In Italia, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura sono garantite dalla Costituzione, frutto di una storia che ha conosciuto la mancanza di separazione dei poteri e il pericolo di influenza indebite. Questa indipendenza è cruciale non solo per garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma anche per resistere a ogni tipo di pressione esterna, specialmente di natura politica. Tuttavia, negli anni, diverse riforme dell’ordinamento giudiziario — da quelle di Mastella fino a quelle di Cartabia e Nordio — hanno modificato il profilo del magistrato, aumentando la burocratizzazione e, secondo alcuni, riducendo la sua resistenza alle pressioni. Alcuni osservatori ritengono che ciò abbia reso la magistratura più vulnerabile all’influenza politica, alimentando il rischio di un controllo indiretto sui magistrati da parte della politica. L’indipendenza della magistratura rimane dunque una pietra angolare dello stato di diritto, senza la quale sarebbe impossibile portare avanti con trasparenza le indagini su casi che hanno segnato la storia democratica del Paese.
Di fronte a questa complessità, viene da chiedersi quale sia la percezione di chi ha attraversato tanto l’esperienza della magistratura quanto quella della politica.
Domanda. “Lei ha avuto un percorso unico, passando da magistrato a sindaco, quindi conoscendo entrambe le realtà dall’interno. Quanto ritiene che l’indipendenza della magistratura sia davvero garantita in Italia, e quanto invece le pressioni politiche influenzano sulle decisioni giudiziarie?“
Luigi De Magistris. L’indipendenza e l’autonomia della magistratura sono garantite in maniera ottimale dalla Costituzione che nasce dalla resistenza ad un regime in cui non esisteva, se non sulla carta, la separazione dei poteri. L’indipendenza serve per garantire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e per reggere ad ogni forma di pressione. Ma non sempre i magistrati rimangono insensibili alle pressioni e quindi il rischio di influenza sulle decisioni giudiziarie esiste. E le riforme dell’ordinamento giudiziario negli anni – Mastella, Cartabia e Nordio – hanno reso la magistratura sempre più permeabile alle pressioni perché hanno disegnato sempre di più un magistrato burocrate attento per capirci più alla forma che alla sostanza. Ecco perché la politica vuole eliminare o comunque affievolire l’indipendenza in modo tale da controllare i magistrati onesti, liberi, bravi e coraggiosi. Senza indipendenza della magistratura non esiste lo stato di diritto. Senza magistrati autonomi e indipendenti non si potrà mai più continuare a cercare verità e giustizia sulla strategia della tensione che ha condizionato la nostra democrazia dal dopoguerra.
Domanda. “Quali crede siano i principali ostacoli per un rapporto sano tra magistratura e politica? Secondo lei, esistono riforme concrete che potrebbero migliorare la fiducia reciproca senza compromettere la necessaria autonomia di entrambi i poteri?”
Luigi De Magistris. Il rapporto sano si dovrebbe fondare sulla separazione dei poteri e la responsabilità è spesso della politica che attacca la magistratura, in particolare quei magistrati che sono maggiormente ossequiosi proprio alla Costituzione. Pezzi della magistratura associata hanno sbagliato a far scivolare sempre maggiormente le correnti di magistrati verso forme quasi partitiche in cui è prevalsa una logica di appartenenza rispetto ai valori di autonomia e indipendenza. In questo momento la migliore riforma è non toccare la Costituzione ed operare insieme per rendere la giustizia più giusta, efficace, efficiente, certa, umana. È quello che chiedono in definitiva i cittadini. Sempre di più invece si va verso una giustizia forte con i deboli e debole con i forti.
Domanda. “La politicizzazione delle inchieste giudiziarie è un fenomeno spesso denunciato da entrambi i lati. Pensa che i magistrati abbiano gli strumenti per evitare di essere strumentalizzati o politicizzati? E cosa potrebbe fare la politica per evitare di interferire nelle vicende giudiziarie?”
Luigi De Magistris. I magistrati debbono essere ed apparire indipendenti, mantenere la giusta riservatezza, calarsi certamente nelle dinamiche sociali, ma stare ben lontani dai salotti delle contiguità opache. Debbono affrontare con più forza una questione morale interna troppo spesso ignorata e sottovalutata. La contiguità con la politica non aiuta la magistratura che deve dialogare ma non essere contigua al potere. Il potere va controllato non blandito. La politica deve fare la politica seria e quindi attuare la Costituzione e non tradirla. La politica fa bene a rivendicare la propria autonomia quando viene compromessa. Non può certo la magistratura condizionare gli indirizzi politici. La politica autorevole e onesta non deve poi temere la magistratura anche quando sbaglia e capita che sbaglia. Cancellare, ad esempio, l’abuso d’ufficio significa garantire l’impunità del potere, anche l’impunità della stessa magistratura quando capita che abusa. Sono stato magistrato e sindaco ed ho conosciuto sia gli attacchi eversivi del potere politico alla magistratura che gli abusi della magistratura. I primi attentano anche alla democrazia, i secondo sono colpe o condotte criminali che vanno perseguite, ma non sono un disegno strategico che mira all’impunità del potere.