
(AGENPARL) – Wed 21 May 2025 COMUNICATO STAMPA
Lo studio frutto della collaborazione tra il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Istat e il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari.
PUBBLICATO IL NUOVO REPORT SUI SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA IN ITALIA. FOCUS SUL VENETO
Aumento dei posti, ma anche aumento della domanda, diseguaglianze territoriali e sociali i punti chiave della ricerca
È disponibile il nuovo report realizzato nell’ambito dell’Accordo triennale di collaborazione tra il Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Istat e il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Il documento restituisce un quadro aggiornato e approfondito sull’offerta dei servizi educativi per la prima infanzia (fascia 0-3 anni), integrando dati provenienti dalle rilevazioni dell’Istat sui Comuni e sulle famiglie, con dati di fonte amministrativa e con nuove indagini mirate su aspetti qualitativi e strutturali del sistema.
Una prima presentazione dei risultati si è tenuta il 7 maggio 2025 a Roma, nel corso di un workshop ospitato presso la sede del Dipartimento, alla presenza dei componenti dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, riuniti in seduta congiunta e presieduti dalla Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella.
Il report evidenzia alcuni dati di rilievo:
Nell’anno educativo 2022/2023, le unità di offerta censite sul territorio nazionale hanno superato le 14mila unità, con un incremento dei posti complessivi (pubblici e privati) del 4,5% rispetto all’anno educativo precedente.
L’incremento di posti realizzato in questi ultimi anni non riesce comunque a soddisfare la domanda di servizi educativi per la prima infanzia, che continua a crescere. Infatti, quasi sei strutture su dieci (59,5%) dichiarano di avere bambini in lista d’attesa, un dato in aumento rispetto al 56,3% rilevato nell’anno precedente. Questo andamento conferma una tendenza all’aumento della domanda da parte delle famiglie, che non trova riscontro in un’espansione sufficiente dell’offerta. Le difficoltà a soddisfare tutte le richieste risultano più marcate nei servizi del settore pubblico: il 68,9% dichiara di avere domande inevase, quota che sale al 73,3% per le unità di offerta pubbliche del Nord. Anche nel settore privato si registrano liste d’attesa, sebbene con minore frequenza: 54% per i servizi privati tout court e 53,7% per quelli convenzionati.
Persistono forti disuguaglianze territoriali nell’accesso ai servizi educativi per l’infanzia. A fronte di un tasso medio nazionale di copertura che ha raggiunto il 30% nell’anno educativo 2022/2023 – in crescita rispetto al 27,1% del 2019/2020 anche in relazione al continuo decremento di bambini in questa fascia di età – alcune aree del Paese restano ancora molto distanti dal Livello Essenziale delle Prestazioni (LEP), fissato a 33 posti ogni 100 bambini entro il 2027. Le differenze sono particolarmente evidenti nel Mezzogiorno, dove la copertura è ben al di sotto della media nazionale: Campania 13,2%, Sicilia 13,9%, Calabria 15,7%. Al contrario, il Centro-Nord ha già raggiunto e superato il parametro LEP. Queste disuguaglianze rendono il sistema dei servizi profondamente asimmetrico, incidendo sull’equità delle opportunità educative per i bambini fin dai primi anni di vita. Rispetto al nuovo obiettivo europeo del 45% di copertura entro il 2030, l’Italia appare ancora lontana, nonostante i segnali di miglioramento registrati a livello nazionale.
Le disuguaglianze sociali si riflettono in modo marcato sull’accesso ai servizi educativi per l’infanzia: i bambini che vivono in famiglie a rischio di povertà ed esclusione sociale, con cittadinanza straniera o con la madre non lavoratrice registrano livelli di frequenza significativamente inferiori rispetto ai coetanei. In particolare, le analisi evidenziano che l’occupazione di entrambi i genitori (o dell’unico genitore in caso di nuclei monogenitoriali) rappresenta il requisito che più frequentemente determina la priorità di accesso nei servizi comunali, subito dopo la disabilità del bambino. Questo orientamento rafforza la funzione dei nidi come strumenti di conciliazione vita-lavoro, ma fatica ad affermare pienamente il ruolo dei servizi come strumenti di equità e promozione dei diritti dell’infanzia.
Le risorse del PNRR rappresentano un’opportunità fondamentale per ampliare la rete dei servizi educativi per la prima infanzia, ma pongono anche sfide significative, in particolare sul fronte della capacità di spesa degli enti locali e del reperimento del personale educativo. Il pieno raggiungimento dell’obiettivo relativo ai posti autorizzati comporterebbe infatti un incremento stimato tra le 23.700 e le 24.900 unità di personale aggiuntivo a tempo pieno equivalente, da inserire in un comparto oggi costituito da circa 63.400–68.400 educatrici ed educatori. Si tratta di una crescita rilevante, che evidenzia la necessità di accompagnare gli investimenti infrastrutturali con azioni strutturate per rafforzare la disponibilità e la qualificazione del personale.
Il documento si inserisce in un contesto demografico sempre più critico: nel 2024 le nascite in Italia sono scese a 370.000, 50.000 in meno rispetto al 2019. Un sistema di servizi per l’infanzia capillare, accessibile e sostenibile può contribuire in modo significativo a sostenere la natalità, favorire la conciliazione tra vita e lavoro e ridurre le disuguaglianze, riconoscendo il diritto all’educazione fin dalla primissima infanzia.