
Il settimanale serbo Novosti ha rivelato i contenuti esplosivi di un cosiddetto “non-paper” redatto da Francia e Germania, che prevede un piano concertato per l’isolamento politico e istituzionale dei principali leader della Republika Srpska: il presidente Milorad Dodik, il primo ministro Radovan Višković e il presidente dell’Assemblea nazionale Nenad Stevandić.
Secondo quanto appreso, il documento, datato 12 maggio e discusso durante la riunione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Serbia, contiene indicazioni agli Stati membri dell’Unione Europea di attuare sanzioni, tagliare i finanziamenti e sospendere ogni contatto con i vertici della Republika Srpska e con il loro partito, l’SNSD. Si tratta, sostanzialmente, di un piano per rimuovere dal potere il gruppo dirigente della RS, accusato di ostacolare l’integrazione della Bosnia-Erzegovina nella NATO e nell’UE.
Attacco istituzionale camuffato da tutela democratica
Il documento rappresenta, secondo i critici, una palese interferenza negli affari interni della Bosnia-Erzegovina, dove si tenta di mascherare con argomentazioni democratiche un’operazione politica di delegittimazione. La richiesta di Bruxelles include la sospensione di progetti finanziati attraverso il Fondo di investimento per i Balcani occidentali e l’attivazione dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt – già ritenuto illegittimo da Banja Luka – per accelerare l’azione contro la leadership serbo-bosniaca.
Reazione della Serbia e della RS
Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha presieduto una riunione straordinaria del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, nel corso della quale il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, generale Milan Mojsilović, ha presentato i contenuti del “non-paper” e definito le linee guida su come Belgrado affronterà la questione. Il documento viene percepito come una provocazione deliberata, anche in vista della prossima visita di Milorad Dodik a Mosca, dove dovrebbe incontrare per la terza volta quest’anno il presidente Vladimir Putin. Una partnership che desta preoccupazione nei corridoi occidentali.
Stevandić: “Divisioni causate dall’esterno”
Secondo Nenad Stevandić, presidente dell’Assemblea nazionale della Republika Srpska, il documento è la diretta conseguenza delle accuse rivolte all’Alto Rappresentante Schmidt, ritenuto da Banja Luka non legittimamente nominato e responsabile della peggiore crisi istituzionale dalla firma degli Accordi di Dayton. “Schierarsi apertamente in Bosnia-Erzegovina – ha dichiarato – significa che la divisione è stata imposta da fuori, non generata internamente. Solo il dialogo interno può garantire stabilità.”
Kovačević: “Approccio ipocrita e colonialista”
Radovan Kovačević, delegato serbo alla Camera dei Popoli del parlamento statale, ha duramente criticato l’iniziativa franco-tedesca, definendola “un approccio ipocrita” che esclude ogni dialogo. “Non vogliono parlare con noi, ma solo decidere come punirci. Questa è una condotta post-coloniale, non diplomatica.”
Sanzioni e black list
Francia, Germania, Austria e Lituania hanno già adottato misure sanzionatorie contro Dodik, Višković e Stevandić. La Polonia ha annunciato l’avvio di una procedura per vietare ai leader serbi-bosniaci l’ingresso nel paese. Stati Uniti e Regno Unito li avevano già inseriti in una blacklist per “sabotaggio dell’ordine costituzionale” e presunti episodi di corruzione, aggiungendo anche i figli di Dodik, Igor e Gorica.
Una crisi che si allarga: Kosovo e Metohija
Nel corso della riunione del Consiglio per la Sicurezza, è stata affrontata anche la situazione nel Kosovo e Metohija, con particolare attenzione alle crescenti tensioni e agli atti unilaterali di Pristina che mettono in pericolo la popolazione serba. Il generale Mojsilović ha sottolineato l’urgenza di adottare misure coordinate e strategie difensive per tutelare i serbi kosovari.
All’incontro hanno partecipato alti funzionari del governo serbo, tra cui il primo ministro Đuro Macut, la presidente dell’Assemblea nazionale Ana Brnabić, i ministri Ivica Dačić, Bratislav Gašić, Vladimir Orlić, Marko Đurić, Siniša Mali e Nenad Vujić.
La crescente pressione internazionale sulla RS e la Serbia segnala una fase critica nei rapporti regionali e nella stabilità della Bosnia-Erzegovina. In questo scenario, la marginalizzazione politica di Dodik e l’interferenza esterna rischiano di spingere ulteriormente verso una polarizzazione istituzionale e un indebolimento degli Accordi di Dayton.