(AGENPARL) – mar 05 novembre 2024 Commissioni riunite
V della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
e 5 del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio)
Audizione preliminare all’esame
della manovra economica
per il triennio 2025-2027
Testimonianza del Vice Capo del Dipartimento
Economia e Statistica della Banca d’Italia
Andrea Brandolini
Camera dei Deputati
Roma, 5 novembre 2024
Signor Presidente, Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati,
ringrazio le Commissioni congiunte 5a della Camera e 5a del Senato
per avere invitato la Banca d’Italia a svolgere le proprie considerazioni
nell’ambito delle audizioni sulla legge di bilancio.
Richiamerò molto brevemente le principali novità della congiuntura,
aggiornando le valutazioni fornite poco meno di un mese fa in occasione
dell’esame del Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine (PSBMT)1.
Passerò quindi a delineare il quadro d’assieme della manovra, per poi
trattare più nel dettaglio alcune misure relative al sistema fiscale e alle
famiglie, alla pubblica amministrazione e alla sanità. Concluderò con alcuni
cenni a interventi specifici sia dal lato degli impieghi sia da quello delle
coperture.
1. La congiuntura recente
Secondo le stime preliminari dell’Istat, la crescita del prodotto, di entità
moderata nella prima metà dell’anno, si è arrestata nel terzo trimestre:
l’espansione nei servizi è stata compensata dalla forte contrazione dell’attività
nell’industria. Dal lato della domanda, ha inciso soprattutto il contributo
negativo della componente estera; il calo delle esportazioni, più duraturo
e accentuato di quanto atteso, risente dell’elevata incertezza del contesto
globale e della mancanza di vigore del ciclo europeo.
Le vendite all’estero delle imprese italiane si sono ridotte in termini reali nei primi
due trimestri di quest’anno. Le statistiche di commercio segnalano che nei mesi di
luglio e agosto le esportazioni in valore sono mediamente diminuite rispetto al trimestre
precedente. I dati di settembre, disponibili solo per la componente destinata ai paesi
che non sono membri dell’UE, confermano il calo sia su base congiunturale sia su base
tendenziale.
Cfr. Audizione preliminare all’esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-29,
Testimonianza del Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Sergio Nicoletti
Altimari, Commissioni riunite 5a della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione) e
5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio), Roma, 7 ottobre 2024.
Secondo i dati recenti, ancora insufficienti a tracciare un quadro completo
e affidabile, l’attività economica faticherebbe a recuperare slancio nello
scorcio di quest’anno.
A ottobre si è deteriorata la fiducia sia dei consumatori sia delle imprese, soprattutto nel
comparto dei servizi. Il peggioramento dei giudizi delle famiglie riflette la preoccupazione
sulla situazione economica del Paese, corrente e futura. Per le imprese, in un contesto di
sottoutilizzo degli impianti, il calo degli ordini e delle aspettative sulla produzione frenano
l’attività economica. Secondo l’indagine della Banca d’Italia sulle aspettative di inflazione
e crescita, le valutazioni sulle condizioni per investire rimangono negative.
In prospettiva la riduzione dei tassi di interesse e il recupero del potere
d’acquisto delle famiglie potranno fornire un impulso positivo all’economia.
Alla luce dei nuovi dati, tuttavia, in assenza di una significativa
accelerazione dell’attività economica nella parte finale di quest’anno, la
crescita del prodotto prefigurata nel PSBMT per il biennio 2024-25 appare
più difficile da conseguire.
L’inflazione rimane molto moderata: in ottobre è risalita all’1 per cento,
dallo 0,7 del mese precedente, sospinta da un’accelerazione dei prezzi nel
comparto alimentare.
2. Un quadro d’assieme
Secondo le valutazioni ufficiali, la manovra aumenta l’indebitamento
netto rispetto alla legislazione vigente per 8,9 miliardi nel 2025, 15,0 nel 2026
e 25,2 nel 2027. Questi valori sono coerenti con quanto stabilito con il PSBMT
2025-29.
Le elaborazioni ufficiali stimano gli impatti finanziari della manovra, come di
consueto, prevalentemente solo per i prossimi tre anni. In futuro, in considerazione
dell’applicazione del nuovo sistema di regole di bilancio esplicitamente orientate
al medio termine, sarà opportuno rendere disponibili le stime ufficiali per un
orizzonte più esteso, commisurato a quello di programmazione2.
Cfr. la Memoria della Banca d’Italia Indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle procedure
di programmazione economica e finanziaria e di bilancio in relazione alla riforma della governance
economica europea, Commissioni riunite 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica
e bilancio) e 5a della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e programmazione), Roma, 9 aprile
2024. L’orizzonte del PSBMT è quinquennale e l’Italia ha chiesto l’allungamento del periodo di
aggiustamento dei conti fino al 2031.
Insieme al disegno di legge di bilancio, il Consiglio dei Ministri ha approvato il
DL 155/2024 che dispone tra l’altro un finanziamento aggiuntivo per gli investimenti
ferroviari e stradali per l’anno in corso e, in ambito fiscale, l’estensione della platea di
soggetti a cui è consentito aderire al ravvedimento speciale introdotto a ottobre dalla
L. 143/2024 di conversione del DL 113/2024 (stabilendo per gli stessi soggetti la base
imponibile e l’aliquota d’imposta dovuta). Secondo le valutazioni ufficiali, il decreto
non ha di fatto impatto sull’indebitamento netto.
