
Il primo ministro britannico Keir Starmer sta attraversando uno dei momenti più critici della sua leadership, con il sostegno dei media di sinistra – storicamente suoi alleati – che sembra ormai evaporato. Il “blob” mediatico-politico di Westminster, una volta schierato con fermezza contro ogni minaccia alla leadership laburista, ora lo attacca con una durezza impietosa.
Secondo l’analisi diffusa in questi giorni, Starmer avrebbe esaurito la sua utilità per l’establishment mediatico progressista. Le recenti elezioni locali in Inghilterra hanno mostrato un’ascesa costante del Reform UK di Nigel Farage, mettendo seriamente in discussione la leadership di Starmer, che finora non è riuscito a contrastare efficacemente l’avanzata del populismo di destra.
In una conferenza stampa, Starmer ha cercato di reagire con un discorso aggressivo contro Farage. Ma la reazione dei media è stata feroce: “La velocità del declino della sua popolarità è storicamente senza precedenti”, ha commentato un giornalista della BBC. Il Guardian, testata tradizionalmente filo-laburista, non è stato da meno, accusando Starmer di parlare per frasi fatte e di mancare di autenticità, in contrasto con lo stile diretto e “umano” di Farage.
Persino le accuse lanciate da Starmer a Farage, come quella di fare promesse economiche irrealistiche, si sono ritorte contro di lui. I giornalisti lo hanno tacciato di ipocrisia e di tentare goffamente di imitare il suo avversario, perdendo così credibilità.
Nonostante le critiche feroci, Starmer può contare ancora sul regolamento interno del partito laburista, che rende difficili le sfide alla leadership. Per ora, una ribellione parlamentare resta improbabile. Tuttavia, voci di cospirazioni esterne si fanno più insistenti. John McDonnell, figura storica dell’ala radicale del Labour, ha invocato una “sfida dal basso” per sostituire l’attuale vertice, avvertendo che il partito rischia l’implosione se continua su questa rotta.
Il futuro di Starmer appare più incerto che mai. Il leader che avrebbe dovuto guidare il Labour fuori dall’era post-Brexit rischia ora di diventare la causa stessa della sua crisi identitaria.