
(AGENPARL) – Fri 09 May 2025 *Carcere, Viganò (vicepres. Corte Costituzionale): Il detenuto ha dei
diritti. Carcere che non funziona rende società più insicura.
Sovraffollamento genera alto tasso di conflittualità e violenza con
ulteriori problemi all’amministrazione penitenziaria. Situazione Rems
intollerabile, vulnus ai principi costituzionali. Diritto affettività non è
solo sesso, ma percorso di reinserimento nella società*
Il vicepresidente della Corte costituzionale, prof. *Francesco Viganò*, è
intervenuto questa mattina al convegno “*Analisi e prospettive di riforma
del sistema penitenziario italiano*” organizzato dal *Centro di ricerca
interdipartimentale di ricerca sui sistemi sociali e penali (DAS)
dell’Università LUMSA *, un evento di riflessione per la comunità
universitaria sul carcere in occasione del cinquantesimo anniversario
dell’entrata in vigore della *Legge 354 del 1975* i, che ha riformato in
Italia l’ordinamento penitenziario e l’esecuzione delle misure privative e
limitative della libertà.
Di seguito un estratto delle sue parole:
*“Il detenuto è titolare di diritti, non solo di aspettative e di interessi
legittimi, ma di veri e propri diritti che non gli sono tolti per effetto
della condanna. L’articolo 35 bis riconosce il diritto del detenuto di
andare davanti ad un giudice qualora ritenga che i suoi diritti siano stati
conculcati durante il trattamento penitenziario”.*
*“Un carcere che non funziona, è un carcere che non produce sicurezza
perché chi viene messo fuori continuerà a commettere reati e a tornare
dentro poco dopo, intanto però rendendo la società nel suo complesso più
insicura. Io credo che questa non sia solo una grande battaglia di civiltà,
una grande battaglia di rispetto per la dignità di tutti coloro che sono
colpiti dal sistema penale ma anche una battaglia che serve, che è
funzionale agli interessi della collettività nel suo complesso. *
*Il carcere costa moltissimo e di questo bisogna essere consapevoli.* *Dobbiamo
tutti insieme sforzarci perché il carcere che costa così tanto sia anche
più funzionale, più adeguato rispetto agli scopi indicati dalla
Costituzione che coincidono anche con l’idea di assicurare una maggiore
tutela delle vittime reali e potenziali dei reati”. *
*“Sul sovraffollamento la Corte interviene nel 2013 subito dopo la sentenza
Torreggiani della Corte Europea dei diritti dell’uomo che aveva rilevato un
problema sistemico di sovraffollamento nel nostro ordinamento e aveva
concesso di fatto un anno di tempo al legislatore per intervenire.* *Il
legislatore e il governo assieme sono intervenuti in quell’occasione e
hanno ottenuto una significativa riduzione del numero dei detenuti che
purtroppo ora sta nuovamente salendo. Il sovraffollamento, dice la Corte
nel 2013, è un problema che si traduce anzitutto in una violazione dei
diritti fondamentali del detenuto che è sottoposto a quello che la Corte
Europea definisce un trattamento inumano e degradante in violazione
dell’articolo 3 della Convenzione che peraltro pregiudica in maniera
radicale le possibilità di un trattamento rieducativo nel senso indicato
dall’articolo 27 terzo comma della Costituzione. È una situazione che
genera un elevato tasso di violenza e di conflittualità tra i detenuti
ristretti in uno spazio troppo piccolo ed è un problema, questo bisogna
dirlo forte, enorme per la stessa amministrazione penitenziaria che, già in
gravissima carenza di organico, si trova a gestire queste situazioni di
esasperata conflittualità di persone che si trovano ristrette in spazi
troppo piccoli”.*
*“Le REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) sono in
grado di ospitare oggi un po’ più di 600 persone, ma ce ne sono altrettante
in lista d’attesa, questo rappresenta un problema enorme per coloro che
hanno commesso reati e che hanno problemi mentali. Chi non riesce ad
essere collocato in una rems non riceve le cure necessarie per affrontare
le proprie patologie mentali. Stiamo parlando di persone che sono di fatto
abbandonate a sé stesse se i presidi sanitari locali non riescono a
trattarle perché queste persone non si recano costantemente a ricevere le
cure che sarebbero necessarie. Così la società è esposta ai pericoli di
persone che spesso sono aggressive e hanno quindi una propensione a
commettere reati creando nuove vittime. Questa situazione è semplicemente
intollerabile, rappresenta un vulnus in maniera tecnica ai principi
costituzionali che esige una risposta immediata da parte dell’ordinamento”.*
*“Il ‘diritto all’affettività’ non è e non deve essere inteso
riduttivamente come un diritto al sesso dei detenuti, non si tratta
semplicemente di attività sessuale, fermo restando che il sesso, lo
sappiamo tutti, è una componente importante per la nostra personalità, ma
qui si tratta di garantire un diritto all’affettività che è innanzitutto
diritto a coltivare e a mantenere in vita delle relazioni affettive
anzitutto con le persone più vicine, con le persone cui si hanno dei legami
più forti: con i partner ma anche con i figli, con i bambini in spazi
protetti che sono a loro volta fondamentali. Perché il processo di
risocializzazione non può che partire da quella micro-comunità che è
rappresentata dalla famiglia, se il carcere distrugge gli affetti
familiari, se procura rotture e separazioni, come volete che si possa
impostare un percorso di reingresso, di reinserimento graduale del detenuto
nella comunità?“*
Alessio Di Francesco
Media Relations
Università LUMSA
http://www.lumsa.it