
(AGENPARL) – ven 17 gennaio 2025 APPENNINO | Un approccio innovativo allo studio dei sedimenti
consente di ricostruire l’evoluzione della catena montuosa
Uno studio recentemente pubblicato su Tectonics e condotto dall’INGV e dalle Università
Sapienza e Roma Tre ha evidenziato un nuovo potenziale indicatore basato sulle
caratteristiche geometriche delle particelle che costituiscono le rocce. Il modello
consentirà di definire con maggiore precisione l’età e le trasformazioni geologiche dei
bacini sedimentari
[Roma, 17 gennaio 2025]
Una collaborazione tra ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(INGV), della Sapienza Università di Roma e dell’Università Roma Tre ha permesso
di sviluppare un modello innovativo per ricostruire l’evoluzione delle catene
montuose.
È quanto emerge dallo studio “Magnetic fabric as a marker of thermal maturity in
sedimentary basins: A new approach for reconstructing the tectono?thermal evolution of
fold?and? thrust?belts”, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica ‘Tectonics’.
Per stabilire l’età e le trasformazioni delle catene montuose, i geo-scienziati prendono
in esame la maturità termica dei sedimenti, ovvero il riscaldamento cui le rocce e in
particolare alcuni indicatori in esse presenti – come i minerali delle argille e i frustoli di
legno – sono stati sottoposti nel tempo geologico.
“La maturità termica dei sedimenti riflette il grado di evoluzione della materia
organica e le trasformazioni dei minerali argillosi durante la diagenesi da
seppellimento”, spiega Chiara Caricchi, ricercatrice dell’INGV e prima autrice
dell’articolo. “Tale maturità termica è influenzata da fattori come temperatura e tempo,
ed è un concetto fondamentale per comprendere la formazione di risorse
energetiche come il petrolio e il gas naturale”.
La diagenesi è un processo geologico che coinvolge i cambiamenti chimici, fisici e
biologici che i sedimenti subiscono dopo la loro deposizione e prima della loro
litificazione, ovvero la loro trasformazione in roccia. Questo processo avviene a
temperature relativamente basse (fino a circa 200 °C) e a pressioni moderate (2-3 bar),
e può durare milioni di anni.
L’affidabilità di una ricostruzione dell’evoluzione delle catene montuose dipende dal
numero di indicatori termici utilizzabili, che non sono sempre disponibili.
I ricercatori di INGV, Sapienza e Roma Tre hanno individuato un nuovo potenziale
indicatore basato sulle caratteristiche geometriche delle particelle che costituiscono
una roccia e le loro relazioni di orientamento reciproco. Queste informazioni si
ottengono a partire da una proprietà, la cosiddetta “anisotropia della suscettibilità
magnetica” (AMS), che si riferisce alla tendenza dei minerali a predisporsi
prevalentemente in piani perpendicolari alla direzione di deposizione e successiva
compattazione dei sedimenti. Un processo che avviene quando i sedimenti vengono
progressivamente ricoperti da altri depositi più recenti e poi portati in profondità nella
crosta, dove sono soggetti a temperature e pressioni crescenti, per poi riemergere in
superficie durante la formazione delle catene montuose.
“Le nostre analisi si prefiggono di rispondere alla domanda ‘Fino a che profondità sono
stati sepolti i sedimenti analizzati prima di essere riportati in superficie dalla formazione
degli Appennini?’, ovvero ‘A quali massime temperature sono stati sottoposti?”, spiega
Leonardo Sagnotti, ricercatore dell’INGV e co-autore dell’articolo. “L’AMS è una
proprietà che si misura nei laboratori di paleomagnetismo con strumentazione dedicata e
che mette in relazione la variabilità della suscettività magnetica con la direzione in cui
essa viene misurata, che dipende – a sua volta – dall’orientazione preferenziale dei minerali
che costituiscono il sedimento”.
“Il nostro studio si è concentrato nell’Appennino settentrionale, in un’area compresa tra
Umbria e Toscana, dove abbiamo prelevato campioni di sedimenti tra loro coerenti per le
analisi di AMS e diffrazione a raggi X”, aggiunge Luca Aldega, ricercatore di Sapienza
Università Sapienza di Roma e co-autore dell’articolo. “I dati delle analisi indicano che
l’AMS di questi sedimenti argillosi può essere messa in diretta correlazione con i
processi di deposizione e compattazione, come suggeriscono gli indicatori di
maturità termica, riflettendo così l’evoluzione dei sedimenti durante il
seppellimento sedimentario e/o tettonico”.
“Questa osservazione ci ha permesso di calibrare un modello basato su una correlazione
lineare tra il parametro AMS e gli indicatori paleotermici che può essere applicato
con successo per definire i livelli di maturità termica nei bacini sedimentari,
superando le limitazioni dei metodi classici e vincolando su scala temporale le condizioni
di diagenesi delle successioni sedimentarie”, evidenzia Massimo Mattei, ricercatore
dell’Università Roma Tre e co-autore dell’articolo.
Ulteriori ricerche future in questa direzione potranno essere utili per migliorare la
definizione della correlazione in caso di stadi di maturità termica avanzata e in
successioni sedimentarie altamente deformate.
Link all’articolo
Link utili:
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Sapienza Università di Roma
Università Roma Tre
Seguono immagini
Figura 1: a) Esempio di depositi analizzati nello studio; b) campionamento per analisi della
mineralogia delle argille; c) frustoli legnosi; d) campionamento per analisi di anisotropia della
suscettivita? magnetica.
Figura 2: Correlazione tra Foliazione (parametro AMS) e gli indicatori paleotermici che puo?
essere applicato per de?inire i livelli di maturita? termica nei bacini sedimentari.