Tra le norme del disegno di legge di bilancio che non hanno impatto sui saldi,
quella relativa alle società, enti, organismi o fondazioni che ricevono contributi
a carico dello Stato di entità significativa prevede un perimetro di applicazione
non precisamente definito e assai ampio, che ne rende ardua l’attuazione. Altri
meccanismi, ex ante o ex post, potrebbero limitare tali inconvenienti ed essere efficaci
per conseguire il condivisibile obiettivo di garantire il corretto utilizzo dei contributi
pubblici da parte degli operatori che ne beneficiano.
All’interno di questo quadro, si stima che le misure espansive
ammonterebbero a quasi 32, 36 e 45 miliardi rispettivamente nel 2025,
2026 e 2027; in questi tre anni le coperture sarebbero pari in media a circa
21 miliardi (con un profilo temporale lievemente decrescente).
Misure espansive. – I principali interventi espansivi sono quelli
che rendono strutturali la rimodulazione degli scaglioni dell’Irpef e,
riconfigurandola, la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti
che a legislazione vigente sarebbero state in vigore solo fino alla fine
dell’anno. Questi interventi rappresentano circa la metà del totale delle
risorse impiegate: 18 miliardi in media all’anno tra minori entrate e
maggiori spese.
Il disegno di legge prevede inoltre maggiori spese nette per 1,6 miliardi
nel 2025, 5,8 nel 2026 e 7,0 nel 2027 per il rinnovo dei contratti dei
dipendenti pubblici delle amministrazioni statali e per il rifinanziamento
del Fondo sanitario nazionale.
Per il triennio 2025-27 sono inoltre accantonate risorse per future
politiche (ancora da definire) a favore del Mezzogiorno (2,3 miliardi in
media all’anno) ed è prorogata l’agevolazione temporanea per le imprese
e i professionisti che incrementano il numero dei dipendenti a tempo
indeterminato (1,3 miliardi ogni anno nel triennio 2026-28)3.
Tra le misure espansive con impatto finanziario più contenuto figurano,
con un costo di oltre 1 miliardo in media all’anno, quelle per il sostegno
delle famiglie con figli (compresa l’istituzione di un bonus per i nuovi nati
in nuclei con ISEE inferiore ai 40.000 euro) e per il contrasto della povertà
(ad esempio, il rifinanziamento per il 2025 del Fondo per l’acquisto di beni
alimentari di prima necessità).
Il complesso delle misure per il welfare aziendale determinerebbe minori entrate
per 0,9 miliardi all’anno (per il prossimo triennio verrebbero innalzati i limiti di non
imponibilità di alcuni “fringe benefit” e sarebbe prorogato il dimezzamento al 5 per
cento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato o sulla partecipazione
agli utili d’impresa).
Gli interventi in materia pensionistica comportano maggiori uscite stimate in 0,7
miliardi l’anno. In particolare, il disegno di legge proroga al 2025 le misure esistenti
relative alla flessibilità di uscita (“Quota 103”, “opzione Donna” e “Ape sociale”),
confermando le principali modifiche ad essa apportate nella manovra di bilancio per
il 2024. È confermato per il 2025 l’incentivo fiscale per i lavoratori dipendenti che
restano in servizio, estendendolo (la possibilità di godere della quota dei contributi
previdenziali a proprio carico direttamente in busta paga viene estesa non solo a
coloro che rinunciano ad aderire a “Quota 103”, ma anche ai lavoratori del regime
misto che scelgono di non richiedere il pensionamento anticipato) e potenziandolo (il
beneficio non concorrerà alla formazione dell’imponibile fiscale).
Infine, il disegno di legge di bilancio destina 1,6 miliardi alla
riproposizione del credito d’imposta ZES (per i soli interventi realizzati tra
il 1° gennaio e il 15 novembre 2025).
Coperture. – Secondo le valutazioni ufficiali, le coperture
quantitativamente più rilevanti provengono dall’utilizzo delle risorse
accantonate nei fondi per la riforma fiscale e per l’abbattimento della
pressione fiscale (5,1 miliardi in media all’anno) e dal mancato rinnovo
dell’agevolazione contributiva per l’occupazione nel Mezzogiorno
La manovra per il 2024 aveva introdotto, per il solo anno in corso, una maggiorazione del 20
per cento della deduzione relativa al costo del lavoro incrementale derivante dall’assunzione di
dipendenti a tempo indeterminato di cui beneficiano i titolari di redditi di impresa e i professionisti.
introdotta nel 2020 (“decontribuzione sud”; 4,7 miliardi in media all’anno),
anche a seguito dell’orientamento in materia della Commissione europea4.
Inoltre, 3,9 miliardi in media all’anno derivano dalla revisione della
spesa delle Amministrazioni centrali e degli enti locali.
La modifica dei limiti e dei tempi con i quali gli istituti di credito e
le assicurazioni possono effettuare alcune specifiche deduzioni garantirà
secondo le stime ufficiali 2 miliardi in media nel biennio 2025-26, in
massima parte controbilanciati da maggiori oneri nel quadriennio 202730; i cambiamenti introdotti nel versamento dell’imposta di bollo sulle
assicurazioni sulla vita genereranno entrate, di natura temporanea, per 0,6
miliardi in media all’anno nel 2025-27.
Tra le altre coperture con impatti finanziari più contenuti, 0,7 miliardi in media
all’anno deriveranno dall’introduzione a regime dell’opzione di rivalutare il costo
d’acquisto di partecipazioni e terreni a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva.
Alcune norme sono volte a contrastare l’evasione fiscale. Seppur il
gettito stimato per il prossimo triennio sia complessivamente contenuto
(0,4 miliardi in media all’anno), esse vanno nella direzione di incoraggiare
i sistemi di pagamento elettronici e facilitare il riscontro di eventuali
incongruenze fra corrispettivi fiscali e pagamenti tracciati.
