
Lo Stato ha bisogno della Massoneria e la Massoneria ha bisogno dello Stato: un matrimonio biunivoco, celebrato in pompa magna nel Risorgimento e perpetuato durante la nascita dell’Italia. Da allora, questo legame, a tratti invisibile, a tratti fin troppo evidente, ha attraversato guerre, ricostruzioni e fasi alterne di gloria e declino. Ma oggi, guardandosi indietro, viene spontaneo chiedersi: cosa ne è rimasto di quel sodalizio epico?
Chi non ricorda il ruolo epico della Massoneria dopo la Seconda guerra mondiale? Quando Franklin Delano Roosevelt, massone, guidava la coalizione alleata contro il nazismo, e Harry Truman, suo successore e fratello di grembiulino, organizzava una spedizione diplomatica in Europa per verificare le condizioni delle logge devastate. Da quella missione, degna di un film d’avventura, nacque il Piano Marshall, un colpo di genio che risollevò il Vecchio Continente dalle macerie. Winston Churchill lo definì “l’atto più disinteressato della Storia”. Certo, non mancò un pizzico di sano interesse geopolitico, ma bisogna riconoscere che allora, almeno, si giocava per la grandezza.
Oggi, invece, lo scenario è un po’ diverso. La Massoneria italiana, a quanto pare, sembra essersi ridotta a una partita di scacchi condominiali. Al posto di piani di ricostruzione globale, si parla di amministratori pseudo-condominiali (sì, pseudo: nemmeno iscritti all’albo!) che gestiscono immobili che potrebbe essere già sotto la lente di ingrandimento della Guardia di Finanza. Niente più George Marshall e delegazioni transatlantiche: ora il grande sogno si è ridotto alla gestione immobiliare, bilanci traballanti e a conti correnti “bloccati” a San Marino.
Con 23 milioni di euro a disposizione, si potrebbero fare tante cose: comprare distributori di benzina, magari costruire un paio di logge ultra-moderne o, perché no, godersi una pensione dorata a Dubai. Ma il problema, oggi, non è il denaro. È il fetore. Sì, proprio così: lo stantio odore della Massoneria moderna, chiusa nelle sue stanze polverose, un tempo piene di idee e ideali, e ora saturate di ambizioni di piccolo cabotaggio.
E allora, cara Massoneria, è tempo di fare un gesto coraggioso: aprire – no, spalancare – quelle finestre. Lasciare che entri un po’ d’aria fresca, buttare via quel vecchiume che ti trattiene, e ritornare a sognare. I tuoi padri fondatori non hanno costruito un sistema per ritrovarsi qui, a fare i conti con le gestioni immobiliari. Hanno sognato un’istituzione che fosse il faro di un nuovo umanesimo, un’idea più alta, un Paese più giusto.
Le istituzioni preposte dovrebbero intervenire al più presto. Non si può permettere che un’istituzione così importante per il tessuto storico e culturale del Paese scivoli nel ridicolo. L’uomo viene ucciso più dal cibo che dalla spada, ma le istituzioni vengono uccise dal ridicolo. E quando il ridicolo prende il sopravvento, non c’è Piano Marshall che possa salvarle.
La Massoneria italiana può ancora salvarsi, ma serve un risveglio. Basta con gli incubi del presente: ridiamo spazio ai sogni di allora. Non sarà facile, ma, come insegnano i padri americani, ogni grande impresa parte da un’idea ambiziosa e un po’ di coraggio. E magari, la prossima volta che si sentirà parlare della Massoneria, sarà per un nuovo Piano Marshall, non per l’ennesima storia di amministratori condominiali e conti a San Marino.