
(AGENPARL) – Wed 14 May 2025 La produzione nazionale di grano duro, per l’annata agraria 2024-2025, è
stimata in oltre 4,2 milioni di tonnellate, un dato superiore di circa il
20% rispetto al 2024 e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque
anni. L’aumento della produzione è legato sia all’espansione delle
superfici coltivate, che sono in crescita del 9,5% a livello nazionale
secondo i dati Istat (1,28 milioni di ettari rispetto a 1,17 dello scorso
anno), sia alle condizioni particolarmente favorevoli in Sicilia,
Basilicata e parte della Puglia. Sono le prime previsioni sulla produzione
di grano duro italiana presentate oggi a Foggia, nell’ambito dell’edizione
2025 dei Durum Days, organizzata e promossa da Assosementi, Cia-Agricoltori
italiani, Confagricoltura, Copagri, Fedagripesca Confcooperative, Compag,
Italmopa, Unione Italiana Food, con il contributo tecnico di Crea e Areté,
il patrocinio della SIGA-Società Italiana Genetica Agraria e la
partecipazione in veste di sponsor di Corteva Agriscience e di Syngenta.
Ecco in dettaglio la situazione dei principali bacini produttivi italiani,
illustrata dal Crea: nel Centro-Nord le semine di grano duro hanno subito
ritardi a causa delle abbondanti piogge. In alcune aree, i ristagni idrici
hanno reso difficili anche le successive pratiche agronomiche. Anche al
Sud, le operazioni di semina sono state ritardate, in questo caso per la
mancanza di pioggia nel mese di novembre. Nonostante le temperature
invernali sopra la media abbiano accelerato il ciclo fenologico, le
precipitazioni regolari hanno favorito la crescita delle colture.
L’andamento meteorologico delle prossime settimane rappresenta, tuttavia,
ancora un’incognita: piogge intense o eccessiva umidità potrebbero
compromettere lo stato fitosanitario della coltura, sia al Centro-Nord che
al Sud, con possibili effetti negativi sulla resa finale.
Rispetto al quadro internazionale, delineato dagli analisti di Areté, dopo
l’aumento dello scorso anno, le produzioni di grano duro a livello mondiale
quest’anno sono globalmente previste in leggero calo per via dei minori
raccolti nei Paesi esportatori, in particolare in Nord America (Canada -7%,
Stati Uniti -9%, Messico -78%), che non sarebbero compensati dalle maggiori
produzioni nei Paesi importatori (Ue +10%, Nord Africa +15%). La
prospettiva di una maggiore produzione europea limita la possibilità di
tensioni sui prezzi italiani. Tuttavia, il calo produttivo nei Paesi
esportatori, unito a scorte mondiali ancora ridotte, renderebbe il mercato
vulnerabile a potenziali ondate di volatilità rialzista nel caso in cui i
raccolti dei Paesi importatori risultassero inferiori alle attese.
*Per Cia, è* *intervenuto ai Durum Days Leonardo Moscaritolo*, presidente
della sezione di prodotto cereali dell’area di interesse economico
produzioni vegetali della Confederazione: “In una filiera di eccellenza
dell’agroalimentare italiano come quella grano-pasta, con un valore solo
dell’export di oltre 4 miliardi di euro l’anno -ha dichiarato- resta
inaccettabile la scarsa attenzione riservata agli agricoltori nella catena
del valore”.
“L’Italia, con più di 1,2 milioni di ettari, si conferma di gran lunga il
primo Paese europeo per superfici di grano duro e il secondo Paese
produttore al mondo dietro il Canada, con circa 200 mila agricoltori
impegnati”, ha ricordato Moscaritolo, eppure “oggi il grano duro viene
pagato meno di 15 anni fa, mentre i costi di produzione sono arrivati alle
stelle” e i produttori “combattono anche con i cambiamenti climatici e
l’import massiccio”.
Dunque, ha aggiunto Moscaritolo, “le preoccupazioni per il nuovo imminente
raccolto sono tante. Cia, da tempo, ha chiesto la convocazione del tavolo
di filiera sul grano al Ministero dell’Agricoltura e si augura che
l’imminente entrata in vigore di Granaio Italia, il Registro telematico
delle giacenze, possa portare maggiore trasparenza nelle dinamiche di
mercato”.