(AGENPARL) – ven 29 novembre 2024 3 dicembre 2024 – Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità
La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità
commentata e pubblicata online da CBM Italia
Il direttore Massimo Maggio: “La Convenzione è la nostra fonte di ispirazione in ogni progetto, per costruire una cultura dell’inclusione”
Una versione commentata della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, messa a disposizione di tutti gratuitamente, per avvicinare ogni persona, con e senza disabilità, alla conoscenza e alla comprensione dei princìpi rivoluzionari contenuti in questo documento, punto di riferimento per promuovere e proteggere i diritti umani.
È questo l’impegno di CBM Italia per il 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: sul sito cbmitalia.org è possibile scaricare la pubblicazione di 100 pagine in cui trovare il testo integrale della Convenzione e il commento ai principali articoli, gli stessi che ispirano il lavoro di CBM: il rispetto dei diritti delle persone con disabilità, la loro partecipazione a ogni ambito della vita, l’accesso alla salute, all’educazione e al lavoro.
La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità è stata adottata dalle Nazioni Unite nel 2006, in Italia ratificata nel 2009. È il primo trattato internazionale legalmente vincolante che stabilisce gli obblighi degli Stati aderenti nel promuovere e proteggere i diritti fondamentali delle persone con disabilità.
I primi 30 articoli individuano questi diritti, che sono gli stessi delle persone senza disabilità ma che non sempre sono garantiti: uguaglianza, sicurezza, formazione, occupazione, non discriminazione, partecipazione, accessibilità e libertà. Gli articoli dal 31 al 50 riguardano l’applicazione dei principi e gli obblighi degli Stati che l’hanno adottata.
Perché è importante diffondere la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità?
Per far rispettare i diritti umani e promuovere l’inclusione sociale delle persone con disabilità; combattere la discriminazione; orientare i governi nel rispetto dei diritti; promuovere una cooperazione internazionale inclusiva.
“CBM Italia lavora nel mondo e in Italia con progetti ispirati dalla Convenzione – commenta Massimo Maggio, direttore di CBM Italia -“Il 3 dicembre dello scorso anno abbiamo diffuso i dati della nostra ricerca che indagava per la prima volta in Italia il legame tra condizione di disabilità e impoverimento economico e culturale: è emerso che le famiglie di persone con disabilità vivono isolate perché non ricevono supporti adeguati ma anche perché spesso non conoscono né sono consapevoli dei propri diritti e opportunità. È questo un isolamento causato dunque dalla mancanza di attenzione alle loro necessità e allo stigma. Per questo è necessario diffondere una maggiore consapevolezza sui bisogni, i diritti e le risorse delle persone con disabilità, promuovendo una cultura dell’inclusione. Nasce da qui la nostra proposta di rendere disponibile a tutti una versione commentata della Convenzione”.
Una strada da percorrere che emerge in modo chiaro nell’articolo 8, “Accrescimento della consapevolezza”, come via maestra per abbattere stereotipi e pregiudizi.
Gli Stati che ratificano la Convenzione sono, infatti, tenuti ad adottare misure di sensibilizzazione sulla situazione delle persone con disabilità promuovendo le loro capacità e i loro contributi, abbattendo ogni stereotipo (ovvero l’idea semplificata che si ha di qualcuno in base alla sua appartenenza a un gruppo, come per esempio pensare che una donna con disabilità non possa ricoprire altri ruoli, come quello di madre) e ogni pregiudizio (il falso giudizio che viene dato a qualcuno su basi preconcette e senza conoscerlo).
Nel commento all’articolo 1 – promuovere, proteggere e garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le forme di libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità – si mette in luce il cambio di paradigma promosso dalla Convenzione nell’approccio alla disabilità, che abbandona la dimensione dell’assistenzialismo in favore di quella dei diritti umani. Vengono spiegati i diversi approcci alla disabilità: quello caritatevole e quello medico non considerano le persone con disabilità titolari di diritti, ma soggetti destinatari di assistenza e incapaci di decidere. Invece nell’approccio sociale e in quello basato sui diritti umani, la disabilità non è più vista come una questione individuale, ma valutata come combinazione tra la condizione personale dell’individuo (che per esempio può avere una disabilità motoria o visiva) e le circostanze in cui vive (se deve affrontare per esempio atteggiamenti discriminatori o edifici inaccessibili). Una combinazione questa che influenza la partecipazione della persona nella società, quindi la disabilità è un’esperienza umana che tutti possono sperimentare.
Non discriminazione è la chiave dell’articolo 5, dove vengono spiegati i concetti di uguaglianza ed equità. Ma è la giustizia sociale che affronta davvero il problema alla radice: gli stessi diritti e opportunità devono essere garantiti per tutti, indipendentemente dalle loro caratteristiche e condizioni, solo così si eliminano le barriere, che sono sia fisiche sia comportamentali.
L’articolo 6 è dedicato alle donne con disabilità, a rischio di ulteriore discriminazione a causa della razza, orientamento sessuale e classe sociale.
Lo stesso può capitare ai minori, per cui l’articolo 7 ricorda che la “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” sancisce il principio del superiore interesse del minore che va tenuto presente in tutte le decisioni che lo riguardano, sia nella sfera pubblica che privata. Nel minore con disabilità questo principio è prioritario nelle decisioni che riguardano, tra le altre cose, le cure, l’istruzione e la partecipazione sociale. L’ascolto del minore deve diventare, quindi, prioritario.
La vita indipendente è raccontata nell’articolo 19: con essa non si intende banalmente che la persona con disabilità viva da sola, ma significa libertà di scelta e rispetto dell’autonomia personale, come per esempio avere accesso all’istruzione e ai trasporti, scegliere l’abbigliamento e l’alimentazione, tessere relazioni personali e avviare un lavoro dignitoso.
Che il sistema educativo si debba adattare agli studenti con disabilità, e non il contrario, è spiegato nell’articolo 24 attraverso il diritto all’educazione inclusiva, un’evoluzione del diritto all’educazione contenuto nella Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 che sancisce che ogni studente deve ricevere le stesse opportunità di apprendimento, senza discriminazione.
I dati sulla disabilità emergono nel commento all’articolo 32: in Italia sono quasi 13 milioni le persone con disabilità, cioè il 22% della popolazione (più di 1 su 5); in Europa sono 87 milioni; nel mondo 1,3 miliardi (una persona su 6), concentrati per l’80% nei Paesi in via di sviluppo. Qui la grave povertà non permette l’accesso al cibo e alle cure, con il rischio dunque di sviluppare disabilità; e viceversa le persone con disabilità non hanno spesso accesso alla scuola e al lavoro, versando quindi in condizioni di povertà. Un circolo vizioso tra povertà e disabilità che la cooperazione internazionale può aiutare a spezzare, realizzando invece uno sviluppo sostenibile.
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