
(AGENPARL) – Mon 09 June 2025 Ufficio Stampa / Press Office
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TERREMOTI | Un nuovo studio offre la rilettura di un modello che
esclude il ruolo delle forze elastiche negli eventi sismici
dell’Appennino
Il lavoro curato da INGV, United States Geological Survey e Università di Berkeley
suggerisce una rilettura del modello secondo cui i terremoti estensionali come quelli
dell’Appennino centrale potrebbero essere generati da collassi gravitativi, e non da
dislocazioni elastiche
[Roma, 9 giugno 2025]
Un nuovo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (INGV), dello United States Geological Survey
(USGS) e il Berkeley Seismology Lab della University of California Berkeley,
offre una nuova lettura del modello “Gravimoto” come meccanismo di genesi
dei terremoti.
La ricerca, intitolata “Do graviquakes exist?” e appena pubblicata sulla rivista
scientifica ‘Bulletin of the Seismological Society of America (BSSA)’, ha analizzato il
modello “Gravimoto” proposto nel 2015, secondo il quale, nelle aree del pianeta
sottoposte ad estensione crostale (come, ad esempio, in Appennino) gli eventi
sismici sarebbero essenzialmente generati da collassi gravitativi, e non dalle
dislocazioni elastiche che caratterizzano ogni altro tipo di rottura sismica.
Secondo il modello “Gravimoto”, ogni collasso servirebbe a colmare un volume
vuoto formatosi in profondità nella crosta terrestre durante il periodo
intersismico (vale a dire durante il lasso di tempo che intercorre tra un due grandi
terremoti che avvengono sulla stessa faglia).
Per le sole faglie estensionali, o ‘normali’, il modello “Gravimoto” si pone come
alternativa al modello ‘classico’ di genesi dei terremoti teorizzato nel 1910 da
Harry Fielding Reid, sulla base di osservazioni della faglia che aveva generato il
grande terremoto di San Francisco del 1906: secondo questo modello, i terremoti
sono generati dal rilascio di energia elastica accumulata nel corso di secoli o
millenni (il cosiddetto ‘elastic rebound’).
“Con il nostro studio abbiamo effettuato una rigorosa valutazione del modello
Gravimoto, proposto per la prima volta nel 2015 e utilizzato anche per lo studio
della sequenza sismica dell’Appennino centrale del 2016”, spiega Luca Malagnini,
Dirigente di Ricerca dell’INGV e primo autore dell’articolo. “Questa nostra
rilettura critica del modello si è basata sulla teoria sismologica, sul comportamento
meccanico della crosta terrestre superiore in presenza di fluidi, sull’evidenza
geodinamica e sull’analisi delle deformazioni crostali indotte dai forti terremoti di
faglia normale”.
L’analisi presentata nello studio appena pubblicato evidenzia come l’ipotesi di un
collasso gravitazionale co-sismico della crosta terrestre non sia in realtà
supportata da dati geodetici e da osservazioni sismologiche indipendenti: i
sismogrammi e le deformazioni del suolo osservati in occasione della sequenza
sismica del 2016, ad esempio, non risultano compatibili con quanto previsto dal
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INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
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modello “Gravimoto” ma, al contrario, appaiono coerenti con il modello classico
della dislocazione elastica.
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