
(AGENPARL) – Thu 10 April 2025 COMUNICATO STAMPA
Resca, Confimprese: «Allarme nel retail: il 51,2% dei lavoratori sta valutando un cambiamento di lavoro»
Turn over elevato fino al 60%, scarse opportunità di crescita professionale, turni irregolari, bassa autonomia, l’arrivo di nuovi paradigmi soprattutto nei giovani legati al work balance e meno alla retribuzione, sono i principali indicatori della disaffezione al posto di lavoro nel retail.
Due gli indicatori chiave: l’engagement è correlato alla soddisfazione intrinseca e all’attaccamento affettivo verso l’organizzazione, mentre la propensione a lasciare l’azienda è legata soprattutto alla qualità della relazione con i capi.
Le aziende sono chiamate a una comunicazione chiara della mission aziendale e a creare percorsi di sviluppo come formazione e avanzamenti interni per trattenere le risorse
Milano, 10 aprile 2025 – Il retail lancia il segnale d’allarme sul fronte del coinvolgimento emotivo dei lavoratori. Il 28,7% dei lavoratori risulta a rischio – in misura più o meno elevata – di disingaggio, mentre oltre la metà degli intervistati pari al 51,2% dichiara di stare prendendo in considerazione l’idea di cambiare organizzazione o addirittura settore professionale. Una parte di questi è già attivamente impegnata nella ricerca di alternative. Le criticità si concentrano in particolare tra i lavoratori con minore esperienza nel settore e con meno di 2 anni die sperienza, suggerendo la necessità di ripensare i percorsi di inserimento e per i nuovi assunti.
Queste le principali evidenze emerse dalla ricerca condotta da Ipsos per Confimprese in collaborazione con Università Bicocca, Università di Parma e Largo Consumo su un campione statisticamente rappresentativo dei lavoratori del comparto retail. Sono state realizzate 900 interviste di cui 265 nella Gdo, 427 settore retail non food e 208 settore della ristorazione commerciale. Il 54% sono quote rose e il 46% uomini in una fascia di età inferiore ai 35 anni fino a 55. Oltre la metà, pari al 58%, ha un diploma superiore, mentre il 34% un titolo universitario. Il 77% ha un contratto a tempo indeterminato, il restante a tempo determinato.
«La situazione nel retail è critica anche nei giovani. Negli ultimi 5 anni ce ne sono 1 milione e mezzo in meno nel mondo del lavoro – spiega Mario Resca, presidente Confimprese –, anche perché nelle giovani generazioni sono cambiati i paradigmi lavorativi, i nuovi driver sono balance, partecipare alla mission dell’azienda e da ultima la retribuzione. Tra le principali cause della scarsa affezione al posto di lavoro vi sono bassa autonomia, turni irregolari, poche opportunità di crescita. Il retail deve rivedere il modello di sviluppo per motivare le risorse, in particolare la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori, che cercano valori coerenti in azienda in cui identificarsi. Dobbiamo creare una solida cultura del retail, che oggi manca, e rapporti più stretti con il mondo della scuola e della formazione professionale».
Spesso, i dipendenti possono sentirsi poco motivati a rimanere a lungo termine a causa di salari non competitivi, mancanza di opportunità di crescita professionale, bassa autonomia o un ambiente di lavoro poco stimolante. Inoltre, il settore retail, che è labour intensive, è noto per avere alti tassi di turnover – oltre il 60% e fino al 75% per i part-time -, poiché molti lavoratori sono impiegati part-time o stagionali. Per migliorare la fidelizzazione, le aziende potrebbero investire in programmi di formazione, riconoscimenti e incentivi, oltre a creare un ambiente di lavoro positivo e inclusivo.
L’analisi ha, inoltre, messo in evidenza connessioni significative tra alcuni aspetti del clima organizzativo e i due indicatori chiave: l’engagement risulta fortemente correlato alla soddisfazione intrinseca, ovvero al contenuto del lavoro svolto, e all’attaccamento affettivo verso l’organizzazione. Al contrario, la propensione a lasciare l’azienda è legata soprattutto alla qualità della relazione con i capi. Questi risultati pongono l’attenzione sulla necessità di rivedere alcuni processi organizzativi, in particolare quelli che riguardano la gestione dei rapporti tra capi e collaboratori, per rafforzare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei lavoratori in un settore sempre più strategico e competitivo.
Del resto, anche i dati Istat rielaborati da Umana parlano chiaro: la difficoltà di reperimento è pari al 31,8% per gli addetti alle vendite e al 47,7% per gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, che sono le professioni più richieste nel mese di marzo 2025. Inoltre, risulta che quasi un’azienda su tre richieda personale nei due settori. Nello specifico, il 17% nella ristorazione e il 13% nel retail. A questo proposito Confimprese ha da poco firmato una partnership con Retail Institute Italy e con la collaborazione di Its Academy Machina Lonati per la formazione di assistant store manager da inserire nel mondo del retail, ristorazione e Gdo, dove mancano oltre 3.500 figure professionali. Il progetto partirà in novembre e prevede l’assunzione di giovani dai 18 ai 29 anni con contratto di apprendistato dal primo giorno di aula e 2 anni di formazione gratuita anche in punto vendita. Il titolo di studio è il diploma tecnico superiore riconosciuto dal Ministero dell’istruzione.
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Laura GaldabiniUfficio Stampa Confimprese