
(AGENPARL) – Fri 02 May 2025 comunicato stampa, venerdì 2 maggio 2025
Grano pagato ai produttori come nel 2015, ma costi di produzione alle stelle
Cia Puglia: “Siamo all’assurdo, stesse quotazioni di 10 anni fa: 31 euro al quintale oggi come allora”
Il rischio è che in pochi anni la produzione italiana del cereale di punta crolli come fu per le barbabietole
Tutto questo avviene mentre i prezzi di pasta e pane sono cresciuti del 35% e del 53%
FOGGIA. Maggio 2015-Maggio 2025: sono passati 10 anni, ma alla Borsa Merci di Foggia le
quotazioni del grano duro di oggi sono le stesse di allora. Il 29 aprile 2015, il fino venne quotato
305-310 euro alla tonnellata; il 30 aprile 2025, il valore di scambio riconosciuto al fino è di 310-315
euro. A dieci anni di distanza, con gli attuali costi di produzione considerevolmente superiori, ai
produttori di grano duro italiano viene corrisposta la stessa cifra, nel frattempo la pasta è
aumentata del 35% col prezzo medio passato da 1,20 euro al chilo nel 2015 a una media di 1,62
nel 2025. Per non parlare del pane, il cui costo medio è passato da 2,75 a 4,20 euro al chilo, con
un aumento del 53%. Angelo Miano, presidente di CIA Agricoltori Italiani per la provincia di Foggia:
“Da un lato i prezzi sempre più bassi del grano italiano e, dall’altro, i costi di produzione sempre più
alti stanno portando al collasso la nostra cerealicoltura”. “Se contro il nostro grano è in atto una
guerra commerciale, con l’incremento delle importazioni da Paesi extra Ue, come la Turchia, allora
è bene che anche noi introduciamo i dazi per proteggere e valorizzare le nostre produzioni”,
aggiunge Miano, “rischiamo seriamente di soccombere contro la crescente importazione senza
controlli. È del tutto evidente che questa battaglia commerciali ci vede disarmati. Senza le misure
di Granaio Italia, il nostro Paese non ha nessuno strumento contro la concorrenza sleale. Per
giunta, nonostante la carenza di prodotto nazionale e la continua richiesta da parte dei
consumatori di prodotti 100% italiani, le quotazioni dei cereali sono sempre più mortificanti per gli
agricoltori”. Gennaro Sicolo, presidente regionale e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori
Italiani: “Come in una guerra, stiamo perdendo terreno, con le semine ai minimi storici si rinuncia a
seminare grano, e quindi aumenta la dipendenza dall’estero. Serve maggiore trasparenza sui
mercati e il riconoscimento dei costi ai cerealicoltori italiani. Serve maggiore tracciabilità, così
come è necessario uno strumento che certifichi i costi di produzione per definire, in modo chiaro,
anche i termini di contrattazione”. La rinuncia alle semine, un dato costante negli ultimi anni,
potrebbe crescere in modo esponenziale qualora i prezzi riconosciuti ai produttori dovessero
essere tenuti artificiosamente bassi per molto altro tempo. Il rischio è che in pochi anni la
produzione del cereale di punta crolli come accadde per le barbabietole.
“Occorre un intervento concreto del Governo. Bisogna fermare subito questa scellerata spirale al
ribasso. Le conseguenze economiche e occupazionali sono insostenibili, ma a perderci alla lunga
sarà l’intera filiera italiana grano-pasta, compresi i consumatori, poiché saremo sempre più
dipendenti dal grano estero che ha standard qualitativi e di sicurezza nettamente inferiori. Spesso
si tratta di grano estero di dubbia provenienza, con ‘triangolazioni’ poco chiare da Paese a Paese
nel percorso che conduce i carichi qui in Italia. Oggi il valore riconosciuto al grano italiano non
copre nemmeno i costi di produzione. Le importazioni massicce, lo squilibrio lungo la catena
di filiera a tutto svantaggio dei produttori, la crescita dei costi di produzione, la siccità e le
croniche lacune infrastrutturali stanno mettendo a serio rischio la nostra cerealicoltura. I
consumatori – conclude Sicolo – scelgano solo pasta realizzata interamente con grano
italiano”.