La deducibilità delle spese di viaggio, vitto o alloggio ai fini Irpef, Ires e IRAP
o l’esclusione dal reddito dei relativi rimborsi saranno condizionate al pagamento
mediante strumenti tracciabili. Da gennaio 2026, andranno trasmessi anche i dati
relativi ai pagamenti elettronici, imponendo un collegamento fra gli strumenti di
registrazione.
Infine, contrariamente alla prassi, la manovra include tra le fonti di
copertura le maggiori entrate che dovrebbero derivare dal miglioramento
economico conseguente all’espansione di bilancio rispetto alla legislazione
vigente (1,6 miliardi in media all’anno)5.
Commissione europea, decisione C(2024) 4512 final del 25 giugno 2024.
L’espansione di bilancio rispetto al quadro a legislazione vigente comporterebbe peraltro anche una
maggiore spesa per interessi, valutata ufficialmente in 0,1, 0,6 e 1,2 miliardi rispettivamente nel 2025,
2026 e 2027.
3. Il sistema fiscale e le famiglie
3.1 La riduzione permanente dell’Irpef e del cuneo fiscale
per i lavoratori dipendenti
La manovra conferma la riduzione da quattro a tre degli scaglioni
dell’Irpef e il taglio del cuneo fiscale per il lavoro dipendente in vigore
quest’anno, modificandone il disegno6.
Divengono permanenti l’estensione dell’aliquota più bassa dell’Irpef (23
per cento) fino a 28.000 euro di reddito complessivo, con la conseguente
eliminazione del secondo scaglione, e l’allineamento della cosiddetta notax area per i redditi da lavoro dipendente a quella per i redditi da pensione
(8.500 euro). Nelle stime del Governo queste misure comportano minori
entrate per 5,2 miliardi a regime.
Sono state inoltre introdotte alcune limitazioni alla possibilità di usufruire
delle detrazioni per carichi familiari, con un recupero di risorse stimato in
0,6 miliardi a regime.
Il diritto alla detrazione che spetta per un figlio a carico di età pari o superiore a 21
anni cesserà al compimento dei 30 anni, eccetto che nel caso di disabilità. È eliminata la
detrazione per altri familiari a carico diversi dagli ascendenti. Inoltre, i contribuenti che
non sono cittadini di un paese dell’UE o dello Spazio Economico Europeo non avranno
più diritto alla detrazione per il coniuge e i figli a carico se questi risiedono all’estero.
Per i prossimi anni la manovra di bilancio sostituirà al taglio dei contributi
previdenziali in vigore nell’anno in corso due strumenti: per i contribuenti
con reddito complessivo inferiore ai 20.000 euro viene introdotto un bonus
proporzionale al reddito da lavoro dipendente (con aliquota decrescente); per
quelli con reddito complessivo compreso tra 20.000 e 40.000 euro si prevede
invece una nuova detrazione. Complessivamente questi interventi impiegano
risorse per 13 miliardi a regime (di cui 4,4 per il bonus e 8,6 per la nuova
detrazione).
Per le norme in vigore nel 2024 e il loro impatto sulla distribuzione dei redditi disponibili si veda il
Riquadro “Gli effetti distributivi e sugli incentivi al lavoro della riduzione del cuneo fiscale e della
riforma dell’Irpef” in Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2023.
L’aliquota di determinazione del bonus è pari al 7,1 per cento per redditi da lavoro
dipendente inferiori a 8.500 euro (su base annua), al 5,3 per cento per quelli compresi
tra 8.500 e 15.000 euro e al 4,8 per cento per quelli superiori a 15.000 euro. Il bonus così
calcolato non costituisce reddito ai fini fiscali e assistenziali.
La nuova detrazione per i lavoratori dipendenti è in somma fissa e pari a 1.000 euro
se l’ammontare del reddito complessivo è compreso tra 20.000 e 32.000 euro; decresce
poi linearmente, fino ad annullarsi a 40.000 euro.
Per i contribuenti con solo redditi da lavoro dipendente e retribuzioni
medio-basse, la combinazione di queste due nuove misure introduce un
sostegno che ha un profilo sostanzialmente trapezoidale: prima, l’importo del
beneficio cresce con il reddito dichiarato; poi, è costante e pari al massimo
(1.000 euro annui) per i contribuenti con redditi complessivi “medi”; infine,
diminuisce, al ritmo di 12,5 centesimi per ogni euro di reddito aggiuntivo
per i redditi complessivi superiori ai 32.000 euro fino ad annullarsi. Essendo
condizionato all’avere un’occupazione alle dipendenze, questo sostegno
potrebbe costituire un incentivo alla partecipazione al lavoro per le persone
con qualifiche e livelli di istruzione bassi7. Inoltre, in linea di principio, il
beneficio crescente per i redditi più bassi potrebbe favorire sia l’emersione
di lavoro nero sia la disponibilità ad aumentare le ore lavorate.
Sempre per i contribuenti con solo redditi da lavoro dipendente, l’interazione
tra questi nuovi strumenti e il resto della normativa sull’Irpef (compreso il cosiddetto
trattamento integrativo ma esclusi eventuali oneri detraibili o per familiari a carico
e nell’ipotesi che l’impiego duri l’intero anno) determina una struttura del prelievo
secondo la quale tutti i lavoratori con redditi fino a circa 16.000 euro annui ricevono un
trasferimento, relativamente più generoso per quelli con redditi compresi tra 8.500 e circa
11.500 euro. Le aliquote medie effettive diventano poi positive e crescono gradualmente
con il reddito dichiarato; sono pari a circa il 33 per cento per i contribuenti con redditi
dichiarati intorno a 70.000 euro.
