
Ruolo del sindacato oggi, impatto della IA sulla professione, sostegno al Servizio Sanitario Nazionale. E largo ai giovani
Si è concluso sabato 17 maggio a Padova il Congresso del Sindacato Nazionale dei professionisti dall’Area Radiologica, nel 70° anniversario della fondazione del Sindacato. “Oggi non chiudiamo solo un congresso, ma apriamo una visione. Perché ogni confronto, ogni idea condivisa, è un seme di futuro. L’area radiologica non è soltanto una disciplina, ma una forza viva in continua evoluzione, e noi siamo chiamati a guidarne il cammino con passione, competenza e visione.” Queste le parole di Giovanni Mandoliti, Presidente del Congresso, che ha salutato una platea folta e attenta, composta per il 54% di delegati e iscritti con meno di 50 anni. E forse è proprio la composizione del pubblico e l’attenzione palese ai temi sindacali e formativi discussi nella tre giorni, che mostrano l’esigenza di un sindacato capace di navigare il cambiamento cambiando esso stesso per primo, a presidio delle condizioni di lavoro della comunità radiologica ma anche della tenuta del Sistema Sanitario Nazionale.
Il Congresso, cui il Ministro Schillaci ha augurato buon lavoro, ha ospitato le voci della Società scientifiche SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica), AIRO (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia Clinica) e AIMN (Associazione Italiana Medicina Nucleare) che hanno ribadito la necessità di sempre più stretta collaborazione tra società scientifiche e sindacato. Compatta anche la presenza della Federazione FASSID (AIPAC, AUPI, SIMET, SINAFO, SNR DIRIGENTI) e della Confederazione CODIRP, presto al tavolo delle trattative in ARAN.
Al centro della relazione del Segretario Nazionale SNR, Giulio Argalia, una realistica analisi dello stato dell’arte della professione e del nostro sofferente Servizio Sanitario. Il Congresso è per Argalia un momento importante per un sindacato di specialità, non di celebrazione, ma di confronto e approfondimento reale e non virtuale tra delegati e iscritti. E occasione per ripensare insieme lo stesso ruolo del sindacato oggi, che non è, secondo il pragmatico Segretario, “fare barricate, ingessare le posizioni, essere talebani” piuttosto “ripensare il confronto, offrire soluzioni concrete territorio per territorio, ritrovare l’etica del lavoro e del merito“. “Ci troviamo a Congresso mentre celebriamo i 70 anni dalla fondazione del nostro Sindacato. In 70 anni il mondo è completamente cambiato. Sono cambiati i riferimenti delle organizzazioni (i direttori sanitari sono puri esecutori delle volontà dei DG), l’autorevolezza dei camici bianchi è svanita, le progressioni di carriera bloccate tra irrigidimenti normativi e scarne risorse economiche dedicate al sistema pubblico. Il ruolo del Sindacato deve cambiare. Auspico che continui ad essere fucina di idee, ma anche portatore di reali proposte per affrontare una crisi che non è professionale, ma culturale, sociale, economica. La tenuta del Sistema Sanitario Nazionale è oggi la preoccupazione principale, da cui deriva la comprensibile disaffezione dei giovani verso il sistema pubblico, e l’abbandono delle aree specialistiche a maggiore rischio di superlavoro e denunce temerarie. Ma il Sistema Sanitario siamo noi e noi per primi dobbiamo dimostrare di essere classe dirigente, assumerci le responsabilità senza limitarci ad abbaiare alla luna”.
Apprezzata da tutti la Lectio Magistralis di Nino Cartebellotta, Presidente Gimbe, che ha offerto una fotografia dello stato del SSN ma soprattutto dei rischi di un sistema pubblico diviso in due, dove gli abitanti nelle regioni del sud hanno minori aspettative di vita di quelli residenti al nord. “Il Servizio Sanitario Nazionale è una conquista sociale irrinunciabile, un pilastro della nostra democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore per lo sviluppo economico del Paese. La perdita del SSN non compromette solo la salute delle persone, ma mortifica la loro dignità e riduce le loro capacità di realizzare ambizioni e obiettivi. Portando ad un disastro sanitario, sociale ed economico senza precedenti. A fronte delle diminuzioni della tutela pubblica quattro milioni e mezzo di persone rinunciano alle cure. Abbiamo constatato quasi il 20% di riduzione dei finanziamenti per la prevenzione. Ci sono sprechi? Assolutamente sì, difficili da stimare, ma nessuna regione è immune dagli sprechi. Se non ci sono riforme coraggiose, gli sprechi non si saneranno. Il problema è che l’Italia è spaccata in due dal Lazio in giù, c’è una frattura strutturale del paese. Se osserviamo la capacità di ciascun servizio regionale in relazione alla aspettativa di vita alla nascita nel 2023 le regioni del sud stanno sotto di almeno 3 anni. Le riforme senza soldi sono scatole vuote. Laureare più medici non guarirà il sistema, occorre un nuovo patto politico e sociale, che coinvolga anche i cittadini, che devono essere educati all’uso consapevole dei servizi sanitari”.
Importante anche il dibattito interno intorno all’Intelligenza Artificiale, ineludibile strumento da governare per non esserne governati. Suggestiva in questo la Lectio di Raul Gabriel, artista italo argentino tra i maggiori esperti di IA: “Nel nuovo mondo che affiancherà quello conosciuto fino a prenderne almeno parzialmente il controllo in una gestione ibrida dai risvolti imprevedibili, si deve prendere atto di una semplificazione che livella il procedimento cognitivo al piano orizzontale delle interazioni meccaniche: se succede allora esiste per la sola ragione che succede. Il processo di adattamento a questo nuovo paradigma sarà tale e talmente pervasivo da indurre a sospettare che se succede, non solo esiste. Se succede, allora è”.
Un bel Congresso, che lancia messaggi di coesione e interesse non solo alla professione, ma al ruolo che ognuno di noi ha nel partecipare al sistema paese, come ribadisce il Segretario Nazionale SNR Giulio Argalia: “Il sindacato si fa ogni giorno, dal proprio luogo di lavoro, sul proprio territorio, conoscendo e riconoscendo le opportunità di miglioramento del trattamento ma offrendo soluzioni alla controparte, che spesso non è abbastanza preparata per individuarle. Il sindacato lo possono e dovrebbero fare tutti, non è una sovrastruttura cui demandare la responsabilità del proprio benessere lavorativo. A patto di riassumere ognuno di noi la sua porzione di responsabilità. Di partecipare, ognuno di noi alla cosa pubblica. Di darsi da fare, ancora di più. Occorre in tempi difficili riconquistare l’etica del lavoro e del merito. Ogni giorno, sul pezzo“.
