
Per risolvere la crisi abitativa è necessario ridurre la pressione fiscale e tutelare maggiormente i proprietari degli immobili, in modo da rimettere sul mercato quel numero ingente di case – 9,5 milioni – che oggi risultano vuote. È la posizione che ha sostenuto FIMAA-Confcommercio intervenendo questa mattina in audizione di fronte alla Commissione Ambiente della Camera, nell’ambito dell’esame del Ddl Programma nazionale edilizia. Per la Federazione Italiana Mediatori Agenti Affari servono provvedimenti come il dimezzamento dell’IMU per chi loca con un contratto abitativo ordinario, aliquote impositive agevolate per le locazioni di lungo periodo oltre a strumenti di garanzia per coprire eventuali morosità, ed agevolazioni fiscali per i proprietari che locano a categorie svantaggiate. La carenza di case in locazione non è riconducibile agli affitti turistici – ha detto nel corso dell’audizione Vice Presidente Vicario di FIMAA, Maurizio Pezzetta –. Per rendersene conto è sufficiente guardare i dati di Firenze, città simbolo delle locazioni brevi e turistiche: su 177mila abitazioni, quelle locate con contratti di locazione 4+4 sono 38mila, mentre quelle destinate agli affitti brevi sono appena 10mila. Un numero decisamente inferiore alle abitazioni vuote, ben 26mila. Lo stesso succede a Milano, città universitaria per antonomasia: ci sono 180mila case locate a medio-lungo termine, 20.000 affitti turistici e 100.000 case vuote. A livello nazionale l’Istat, ha censito ben 9,5 milioni di case vuote su 35 milioni totali. Quasi una su tre”. Secondo Pezzetta, quindi, “la mancanza di case in locazione non è dovuta agli affitti turistici e nemmeno all’assenza di abitazioni, ma al fatto che molti proprietari preferiscono lasciare vuote le proprie case che non correre il rischio di ritrovarsi con inquilini morosi e dover comunque versare le imposte sui canoni non percepiti, fintanto che non sia stato dichiarato lo sfratto per morosità. In questi casi si devono spesso fronteggiare anche le spese condominiali per evitare rivalse sulla stessa proprietà oltre che dover affrontare percorsi complessi ed onerosi per poter ritornare nella disponibilità del proprio immobile. Tra l’altro, le locazioni ordinarie risultano poco redditizie a causa di una pressione fiscale eccessiva, e poco flessibili perché la durata dei contratti è troppo rigida e lunga. Ed è su questi aspetti che occorre intervenire con una regolamentazione in materia più attuale e idonea, che risponda alle esigenze del settore e degli stessi proprietari per motivarli a locare con contratti residenziali ordinari”. La Federazione ha quindi proposto un pacchetto di misure. In primo luogo occorre intervenire sulla pressione fiscale, riducendo del 50% l’IMU per chi loca con un contratto abitativo ordinario. Un modo per favorire la maggiore offerta di alloggi a prezzi accessibili. Prevedere un’aliquota agevolata per le locazioni di lungo periodo, al fine di contrastare la volatilità del mercato e favorire soluzioni abitative più stabili. E ancora, riconoscere agevolazioni fiscali a chi loca a categorie svantaggiate, come studenti, giovani lavoratori e famiglie meno abbienti. Secondo FIMAA, inoltre, bisogna introdurre una serie di misure per tutelare i proprietari che decidono di locare i propri immobili. Il contratto di locazione, ad esempio, deve essere riconosciuto come titolo esecutivo, nei casi di inquilini morosi permettendo così al proprietario di rientrare più facilmente nella disponibilità dell’immobile. È necessaria l’adozione di strumenti di garanzia per coprire eventuali morosità, come fondi di compensazione pubblici o agevolazioni assicurative che riducano il rischio di mancati pagamenti. E ancora, è fondamentale esentare dal pagamento dell’IMU e delle imposte sui canoni non percepiti nei casi in cui l’inquilino sia moroso, per non colpire ulteriormente i proprietari già penalizzati dalla mancata riscossione dei canoni. Un ulteriore deterrente ai mancati versamenti dei canoni locatizi potrebbe essere la creazione di una banca dati delle morosità (un metodo già adottato dal settore del credito con la segnalazione al CRIF) per avere evidenza del “merito locativo” del conduttore, e poter verificare prima di concedere in locazione le proprie unità. Nel corso dell’audizione, la FIMAA-Confcommercio ha anche caldeggiato una serie di interventi per favorire la rigenerazione urbana. “Interventi di demolizione e ricostruzione – ha spiegato ancora Pezzetta –, supportati da un’attenta pianificazione urbanistica per un rinnovamento del tessuto edilizio, contribuendo alla sostenibilità, alla valorizzazione e alla sicurezza del territorio, rappresentano un modo per riconvertire e riqualificare gli immobili secondo le attuali esigenze espresse dal mercato immobiliare, favorendo i cambi di destinazione d’uso in abitazioni, e rispettando i principi previsti per l’abitabilità. La stessa reintroduzione della cedolare secca al 21% per le locazioni commerciali e per gli uffici e studi privati sarebbe un intervento opportuno per contrastare il preoccupante declino del commercio locale e la quasi totale scomparsa delle attività artigianali” ha spiegato ancora il Vice Presidente Vicario di FIMAA. “La Federazione – ha detto il Presidente di FIMAA, Santino Taverna – condivide gli obiettivi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio che l’Ue ha fissato con la direttiva Case Green. Ma questi obiettivi devono essere compatibili con le esigenze e le possibilità dei cittadini. I proprietari immobiliari devono essere supportati economicamente o quantomeno facilitati nell’accesso al credito, per potersi adeguare alle disposizioni della direttiva”. Oltre al testo unico sugli incentivi, la Federazione chiede di rendere permanente l’agevolazione fiscale in materia di efficientamento energetico e di prevedere un meccanismo di cessione del credito o di sconto in fattura per le operazioni di riqualificazione edilizia e sismica. “In questo ambito – ha concluso Taverna – è fondamentale rispettare il legittimo affidamento del contribuente, che rappresenta il principio fondamentale in uno Stato democratico, stabilendo un quadro normativo che non sia soggetto a modifiche continue che vadano ad incidere retroattivamente, sulle scelte fatte in buona fede di cittadini e contribuenti, danneggiandoli poi economicamente”.