
Una clamorosa rottura tra due dei personaggi più influenti della politica e dell’economia americana scuote il panorama nazionale: Elon Musk ha dichiarato il proprio sostegno all’impeachment di Donald Trump, segnando la fine definitiva di una collaborazione che per anni aveva attirato l’attenzione del pubblico e dei media.
In un post su X (l’ex Twitter, di proprietà di Musk), pubblicato giovedì pomeriggio, il miliardario ha risposto con un secco “sì” alla provocatoria proposta dell’influencer Ian Miles Cheong, il quale aveva scritto:
“Presidente contro Elon. Chi vince? Io punto su Elon. Trump dovrebbe essere messo sotto accusa e JD Vance dovrebbe sostituirlo.”
La risposta di Musk ha fatto rapidamente il giro del mondo, sorprendendo analisti e utenti. In passato, Musk aveva sostenuto Trump, investendo milioni nella sua campagna e ricoprendo un ruolo come Special Government Employee (GSE) nell’amministrazione per circa 130 giorni. Al termine del suo mandato, Trump lo aveva persino celebrato con una cerimonia nello Studio Ovale, consegnandogli una chiave d’oro simbolica della Casa Bianca.
Ma da lunedì, il rapporto si è incrinato bruscamente. Musk ha attaccato pubblicamente il cosiddetto “grande e bellissimo disegno di legge” di Trump – un pacchetto legislativo cardine della sua agenda – criticandolo per aver eliminato i sussidi per l’energia verde e i veicoli elettrici, danneggiando direttamente Tesla.
Alcuni osservatori ritengono che la reazione di Musk sia legata anche alla recente decisione dell’amministrazione di ritirare la nomina di Jared Isaacman, un imprenditore vicino a Musk, come capo della NASA.
Giovedì la frattura si è ulteriormente approfondita: Trump ha minacciato di tagliare i sussidi e i contratti federali a Musk, mentre Musk ha rilanciato, insinuando (senza fornire prove) un coinvolgimento di Trump nei file di Jeffrey Epstein.
Nonostante il suo netto “sì” all’impeachment, Musk non ha indicato chiaramente quale crimine o violazione costituzionale Trump avrebbe commesso. Questo alimenta ulteriori speculazioni su una mossa più strategica che ideologica, forse legata a interessi economici o giochi di potere all’interno del Partito Repubblicano.
Il futuro dell’alleanza conservatrice, e delle sue divisioni interne, si prospetta ora più incerto che mai.