
Il governo britannico ha annunciato che circa un decimo dei terreni agricoli in Inghilterra dovrà essere “rinaturalizzato” entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Verde. Secondo il “quadro di utilizzo del territorio”, circa 760.000 ettari di terreni agricoli dovranno essere destinati a scopi ambientali e climatici, riducendo così la produzione alimentare nazionale.
Questa decisione, riportata dal Financial Times, potrebbe rendere il Regno Unito ancora più dipendente dalle importazioni straniere, dato che già attualmente circa il 40% del fabbisogno alimentare proviene dall’estero.
Meno produzione agricola, più tecnologia?
Il rapporto afferma che la perdita di terreni agricoli potrebbe essere compensata dall’uso di nuove tecnologie e pratiche agricole sostenibili per aumentare la resa. Tuttavia, circa un ulteriore 9% delle terre agricole sarà sottoposto a restrizioni per adottare metodi “sostenibili”, riducendo ancora la capacità produttiva.
Il Segretario all’Ambiente Steve Reed ha cercato di rassicurare gli agricoltori dichiarando che il principale obiettivo dell’agricoltura rimarrà la produzione di cibo, ma ha anche sottolineato la necessità di bilanciare il settore con la tutela ambientale.
Critiche e preoccupazioni nel settore agricolo
Le reazioni nel settore agricolo non si sono fatte attendere. Victoria Vyvyan, presidente della Country Land and Business Association, ha avvertito che questa politica potrebbe portare a un controllo eccessivo da parte dello Stato sulle attività agricole:
“Ogni volta che lo Stato si intromette, la sua tendenza è quella di diventare sempre più prescrittivo. Oggi, il quadro potrebbe essere superficiale, ma domani non lo sarà più.”
Il presidente della National Farmers Union (NFU), Tom Bradshaw, ha sottolineato che la riduzione dei terreni agricoli potrebbe compromettere la sicurezza alimentare della nazione e ha chiesto maggiore chiarezza nelle decisioni del governo:
“È fondamentale che questo quadro non limiti ulteriormente la capacità degli agricoltori di produrre cibo per la nazione. Abbiamo bisogno di trasparenza e di un governo disposto ad ascoltare.”
Bradshaw ha inoltre chiesto di stabilire obiettivi per la produzione alimentare nazionale, in modo simile agli obiettivi climatici, e di garantire che gli agricoltori britannici non debbano competere con importazioni prodotte secondo standard meno rigidi.
Crisi agricola e tensioni in aumento
Questa nuova politica arriva in un momento di difficoltà per l’agricoltura britannica, con costi in aumento a causa dell’inflazione, dei rincari energetici e delle condizioni meteorologiche estreme. Inoltre, le nuove norme fiscali previste dal governo laburista, tra cui l’eliminazione delle esenzioni fiscali sulle successioni per le aziende agricole, potrebbero costringere molte famiglie a vendere parte delle proprie terre per pagare le tasse.
Le proteste degli agricoltori britannici si inseriscono in un più ampio movimento europeo di resistenza alle politiche ambientali imposte dall’alto. Nei Paesi Bassi, ad esempio, il governo ha tentato di chiudere il 30% dei terreni agricoli per ridurre le emissioni di azoto, provocando proteste di massa e la successiva ascesa politica del partito pro-agricoltura BBB.
Il dibattito nel Regno Unito è quindi destinato a intensificarsi nei prossimi mesi, mentre gli agricoltori cercano di difendere il proprio ruolo nella sicurezza alimentare della nazione contro le pressioni dell’Agenda Verde.