(AGENPARL) – gio 07 novembre 2024 Firenze, 7 novembre 2024
*Comunicato stampa*
*Le prove del DNA riscrivono la storia delle persone sepolte*
*nell’eruzione vulcanica dell’antica Pompei*
*Su Current Biology ricerca dell’Università di Firenze, dell’Università di
Harvard *
*e del Parco Archeologico di Pompei*
Nel 79 d.C., il Vesuvio produsse una delle maggiori eruzioni della sua
storia seppellendo la città romana di Pompei e i suoi abitanti sotto uno
spesso deposito formato da lapilli e ceneri. Molti Pompeiani furono uccisi
dal crollo dei tetti dovuto al carico dei lapilli che cadevano da decine di
chilometri d’altezza mentre altri, sopravvissuti a questa prima fase,
trovarono la morte a causa dai flussi piroclastici che avvolsero e
inglobarono i corpi in un compatto deposito di cenere, preservandone le
fattezze.
Lo studio dell’antico DNA estratto dai resti ossei, intrappolati nei famosi
calchi realizzati colando il gesso all’interno dei vuoti lasciati da quei
corpi, cambia la storia scritta a partire dalla riscoperta della città nel
1748. In una ricerca internazionale pubblicata su *Current Biology*,
guidata dall’*Università di Firenze*, dall’*Università di Harvard*, dal *Max
Planck Institute* di Lipsia, su istanza scientifica del *Parco Archeologico
di Pompei*, le prove del DNA mostrano che i sessi e le relazioni familiari
degli individui non corrispondono alle interpretazioni tradizionali che
erano state formulate (“Ancient DNA Challenges Prevailing Interpretations
Il team ha estratto il DNA dai resti scheletrici, assai frammentati e
mescolati al gesso, traendolo da 14 degli 86 calchi che erano all’epoca in
fase di restauro. Questo metodo ha permesso di determinare con precisione
le relazioni genetiche, il sesso e l’ascendenza. E ciò che è stato scoperto
è in gran parte in contrasto con le ipotesi basate esclusivamente
sull’aspetto fisico e il posizionamento dei calchi.
*“Questo studio* – ha affermato *David Caramelli*, docente di
Antropologia *all’Università
di Firenze* – *dimostra quanto l’analisi genetica possa arricchire
notevolmente narrazioni elaborate sulla base di dati archeologici. Queste
scoperte sfidano interpretazioni di lunga data, come l’associazione dei
gioielli alla femminilità o l’interpretazione della vicinanza fisica come
indicatore di relazioni biologiche. Ugualmente* – continua Caramelli -*, i
dati genetici complicano le semplici narrazioni di parentela: nella Casa
del Bracciale d’Oro, che è l’unico sito per il quale abbiamo dati genetici
di più individui, i quattro individui comunemente interpretati come
genitori e i loro due figli, in realtà non sono geneticamente imparentati”.*
*”I dati scientifici che forniamo non sempre sono in linea con le ipotesi
comuni”,* ha spiegato *David Reich* dell’*Università di Harvard*. *”Un
esempio degno di nota è la scoperta che un adulto che indossava un
braccialetto d’oro e il bambino che teneva in braccio, tradizionalmente
interpretati come madre e figlio, sono risultati essere un maschio adulto e
un bambino non imparentati. Allo stesso modo, una coppia di individui che
si pensava fossero sorelle, o madre e figlia, in realtà include almeno un
maschio genetico. Queste scoperte sfidano le ipotesi tradizionali”.*
I dati genetici hanno offerto anche informazioni sull’ascendenza dei
pompeiani, che avevano background genomici diversi. La scoperta che essi
discendevano principalmente da recenti immigrati dal Mediterraneo orientale
evidenzia la natura cosmopolita dell’Impero romano.
*”I nostri risultati hanno implicazioni significative per l’interpretazione
dei dati archeologici e la comprensione delle società antiche”,* ha
affermato *Alissa Mittnik*, del *Max Planck di Lipsia*. *”Evidenziano
l’importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche
e storiche per evitare interpretazioni errate basate su ipotesi moderne.
Questo studio sottolinea anche la natura diversificata e cosmopolita della
popolazione di Pompei, che riflette modelli più ampi di mobilità e scambio
culturale nell’Impero romano”.*
* “Inoltre* – ha aggiunto *David Caramelli* *-, è possibile che lo
sfruttamento dei calchi come veicoli per la narrazione abbia portato alla
manipolazione delle loro pose e del loro posizionamento da parte dei
restauratori in passato. I dati genetici, insieme ad altri approcci
bioarcheologici, offrono l’opportunità di approfondire la nostra
comprensione delle vite e dei comportamenti delle persone che furono
vittime dell’eruzione del Vesuvio”.*
Il *Direttore del Parco di Pompei*, *Gabriel Zuchtriegel*, afferma *“le
analisi del DNA antico sono ormai da anni parte dei protocolli di studio
del Parco di Pompei, e non solo per quello che riguarda le vittime umane:
altre linee di ricerca riguardano, ad esempio, le vittime animali. Allo
stesso modo, il Parco, attraverso il laboratorio di ricerche interno,
coordina una serie di progetti di ricerca relativi alle analisi isotopiche,
alla diagnostica, alla geologia e alla vulcanologia, e non ultima la
reverse engineering…*
*Tutto questo contribuisce a una visione più completa e moderna
dell’interpretazione dei ritrovamenti archeologici, e non solo: Pompei si
trasforma in un vero e proprio laboratorio per la creazione di nuove
metodologie, nuove risorse e confronti scientifici. In quest’ottica, questo
studio si configura come un tassello di un vero e proprio ribaltamento di
prospettiva, in cui il sito stesso si pone al servizio dell’archeologia e
della ricerca.”*
Nelle foto allegate:
Fig.1: gruppo di calchi da Casa del Bracciale d’Oro. calchi n. 50-51-52,
data di creazione 1974 *(**per gentile concessione del Parco archeologico
di Pompei)*
Fig.2: calchi n.21 e 22 da Casa del Criptoportico, data di creazione 1914
*(**per gentile concessione del Parco archeologico di Pompei)*
Fig.3: calco n. 25 da Villa dei Misteri, data di creazione 1929 *(**per
gentile concessione del Parco archeologico di Pompei)*
Fig. 4: David Caramelli, docente di Antropologia all’Università di Firenze
Ufficio stampa
Unità funzionale comunicazione esterna
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