La conferma definitiva del taglio al cuneo sul lavoro dipendente
elimina un elemento di incertezza normativa; nella sua nuova versione, non
intacca i contributi sociali ed evita quindi di produrre squilibri nei conti
Il profilo trapezoidale caratterizza l’Earned income tax credit (EITC) nel sistema tributario degli Stati
Uniti, benché con parametri molto differenti. L’EITC si rivolge a tutti coloro che lavorano ed è assai
più elevato in presenza di figli. Cfr., per esempio, Whitmore Schanzenbach, D. e Strain, M. R. (2021),
“Employment Effects of the Earned Income Tax Credit: Taking the Long View”, Tax Policy and the
Economy, vol. 35, pp. 87-129; Nichols, A. and Rothstein, J. (2015), “The Earned Income Tax Credit”,
Moffit, R. (a cura di), Economics of Means-Tested Transfer Programs in the United States Volume 1,
University of Chicago Press.
della previdenza, una preoccupazione sollevata in passato da noi8 e da altri
osservatori. L’effetto complessivo dell’intrecciarsi delle nuove regole con
quelle preesistenti e il ricorso a diverse basi di calcolo (reddito da lavoro
dipendente e reddito complessivo) per la determinazione dei benefici,
andranno studiati con attenzione.
3.2 Il sostegno alle famiglie con figli
Il disegno di legge di bilancio include diverse misure a favore delle
famiglie con figli.
Al fine di contrastare il calo della natalità, viene introdotto un bonus pari
a 1.000 euro per ogni nascita o adozione, erogato dall’INPS su richiesta dei
genitori a condizione che il nucleo familiare di appartenenza abbia un ISEE
inferiore a 40.000 euro; il costo è stimato in 0,3 miliardi nel 2025 e 0,4 dal
2026.
Dal 2025 viene finanziato un parziale esonero contributivo a favore delle
lavoratrici (anche autonome) madri di almeno due figli, di cui il minore di
età inferiore a 10 anni, che abbiano una retribuzione (o reddito imponibile ai
fini previdenziali) inferiore a 40.000 euro (costo stimato di 0,2 miliardi). Per
il biennio 2025-26 rimane in vigore l’esonero contributivo totale introdotto
con la Legge di bilancio per il 2024 a favore delle lavoratrici madri di tre e
più figli.
Vengono dedicate maggiori risorse (0,2 miliardi dal 2027) al bonus per
la frequenza degli asili nido, ampliando la platea delle famiglie che hanno
diritto al valore massimo del beneficio (pari a 3.600 euro).
Il bonus, introdotto con la legge di bilancio per il 2017 e successivamente potenziato,
spetta su domanda del genitore alle famiglie con figli di età inferiore a 3 anni (o che
compiono 3 anni nell’anno solare) e prevede importi decrescenti con l’ISEE. La legge
di bilancio per il 2024 ha previsto un importo massimo di 3.600 euro, riconosciuto ai
nati appartenenti a nuclei con ISEE inferiore a 40.000 euro e con un altro minore di
età inferiore a 10 anni: il disegno di legge di bilancio elimina la condizione sull’età
dell’altro minore presente in famiglia.
Cfr. Audizione preliminare all’esame della manovra economica per il triennio 2024-26, Testimonianza
del Vice Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia Andrea Brandolini,
Commissioni riunite 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio) e 5a
della Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione), Roma, 13 novembre 2023.
Si dispone che le somme relative all’assegno unico e universale (AUU)
non rilevino nel calcolo dell’ISEE per accedere al bonus di 1.000 euro per i
nuovi nati e al bonus per la frequenza degli asili nido.
Infine, la manovra prosegue il potenziamento del congedo parentale
facoltativo, avviato con le leggi di bilancio per il 2023 e per il 2024, destinando
allo scopo risorse per 0,2 miliardi nel 2025 e crescenti nel tempo fino a 0,4
miliardi dal 2030.
La letteratura economica non offre risultati univoci sui benefici monetari
alle famiglie con figli. Nei casi in cui si sono stimati effetti positivi sulla
natalità, gli incentivi sono di ammontare significativo, generalmente di un
ordine di grandezza superiore al 20 per cento del reddito medio della donna.
Due studi sugli Stati Uniti non trovano effetti sulla natalità dell’EITC 9. Sono stati
invece stimati effetti positivi per varie riforme di un assegno per figli a carico in Israele e per
l’aumento dei rimborsi legati ai congedi di maternità in Germania10.
Secondo l’evidenza disponibile, uno dei principali ostacoli alla decisione
di avere un figlio è costituito dalla difficoltà delle madri di conciliare il
lavoro domestico e di cura con la propria vita professionale11. Le misure
che redistribuiscono o alleggeriscono il carico di lavoro domestico, quali
l’ampliamento dell’offerta di asili nido e dei relativi sussidi alla frequenza,
possono rivelarsi particolarmente efficaci nel sostenere la natalità.
Secondo stime preliminari basate su un modello economico calibrato sull’economia
italiana, in cui le famiglie scelgono il numero di figli, l’offerta di lavoro retribuito e quella
di lavoro domestico e di cura, il ribilanciamento del carico domestico e di cura potrebbe
Hoynes, H., Miller, D. e Simon, D. (2015), “Income, the earned income tax credit, and infant health”,
American Economic Journal: Economic Policy, vol. 7(1), pp. 172-211; Kuka, E. e Shenhav, N. A.
