
(AGENPARL) – Tue 29 April 2025 Comunicato stampa
Unioncamere: 7 imprese su 10 si stanno attrezzando
per fronteggiare i possibili dazi Usa
Per il 43% le Camere di commercio valido supporto per l’export
Roma, 29 aprile 2025 –Sette imprese su 10 si stanno attrezzando per contrastare gli effetti
negativi dei possibili dazi Usa. Emerge da un recente sondaggio di Unioncamere e Centro
studi Tagliacarne che mostra anche che sebbene le vendite italiane negli States
rappresentino una quota significativa del nostro export, la capacità di diversificazione dei
mercati (11 quelli mediamente raggiunti dalle aziende italiane) potrebbe contenere
almeno in parte il peso delle nuove barriere economiche.
Ne hanno discusso oggi i presidenti delle Camere di commercio, giunti a Roma per
l’Assemblea di Unioncamere.
“Il 43% delle imprese interpellate da una analisi di Ipsos resa nota oggi è convinto che la
Camera di commercio possa offrire un valido supporto nell’accesso ai mercati esteri e
quasi la metà pensa che le Camere di Commercio possano continuare ad essere un punto
di riferimento per affrontare le sfide future”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere,
Andrea Prete. “Soprattutto le imprese di piccola dimensione vanno aiutate visto che,
secondo le nostre stime, oltre 7 miliardi di euro di export aggiuntivo potrebbero venire
proprio da queste”.
L’effetto dazi
Il primo effetto che le barriere commerciali del governo Usa potrebbe determinare,
dicono le imprese, è la riduzione dell’export (il 56% delle imprese che subiscono un
impatto da queste politiche indica questa limitazione). Al secondo posto (26%) c’è
l’aumento dei costi di approvvigionamento. Al terzo posto (22%) è segnalata la riduzione
delle vendite di beni intermedi e semilavorati che sono incorporati in prodotti di altri
paesi per il mercato USA. Circa un’impresa su cinque (19%), inoltre, si aspetta un aumento
della concorrenza da parte di altre imprese che potrebbero spostare i mercati di vendita
dagli Stati Uniti all’Ue.
Imprese pronte a rispondere
Sette imprese su 10, però, sono pronte a rispondere, aumentando i prezzi di vendita
(ipotesi dichiarata dal 33% delle aziende), ricercando nuovi mercati nella Ue (25%) o
extra-UE (18%), aumentando/spostando la produzione negli Usa (lo dichiara solo il 3%).
I rapporti economici con gli Usa
L’Italia è il paese con la più alta quota di imprese esportatrici verso gli Usa (22,3%) dopo la
Francia (22,6%). Dopo Irlanda (26,7%) e Finlandia (11,1%), il nostro Paese è al terzo posto
per valore dell’export delle imprese (circa 65 miliardi di euro nel 2024) verso gli Stati Uniti
sul totale dell’export italiano (10,8%). Complessivamente, il 2,9% del fatturato delle
Per ulteriori informazioni:
aziende Made in Italy è generato dall’export negli Usa, ma con dei picchi notevoli a livello
provinciale. E’ il caso di Trieste, dove il 36,2% del fatturato delle imprese proviene proprio
dalle vendite negli Usa, seguita da L’Aquila (17,6%), Isernia (16%), Grosseto (12,1%),
Massa Carrara (8,5%), Rieti (8,1%), Sassari (7,6%), Modena (6,9%), Latina (6,6%) e Ferrara
(5,2%).
11 mercati di sbocco a impresa
Le imprese italiane nel tempo hanno imparato a diversificare i propri mercati di sbocco,
proprio per essere meglio in grado di affrontare le turbolenze internazionali. Le aziende
esportatrici manifatturiere, mediamente, esportano in 11 mercati diversi. E più si sale al
Nord, più la diversificazione aumenta: nel Nord-Ovest in media ogni impresa
manifatturiera vende in 13 Paesi, nel Nord-Est in 11, al Centro in 9 e nel Mezzogiorno in 6.
Quattro le province da record (Reggio Emilia, Vercelli, Bologna e Ravenna), in cui la media
di paesi di esportazione per ogni impresa manifatturiera è tra i 15 e i 17.