliminare, evidenzio per amor di verità, che i due colleghi del
Commissariato di Grottaglie sono stati iscritti nel registro degli indagati
per i reati, di omicidio colposo in relazione all’adempimento del dovere,
legittima difesa, eccesso colposo di legittima difesa ai sensi degli art.
589, 51, 52 e 55 c.p. – in quanto protagonisti dello scontro a fuoco nel
quale ha perso la vita il pluripregiudicato Michele Mastropietro,
responsabile dell’omicidio del collega Brigadiere dei Carabinieri Carlo
Legrottaglie. L’iscrizione nel registro degli indagati dei due colleghi,
come precisato a più riprese da diverse fonti e numerosi organi di stampa,
è stata qualificata come «atto dovuto» ex art. 360 c.p.p., finalizzato a
consentire l’espletamento delle indagini irripetibili e a garantire ai
colleghi il pieno esercizio del diritto di difesa.
Ciò premesso, il S.I.A.P. non ha contestato in linea di principio l’azione
e le prerogative dell’Autorità Giudiziaria, né l’obbligatorietà dell’azione
penale sancita dall’art. 112 della Costituzione, ma con ferma posizione
critica ha posto in evidenza, l’asimmetria di tutele economiche e
giuridiche che, come una scure colpiscono gli operatori di polizia, ogni
qual volta si trovano nell’incresciosa situazione di dover rispondere di
“eccesso colposo” in ragione d’interventi eseguiti nel corso del servizio.
Interventi che talora, non lasciano alcuna alternativa operativa e vengono
compiuti dagli appartenenti alle Forze di Polizia, sempre nell’alveo delle
previsioni delle fonti normative e degli art. 51, 52, 53 e 54 c.p. e 55
c.p.p. –
È francamente inaccettabile, sotto il profilo etico prima ancora che
giuridico, che ai due colleghi – investiti da un procedimento penale
originatosi in un contesto di altissima pericolosità – possa essere chiesto
di anticipare di tasca propria il costo delle perizie, che per la sola
perizia balistica dei bossoli non è inferiore a 1220 €, un’attività
necessaria a individuare in aperta campagna, i bossoli esplosi dal
malvivente deceduto. Non credo sfugga a nessuno, la sproporzione fra
l’onere economico richiesto e la retribuzione media di un appartemente alla
Polizia di Stato, considerato, tra l’altro, che gli operatori di polizia,
non agiscono per interesse privato ma a tutela della collettività e
dell’interesse pubblico, attraverso le funzioni e i poteri che lo Stato gli
ha delegato.
La frustrazione che affiora dalle parole dei colleghi, e che il Sindacato
accoglie e ascolta ogni giorno nelle proprie sedi e posti di lavoro, non è
un risentimento che si fonda su una cultura corporativa, che il Siap
rigetta e contrasta da sempre, bensì la legittima reazione di chi si vede
costretto a difendersi come qualsiasi privato cittadino da imputazioni
scaturite nell’esercizio di una funzione essenziale. La giurisprudenza
della CEDU in più pronunce, ha posto l’accento sulla necessità di
assicurare ai pubblici ufficiali coinvolti in quadri operativi con
conflitto a fuoco, una cornice procedimentale chiara, equa e soprattutto
proporzionata sotto il profilo degli oneri difensivi, onde evitare un
inammissibile “effetto ghiaccio” che induca per timore di conseguenze
penali ed economiche, a un atteggiamento rinunciatario o attendista, con
grave pregiudizio per la sicurezza collettiva e per la giustizia.
Il Siap non ha mai inteso e non intende alimentare sterili e nocive
contrapposizioni con la Magistratura. Siamo consapevoli che Carabinieri,
Poliziotti, Finanzieri e Magistrati operano *“dalla stessa parte, quella
giusta”* – per mutuare l’espressione contenuta nel richiamato comunicato
dell’A.N.M. – ma proprio in virtù della comune missione per la giustizia e
la sicurezza, evidenziamo che l’equilibrio istituzionale di una democrazia
si fonda anche su una reciproca responsabilità verso i diritti e la tutela
dai rischi degli ufficiali e agenti di PG, che non possono trasformarsi ad
ogni evento critico, in bersaglio di giudizi sommari che insinuano il
dubbio, delegittimazioni mediatiche e soprattutto esposizioni pecuniarie
insostenibili.