(2024), “Long-run effects of incentivizing work after childbirth”, American Economic Review, vol.
114(6), pp. 1692-1722.
Cohen, A., Dehejia, R. e Romanov, D. (2013), “Financial incentives and fertility”, Review of
Economics and Statistics, 95(1), pp. 1-20; Raute, A. (2019), “Can financial incentives reduce the baby
gap? Evidence from a reform in maternity leave benefits”, Journal of Public Economics, vol. 169, pp.
203-222.
Olivetti, C., e Petrongolo, B. (2017), “The economic consequences of family policies: lessons from
a century of legislation in high-income countries”, Journal of Economic Perspectives, vol. 31(1),
pp. 205-230; Doepke, M. e Kindermann, F. (2019), “Bargaining over babies: Theory, evidence, and
policy implications”, American Economic Review, vol. 109(9), 3264-3306; Doepke, M., Hannusch,
A., Kindermann, F. e Tertilt, M. (2023), “The economics of fertility: A new era”, in Handbook of the
Economics of the Family, North-Holland, New York.
spingere al rialzo sia la natalità sia l’occupazione femminile. Gli effetti di un incremento
della copertura di asili nido fino al 33 per cento dei potenziali utenti sono maggiori di
quelli ottenuti mediante un incentivo monetario, a parità di costo per le finanze pubbliche.
Gli effetti positivi sono amplificati se accompagnati da una distribuzione più equilibrata
tra uomini e donne dei carichi di lavoro domestico e di cura.
Anche il potenziamento dei congedi parentali, entro i 12 mesi, può sostenere la
natalità, favorendo al contempo l’occupazione femminile nel lungo periodo12.
Gli impegni assunti dal Governo in sede europea con il PBSMT non
appaiono coerenti con il percorso prefigurato dalla legislazione vigente. Il
potenziamento dell’offerta di servizi educativi alla prima infanzia costituisce
infatti l’oggetto anche di norme incluse nella legge di bilancio per il 2022 e
rappresenta un obiettivo del PNRR.
La legge di bilancio per il 2022 ha introdotto un obiettivo quantitativo sotto
forma di livello essenziale delle prestazioni (LEP) del servizio di asili nido, stanziando
contestualmente le risorse correnti (in misura crescente negli anni fino a 1,1 miliardi a
decorrere dal 2027) per assicurarne gradualmente la fornitura. Il LEP prevede che la
disponibilità di posti in asili nido (pubblici o privati) sia almeno pari, per ogni Comune
(o Ambito territoriale di servizio), al 33 per cento dei bambini di età compresa fra i 3 e i
36 mesi. Il PNRR ha dedicato all’ampliamento dei servizi educativi per la prima infanzia
un’apposita linea di investimento (la 1.1 nella missione M4C1), del valore di 3,2 miliardi.
Gli impegni assunti dal Governo nella tavola A.VI.4 allegata al PSBMT prevedono
invece un tasso di copertura minimo dell’offerta di posti in asili nido pari al 33 per
cento solo nella media nazionale, mentre a livello regionale viene più che dimezzato
(al 15 per cento); l’incremento del 20 per cento, rispetto al 2021, della spesa corrente
necessaria a finanziare l’ampliamento del servizio di asili nido indicato dal PSBMT è
significativamente inferiore a quello che deriverebbe dal pieno utilizzo degli stanziamenti
previsti dalla legge di bilancio per il 2022.
Gli interventi monetari inclusi nella manovra sono utili a sostenere il
reddito delle famiglie con figli, le quali si caratterizzano per tassi di povertà
più alti della media. Il rafforzamento dell’AUU, introdotto proprio per
unificare e razionalizzare le misure monetarie a favore dei figli e il cui
effetto perequativo è stato significativo già nel 202213, avrebbe consentito di
perseguire l’intento redistributivo in maniera più organica e trasparente.
Carta, F., De Philippis, M., Rizzica, L. e Viviano, E. (2023), “Women, labour markets and economic
growth”, Banca d’Italia, Seminari e Convegni.
Cfr. Istat, “Condizioni di vita e reddito delle famiglie. Anno 2023. Si riducono i redditi reali per
l’inflazione”, Statistiche Report, 7 maggio 2024.
3.3 Gli effetti distributivi delle misure sull’Irpef, sul cuneo
e a favore delle famiglie con figli
Gli effetti redistributivi dei principali interventi previsti dal disegno di
legge di bilancio sono stimati con il modello di micro-simulazione della
Banca d’Italia14. La valutazione rappresenta una stima d’impatto, ottenuta
ipotizzando che le scelte degli individui (quali ad esempio quelle sull’offerta
di lavoro) non cambino nel breve periodo in risposta al cambiamento del
disegno del sistema di imposte e trasferimenti15.
Si stima che per effetto degli interventi previsti, il reddito disponibile
delle famiglie italiane aumenterebbe in media dell’1,5 per cento (pari a poco
più di 700 euro annui) rispetto allo scenario a legislazione vigente, che non
contempla né la riduzione del numero di aliquote Irpef né il taglio del cuneo
fiscale sul lavoro dipendente. La crescita del reddito sarebbe maggiore per le
famiglie comprese tra il secondo e il settimo decimo della distribuzione, con
aumenti medi fino al 2,4 per cento nel terzo decimo; sarebbe più contenuta
per le famiglie più abbienti (0,4 per cento nell’ultimo decimo). Questi risultati
possono essere spiegati con la circostanza che nei decimi centrali c’è una
concentrazione maggiore di famiglie con più di un lavoratore dipendente con
reddito medio-basso.
