
(AGENPARL) – Fri 11 April 2025 studio pubblicato oggi online su *Nature Astronomy*. Un buco nero
supermassiccio si è recentemente risvegliato, emettendo potenti lampi di
raggi X. Grazie alle osservazioni del telescopio europeo XMM-Newton, un
team internazionale ha studiato questo raro fenomeno, offrendo nuove e
preziose informazioni sul comportamento dei buchi neri supermassicci.
Il gruppo di ricercatrici e ricercatori è stato guidato Università di
Valparaiso in Cile con la partecipazione anche dell’Istituto Nazionale di
Astrofisica (INAF). Siamo a disposizione per fornire ulteriori dettagli o
per organizzare un’intervista con un nostro ricercatore, qualora fossi
interessato/a.
IMMAGINE:
Rappresentazione artistica del disco di accrescimento attorno al buco nero
massiccio Ansky e della sua interazione con un piccolo oggetto celeste
(crediti ESA).
11 aprile 2025
QUANDO UN BUCO NERO SI RISVEGLIA
Un buco nero supermassiccio si è recentemente risvegliato, emettendo
potenti lampi di raggi X. Grazie alle osservazioni del telescopio
XMM-Newton, un team internazionale a cui partecipa anche l’Istituto
Nazionale di Astrofisica, ha studiato questo raro fenomeno, offrendo nuove
e preziose informazioni sul comportamento dei buchi neri supermassicci.
Un buco nero supermassiccio al centro della galassia SDSS1335+0728, situata
a 300 milioni di anni luce dalla Terra, ha recentemente iniziato a rilasciare
intensi e regolari lampi di raggi X, attirando l’attenzione degli
astrofisici. Dopo decenni di inattività, questo colosso dalla smisurata
forza di attrazione gravitazionale si è improvvisamente “risvegliato”,
dando vita a un fenomeno raro che offre una straordinaria opportunità
per studiare
il comportamento di un buco nero in tempo reale. L’osservazione di questi
lampi, resa possibili grazie al telescopio spaziale XMM-Newton dell’Agenzia
Spaziale Europea (ESA), ha portato a scoperte senza precedenti sugli eventi
energetici generati dai buchi neri supermassicci. I risultati del lavoro
condotto da un team di ricercatrici e ricercatori internazionali, di cui fa
parte anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), è stato pubblicato
oggi sulla rivista Nature Astronomy.
Sebbene i buchi neri supermassicci (con masse di milioni o addirittura
miliardi pari a quella del nostro Sole) siano noti per nascondersi al
centro della maggior parte delle galassie, la loro stessa natura li rende
difficili da individuare e quindi studiare. In contrasto con l’idea
popolare che i buchi neri “divorino” continuamente materia, questi mostri
gravitazionali possono passare lunghi periodi in una fase dormiente. Questo
è stato il caso del buco nero al centro di SDSS1335+0728, soprannominato
Ansky, che per decenni è rimasto inattivo. Nel 2019 qualcosa cambia, quando
gli astronomi osservano un’improvvisa “accensione” della galassia, seguita
da straordinari lampi di raggi X. Questi segnali hanno portato alla
conclusione che il buco nero fosse entrato in una nuova fase attiva,
trasformando la galassia che lo ospita in un nucleo galattico attivo.
Nel febbraio 2024, il team di ricerca guidato da Lorena Hernández-García,
ricercatrice presso l’Università di Valparaiso in Cile, ha iniziato a
osservare i lampi regolari di raggi X provenienti da Ansky. “Questo raro
evento ci permette di osservare il comportamento di un buco nero in tempo
reale, utilizzando i telescopi spaziali XMM-Newton e quelli della NASA
NICER, Chandra e Swift”, spiega. “Questo fenomeno è conosciuto come eruzione
quasi periodica (in inglese Quasiperiodic Eruption, QPE) di breve durata ed
è la prima volta che osserviamo un tale evento in un buco nero che sembra
essersi risvegliato”.
Tali fenomeni sono stati finora associati a piccole stelle od oggetti che
interagiscono con la materia in orbita attorno al buco nero stesso, il
cosiddetto disco di accrescimento, ma nel caso di Ansky, non ci sono prove
che una stella sia stata distrutta. Gli astronomi ipotizzano che i lampi
possano derivare da oggetti più piccoli che disturbano ripetutamente il
materiale del disco di accrescimento, generando potenti shock che liberano
enormi quantità di energia. Ognuna di queste eruzioni sta rilasciando cento
volte più energia rispetto alle eruzioni quasi periodiche tipiche: sono
infatti dieci volte più lunghe e luminose, e con una cadenza mai osservata
prima di circa 4,5 giorni, che mette alla prova i modelli teorici esistenti
sui buchi neri.
Osservare l’evoluzione di Ansky in tempo reale offre agli astronomi
un’opportunità unica per approfondire la comprensione dei buchi neri e
degli eventi energetici che li alimentano. Attualmente, esistono ancora più
modelli che dati sulle eruzioni quasi periodiche, e saranno quindi
necessarie ulteriori osservazioni per comprendere a pieno il fenomeno.
“Nonostante la notevole attività nella banda dei raggi X, Ansky risulta
ancora sopito nella banda radio”, commenta Gabriele Bruni, ricercatore
dell’INAF e co-autore del lavoro pubblicato. “Infatti, né le nostre
osservazioni con il radiotelescopio australiano ATCA, né le campagna
osservativa radio che hanno osservato la sua regione di cielo negli ultimi
anni hanno rilevato emissione dalla sua direzione, escludendo così la
presenza di un getto relativistico prodotto durante la riattivazione del
buco nero. Nei prossimi mesi continueremo a tenere d’occhio Ansky per
scovare la possibile nascita di un getto come già verificato in altri casi
di nuclei galattici attivi riattivati”.
Le eruzioni ripetitive di Ansky potrebbero anche essere associate alle onde
gravitazionali, obiettivo dalla futura missione LISA dell’ESA. L’analisi di
questi dati nei raggi X, insieme agli studi sulle onde gravitazionali,
aiuterà a risolvere il mistero di come i buchi neri massicci evolvono e
interagiscono con l’ambiente circostante.
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Per ulteriori informazioni:
L’articolo “Discovery of extreme Quasi-Periodic Eruptions in a newly
accreting massive black hole”, di Lorena Hernández-García, Joheen
Chakraborty, Paula Sánchez-Sáez, Claudio Ricci, Jorge Cuadra, Barry
McKernan, K.E. Saavik Ford, Arne Rau, Riccardo Arcodia, Patricia Arevalo,
Erin Kara, Zhu Liu,Andrea Merloni, Gabriele Bruni, Adelle Goodwin, Zaven
Arzoumanian, Roberto Assef, Pietro Baldini, Amelia Bayo, Franz Bauer,
Santiago Bernal, Murray Brightman, Gabriela Calistro Rivera, Keith
Gendreau, David Homan, Mirko Krumpe, Paulina Lira, Mary Loli
Martínez-Aldama, Mara Salvato e Belén Sotomayor è stato pubblicato online
sulla rivista Nature Astronomy.