Contestualmente, rivolgiamo un appello alle Autorità di Governo e al
Parlamento, affinché si ponga mano con urgenza, a una disciplina organica
che vada oltre quanto e stato già previsto e apprezzato nell’ultimo decreto
sicurezza in tema di tutele e tutela legale, e si riconosca agli
appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate il diritto al
gratuito patrocinio ex officio nei procedimenti penali connessi
all’espletamento del servizio, sul modello di quanto previsto in altri
ordinamenti. Per chiarezza, non abbiamo mai invocato e non invochiamo,
“*impunità
o immunità”*. Una simile riforma, oltre a restituire dignità e serenità
agli operatori, limiterebbe la proliferazione di iniziative solidaristiche
che, seppur lodevoli, non possono divenire prassi surrogatoria di doveri e
obblighi che dovrebbero gravare sullo Stato e le sue articolazioni
organizzative.
Ci preme sottolineare che la rabbia “serpeggiante fra la base” – per usare
le parole dei colleghi – nasce dall’impressione che dietro l’espressione
tecnica «atto dovuto», si celi talora una scelta deflattiva di
responsabilità a più livelli, uno scarico di oneri sulla parte più debole
del sistema, il poliziotto o l’operatore in uniforme, costretto a
difendersi in proprio, mentre l’Amministrazione di appartenenza priva di
strumenti, fatica a far valere in maniera incisiva la presunzione di
legittimità dell’azione di polizia. È arrivato il momento di superare la
rituale rassicurazione «*abbiamo piena fiducia nella Magistratura»* che i
poliziotti non hanno mai messo in dubbio, di cui si fidano e
rispettano *sostanzialmente
e non formalmente*, ma al contempo affermamo con fermezza, che lo Stato e
suoi poteri devono avere piena fiducia nei suoi servitori, garantendo loro
copertura normativa, tutela economica e sostegno psicologico dall’istante
successivo all’evento critico.
Né può lasciarci indifferenti – lo diciamo con rispetto e franchezza – il
passaggio del comunicato dell’A.N.M. che definisce *“né condivisibili né
accettabili”* alcune valutazioni espresse da esponenti politici e
sindacali. In uno Stato di diritto, le critiche, pur aspre, rivolte
all’operato di qualunque organo istituzionale rientrano nella fisiologia
della dialettica democratica, e non vanno vissute come delegittimazione,
bensì quale contribuito a migliorare la fruibilità della reciproca fiducia
nella diversità delle funzioni e responsabilità, poliziotti e magistrati
nei momenti bui e trammatici della Repubblica, quando hanno combattuto
mafia e terrorismo vivevano e perivano insieme. La responsabilità è linfa
vitale per tutte le istituzioni, comprese quelle di Polizia, ragion per cui
riteniamo che l’odierno costruttivo confronto, in quanto privo di secondi
fini ma leale non può che tradursi in un avanzamento complessivo del
sistema sicurezza-giustizia.
Per quanto brevemente esposto, la scrivente O.S. ribadisce totale e
affettuosa vicinanza ai familiari del Brigadiere Capo Carlo Legrottaglie,
il cui sacrificio deve continuare a ispirare il nostro quotidiano impegno;
esprime solidarietà piena e incondizionata ai colleghi coinvolti, ai quali
offriamo assistenza legale e tutela sindacale sino alla conclusione
dell’iter processuale. Sollecita il Dipartimento della Pubblica Sicurezza a
farsi carico nell’immediatezza, delle spese difensive dei propri dipendenti
nei procedimenti penali connessi al servizio. Chiede al Governo e al
Parlamento di introdurre, in tempi brevi un fondo statale di tutela legale
per le Forze di Polizia, finanziato dal bilancio dello Stato e non dalla
generosità dei cittadini. Ribadisce la propria fiducia nella Magistratura
inquirente che siamo certi, definirà i necessari accertamenti nel minor
tempo possibile, al fine di restituire ai colleghi indagati, e alla
comunità stessa, quella serenità indispensabile per continuare a svolgere
con dedizione il proprio dovere.
Confidando con speranza, che questa dolorosa vicenda diventi occasione di
crescita collettiva e rinnovi una ideale alleanza e comune sentire tra
tutti i protagonisti della sicurezza pubblica, Polizia di Stato,
Carabinieri, Magistratura e Politica nel rispetto e fiducia verso le
prerogative, ruoli e delle funzioni di ognuno, nella piena consapevolezza
che tutti insieme formiamo lo Stato, e tutti nessuno escluso, devono
concorrere alla tutela di chi, armato di una divisa e di un giuramento,
presidia la linea sottile che separa la convivenza civile dalla barbarie.
Il Segretario Generale
Giuseppe Tiani