Solo il 2 per cento delle famiglie subirebbe una riduzione del reddito disponibile
superiore all’1 per cento: sono prevalentemente nuclei nella prima metà della distribuzione
che perdono le detrazioni per figli ultratrentenni o altri familiari a carico. Per questo
gruppo di famiglie la perdita media sarebbe del 3,1 per cento del reddito disponibile
(pari a 650 euro annui).
Gli interventi simulati con il modello di microsimulazione BIMic sono: il passaggio dell’Irpef da 4 a 3
scaglioni di reddito, l’innalzamento della cosiddetta no-tax area per i lavoratori dipendenti, l’esclusione
dei figli di età superiore a 30 anni per la detrazione per figli a carico, l’abrogazione della detrazione
per altri familiari a carico diversi dagli ascendenti diretti, il bonus a favore dei lavoratori dipendenti
con reddito complessivo fino a 20.000 euro, l’ulteriore detrazione per i redditi da lavoro dipendente
con reddito complessivo compreso tra 20.000 e 40.000 euro. Sono inoltre inclusi il rafforzamento del
bonus per il pagamento delle spese per asili nido, il bonus per i nuovi nati e l’esclusione degli importi
dell’assegno unico e universale dal calcolo dell’ISEE utilizzato per la eleggibilità al bonus per le spese
per asili nido e al bonus per i nuovi nati. È invece escluso l’intervento sugli oneri detraibili disposto dalla
manovra (cfr. infra).
Nella presentazione dei risultati, le famiglie sono ordinate per reddito disponibile equivalente, un indicatore
sintetico di benessere economico in cui il reddito familiare complessivo è corretto per tenere conto della
composizione del nucleo familiare. Il reddito familiare complessivo comprende i redditi da lavoro, i
redditi da pensione, i benefici sociali erogati dallo Stato, gli altri sussidi concessi dalle amministrazioni
locali, i redditi da immobili (sia figurativi sia effettivi) e i redditi da capitale. La scala di equivalenza
utilizzata è quella dell’OCSE modificata, che attribuisce peso 1 al 1° componente del nucleo familiare,
0,5 a ogni ulteriore componente di 14 anni o più e 0,3 a ogni componente fino a 13 anni.
Rispetto alla legislazione vigente, gli interventi comporterebbero
una riduzione della disuguaglianza dei redditi disponibili: l’indice di Gini
scenderebbe di 0,3 punti percentuali.
Se nel 2025 invece che le nuove norme fossero applicate le misure in vigore nel 2024
(scenario “a politiche invariate”), sia l’ammontare di risorse impiegate sia l’impatto
sulla disuguaglianza dei redditi sarebbero simili.
Nella realtà, gli interventi in discussione modificano gli incentivi
monetari che il sistema fiscale determina per gli individui, con effetti sui
loro comportamenti. Come già accennato, tali effetti non sono incorporati
nelle stime precedenti.
Le aliquote marginali effettive (AME) per i lavoratori dipendenti, che
danno un’indicazione del disincentivo ad aumentare il proprio reddito, sono
inferiori a quelle a legislazione vigente per i redditi più bassi; sono maggiori
per quelli per cui la nuova detrazione è decrescente rispetto al reddito. Le
AME non sono sostanzialmente differenti in media da quelle in vigore nel
2024 (scenario a “politiche invariate”), ma il loro profilo viene smussato
lungo la distribuzione delle retribuzioni lorde, in quanto vengono appianati i
picchi in prossimità dei 25.000 euro e dei 35.000 euro.
3.4 Gli interventi in materia di oneri detraibili
Il Governo interviene sul sistema di detrazioni anche introducendo
un tetto agli oneri e alle spese detraibili modulato sulla base del reddito
complessivo e del numero dei figli a carico. La documentazione tecnica
ufficiale non ne riporta l’effetto sui conti pubblici, ma si può valutare che
essa determini maggiori entrate nell’ordine di 0,3 miliardi all’anno nel
triennio 2025-27.
La legge di bilancio per il 2024, aveva istituito, per il solo anno in corso, una
riduzione di 260 euro della somma di alcune detrazioni per tutti i percettori di redditi
superiori a 50.000 euro.
Il riordino del sistema delle spese fiscali costituisce uno degli impegni
presi per poter allungare a sette anni il periodo di aggiustamento dei conti
previsto dalle nuove regole di bilancio europee. Nell’ultima valutazione della
Commissione per la redazione del rapporto annuale sulle spese fiscali sono
state individuate oltre 600 agevolazioni erariali; quelle al momento vigenti
e di cui la Commissione quantifica gli effetti sono 411 con minori entrate
complessive per circa 100 miliardi stimati per il 2024. Quelle riconducibili
in qualche misura all’Irpef sono meno del 40 per cento, ma rappresentano
oltre il 60 per cento della perdita di gettito16.
La norma non altera i limiti esistenti a livello di singola agevolazione, ma
stabilisce due importi massimi per il complesso delle spese detraibili, 14.000
e 8.000 euro, rispettivamente per i contribuenti il cui reddito (al netto di
quello relativo all’abitazione principale) superi 75.000 euro ma sia inferiore
a 100.000 e per coloro che invece abbiano un reddito dichiarato superiore a
questa seconda soglia (si può valutare che per entrambi i tetti si tratti di non
più del 4 per cento dei contribuenti). Questi limiti sono resi più stringenti
nel caso di nuclei familiari con meno di tre figli a carico o in assenza di figli
disabili, in misura crescente al diminuire del numero dei figli.
