
Molto apprezzata la pièce di Alberto Bassetti
Una grande Anna Karenina al Teatro Vittoria Colonna di Marino che domenica scorsa ha conquistato il pubblico, un pubblico attento, appassionato. Le donne, la passione, ma qui siamo andati oltre. Tolstoj ci rende partecipi di uno straordinario viaggio introspettivo.
Ne abbiamo parlato con i protagonisti: gli attori Maddalena Rizzi, Bruno Governale, Biagio Iacovielli e Alioscia Viccaro.
Una riflessione: non ho visto una interpretazione di Anna Karenina, ma ho visto molto di più, perché voi avete la grande capacità di interpretare una nuova Anna Karenina, opera di Alberto Bassetti. Qui abbiamo un Tolstoj vivo, presente, contemporaneo. Tanto è vero che questo spettacolo è il tempo che scorre lento: è sempre presente in ogni sua sfaccettatura: il presente, il passato e il futuro. Ma anche la scenografia ha tre porte da dove si entra e si esce. Una scenografia molto sintetica e di forte impatto. Una grande capacità di Filippo D’Alessio di mettere in scena la rivisitazione di un Tolstoj che vive. Con una Anna Karenina che dice “Sì sta scrivendo di me, volete farne parte?”. Quindi non parliamo di un passato ma di un presente.
“Sono due linee di presente perché c’è anche il racconto del conte di Evin che è riportato nel libro, c’è questa doppia storia, questa doppia vicenda amorosa che si svolge in maniera diversa”.
Anna Karenina: donna, moglie e madre. Noi dobbiamo stare attenti a non cader mai. Lei ha due figli. Il primo lo ama più della sua stessa vita. Ma il secondo? L‘amava ma non come l’altro figlio, sicuramente frutto di un amore diverso. Lo chiedo a te Maddalena perché tu sei anche madre.
“Nel romanzo la piccola sparisce, quindi Tolstoj la dimentica. Io credo che sia per non darle troppa importanza, perché Anna aveva preso il sopravvento nel romanzo. Tutti volevano questa Anna e quindi lui continua a scrivere di lei. Il figlio a un certo punto sparisce. Per quel che riguarda me io credo che come tutte le cose tormentate ci tieni di più. Il primo figlio che lei non può avere, perché se lo tiene il marito, in qualche modo è il figlio più desiderato, agognato, più amato. La seconda è sua, del suo amore, è come se già avesse. Io di figlie ne ho una sola. Ma se ne avessi due, uno da un matrimonio ed una dall’altro, probabilmente il senso di colpa verso il primo mi porterebbe ad amarlo di più, sai i meccanismi umani sono strani. Se non altro a dargli più attenzioni. Credo sia una questione di amore Lei il tuo amore ce l’ha già, l’altro figlio, invece, rimane abbandonato perché io non posso stare con lui. E quindi in quando figlio abbandonato è più amato”.
L’ultima domanda la faccio a te che sei Tolstoj. Che è vivo in questa commedia. Una commedia toccante, appassionata, dove c’è suspence un tempo che scorre lentamente. Ma c’è anche una forte nota rappresentata dagli animali. Qui parliamo di un contadino non del 1829 quando nacque Tolstoj, ma di un contadino moderno.
“Tolstoj ha messo nel conte Evin tutta la sua filosofia politica che era una sorta di socialismo primordiale moderna perchè vedeva nei lavoratori della terra sfruttati una dimensione etica del lavoro, comunque distinta, però non voleva sfruttarli fino a farli morire. Molto moderno anche nella concezione filosofica e politica”.



Ph. Giampiero Rinaldi