Per i contribuenti senza figli disabili, le soglie di spesa sono ridotte del 15 per cento
se nel nucleo familiare sono presenti due figli fiscalmente a carico, del 30 per cento in
presenza di un figlio e del 50 per cento nel caso di famiglie senza figli.
Dal 2025 le nuove soglie si applicano a tutte le spese detraibili, con
l’esclusione di quelle sanitarie. In caso di oneri frazionabili in più quote
annuali (come ad esempio quelli per ristrutturazioni edilizie o per interessi
sui mutui), sono fatti salvi quelli originati in anni precedenti.
Questo approccio può rivelarsi efficace nel ridurre l’ammontare delle
spese fiscali, rispetto al tentativo di intervenire selettivamente solo su alcune.
Tuttavia, il disegno basato su soglie fisse per scaglioni di reddito genera
inevitabilmente discontinuità che a regime potrebbero essere significative
e compromettere l’equità del prelievo. La scelta alternativa di fissare un
tetto alle detrazioni che sia funzione il più possibile continua del reddito
lordo dichiarato17 eviterebbe di creare salti nel profilo delle AME. Inoltre,
la differenziazione dei tetti al totale della spesa detraibile in base al numero
di figli ne accresce la complessità e rischia di creare una sovrapposizione
rispetto alla redistribuzione operata attraverso l’AUU.
Cfr. Tavola 13, Rapporto annuale sulle spese fiscali 2023, Commissione per la redazione del rapporto
annuale sulle spese fiscali.
Una soluzione di questo tipo è discussa da Feldstein, M. (2015), “Raising Revenue by Limiting Tax
Expenditures”, Tax Policy and the Economy, vol. 29, pp. 1-11.
4. La pubblica amministrazione
4.1 Il pubblico impiego
La manovra di bilancio interviene sul pubblico impiego prevalentemente
lungo due direttrici: da un lato prevede maggiori spese per i rinnovi dei
contratti 2025-27 e 2028-30; dall’altro introduce limiti alle assunzioni nel
2025.
Il disegno di legge, oltre a stanziare risorse per il rinnovo del comparto
sanitario18, destina 1,2 miliardi nel 2025, 2,7 nel 2026 e 4,6 nel 2027 in termini
di maggiore disavanzo per il rinnovo del contratto 2025-27 del personale
del settore statale e, nelle more del rinnovo, per l’indennità di vacanza
contrattuale. Per la prima volta dal termine del blocco della contrattazione
collettiva tra il 2010 e il 2015, si stanziano risorse anche per il rinnovo
successivo: 2 miliardi nel 2028, 4 nel 2029 e oltre 6 dal 2030.
Al netto degli oneri riflessi, l’impatto sull’indebitamento netto è stimato in 0,6 miliardi
nel 2025, 1,4 nel 2026 e 2,3 nel 2027. Come sempre, il disegno di legge prevede, a valere
sui bilanci delle rispettive amministrazioni, analoghi aumenti anche per il personale non
appartenente al settore statale.
Secondo i documenti ufficiali, le retribuzioni medie pro capite dei
dipendenti pubblici aumenterebbero dell’1,8 per cento nel 2025, del 3,6 nel
2026 e del 5,4 a regime a decorrere dal 2027.
Dal 2016 al 2023, le retribuzioni medie dei dipendenti pubblici sono cresciute
dell’1,3 per cento in media all’anno, a fronte di un incremento dell’1,7 per cento nel
settore privato e di un aumento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati
(FOI) del 2,2 per cento.
Nel 2025 le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato sono limitate
in una misura corrispondente al 75 per cento della spesa per il personale di
ruolo cessato nel 2024 in tutte le amministrazioni pubbliche (salvo alcune
eccezioni, fra cui il Servizio sanitario nazionale e la magistratura). Questo
blocco del turn-over determina un risparmio di spesa di 0,4 miliardi nel 2025
e di 0,6 dal 2026 (circa la metà, al netto degli effetti riflessi sulle entrate).
Cfr. infra il paragrafo “La sanità”.
Dal 2007 al 2020, l’occupazione nelle Amministrazioni pubbliche si è ridotta di
quasi il 9 per cento in termini di unità di lavoro equivalente; la tendenza si è invertita nel
triennio 2021-23, quando l’occupazione è aumentata del 4 per cento, anche per effetto dei
provvedimenti di contrasto alla pandemia.
Secondo l’ultimo Conto annuale delle Amministrazioni pubbliche della
Ragioneria Generale dello Stato nel 2022 l’età media dei dipendenti pubblici
era di circa 50 anni; l’età media nel settore privato è di 44 anni.
Dopo un aumento di circa 7 anni registrato fra il 2001 e il 2018, l’età media nel pubblico
impiego è leggermente diminuita sia per i maggiori pensionamenti (anche per i vari interventi
sui requisiti di accesso disposti dal 2019) sia per le maggiori assunzioni (in particolare, dal
2020 nel settore della sanità). Nel confronto internazionale l’Italia aveva nel 2020 la più alta
percentuale di lavoratori delle amministrazioni centrali con almeno 55 anni di età (48 per
cento contro una media dei paesi OCSE del 26 per cento) e la seconda più bassa quota di
dipendenti di età compresa fra i 18 e i 34 anni (2 per cento contro una media del 19 per cento)19.
4.2 La revisione della spesa
Nel triennio 2025-27 la manovra riduce le spese correnti delle
Amministrazioni centrali per quasi 0,7 miliardi all’anno e gli esborsi in conto
capitale per 1,6 miliardi; i tagli sono distribuiti in modo sostanzialmente
proporzionale fra i Ministeri. Allo stesso tempo, si istituisce un fondo per il
finanziamento di investimenti e infrastrutture con un impatto di 1,4 miliardi
sull’indebitamento netto del 2027.
Come già in passato, fermi restando gli obiettivi da conseguire, i Ministeri possono
effettuare rimodulazioni all’interno dei loro bilanci. Il nuovo fondo per le infrastrutture è
distribuito alle varie amministrazioni centrali tenendo conto degli interventi, anche già
finanziati parzialmente, che hanno un cronoprogramma compatibile con il rispetto dei saldi
di finanza pubblica.
Una contrazione delle spese di parte corrente e in conto capitale è richiesta
anche agli enti territoriali per un ammontare nel triennio di quasi 1,6 miliardi
all’anno (di cui oltre due terzi in media a carico delle Regioni).
I tagli previsti rappresentano circa mezzo punto percentuale della spesa
primaria delle amministrazioni pubbliche italiane (dell’ordine di 1.000
miliardi).
Cfr. OCSE (2021), “Age profile of central government workforce” in Government at Glance 2021.
Nel 2023 la spesa primaria corrente era pari al 41,1 per cento del PIL, un valore
inferiore di circa un punto percentuale a quello medio dei paesi dell’UE (8 punti meno
che in Francia e 2 al di sotto della Germania)20. Partendo dalle previsioni tendenziali del
PSBMT e includendo una stima degli effetti della manovra, la spesa primaria corrente
dovrebbe collocarsi nel 2027 poco al di sotto del 40,5 per cento del PIL programmato dal
Governo, con una crescita reale stimabile in oltre un punto in media nel biennio 2024-25
e una sostanziale stazionarietà in quello successivo21 (una dinamica in media superiore a
quella registrata nel periodo 2011-19).
La spesa pubblica per investimenti ha avuto una crescita modesta dall’introduzione
dell’euro fino al 2019 (1,4 per cento in termini nominali in media all’anno, la crescita più
bassa fra le maggiori economie dell’area); ha poi mostrato un significativo recupero nel
quadriennio successivo, anche per effetto del programma NGEU (con un tasso di crescita
medio pari a quasi il doppio di quello registrato nell’area dell’euro). Nel 2023 la spesa per
investimenti ammontava al 3,2 per cento del PIL, un valore sostanzialmente in linea con la
media dell’area, superiore a quello tedesco (2,8 per cento) ma inferiore a quello francese
(4,3 per cento).
Anziché procedere uniformemente su tutti i capitoli, sarebbe opportuno
selezionare le politiche e i processi interessati dai tagli e dalle rimodulazioni
sulla base di specifiche analisi. In questo modo si preserverebbe la qualità
dell’azione pubblica e si eliminerebbero le politiche non più efficaci.
L’intervento andrebbe visto nel contesto del programma pluriennale di analisi
delle attività (la spending review propriamente detta) avviato nel 2023 e
volto a riqualificare la spesa delle Amministrazioni centrali e, in prospettiva,
di tutta la pubblica amministrazione.
Il programma si basa sui “Piani di analisi e valutazione della spesa” (PAVS) triennali
che ogni amministrazione centrale dovrebbe redigere definendo ambiti, tempi e finalità
di progetti di revisione delle proprie politiche secondo criteri e metodologie comuni22. Il
programma è al momento in una fase ancora sperimentale e ha interessato solo una piccola
porzione delle erogazioni23. Il prossimo anno dovrebbe costituire la fase di avvio vera e
propria. Il miglioramento dei sistemi di monitoraggio e gestione della spesa pubblica
Cfr. il Riquadro “La spesa primaria corrente italiana e le sue componenti” in Banca d’Italia, Relazione
annuale sul 2023.
Per la stima degli andamenti della spesa primaria corrente in rapporto al prodotto e in termini reali
sono state utilizzate le informazioni sul tasso di crescita del PIL reale e sul deflatore del PIL contenute
nel più recente quadro programmatico ufficiale.
Cfr. “Criteri e metodologie per la definizione dei processi e delle attività di analisi e valutazione della
spesa”, elaborati dal Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa e pubblicati
il 16 novembre 2023.
La spesa interessata dai progetti proposti dai Ministeri, i cui piani sono disponibili in un’apposita
sezione del sito web della Ragioneria Generale dello Stato, riguarda il 2024 e ammonta a poco meno
di 6 miliardi.
rappresenta una delle riforme su cui il Governo si è impegnato nel PSBMT 2025-29 per
ottenere l’allungamento da quattro a sette anni del periodo di aggiustamento dei conti.
5. La sanità
Il disegno di legge incrementa il finanziamento del Servizio sanitario
nazionale (SSN) con importi crescenti negli anni, da 1,3 miliardi nel 2025 a
8,9 dal 2030, con un impatto sull’indebitamento netto di quasi un miliardo
nel prossimo anno e di 4,5 in media nel biennio successivo.
Le risorse saranno in parte assorbite dall’aumento della spesa per il
personale, che deriverà dal rinnovo dei contratti (compresi quelli previsti
nel 2028-2030) e dall’incremento del trattamento economico di dirigenti,
infermieri, addetti al pronto soccorso e specializzandi. Il resto degli
stanziamenti servirà a finanziare, tra l’altro, l’innalzamento delle tariffe di
alcune prestazioni ospedaliere, la realizzazione di obiettivi prioritari e di
rilievo nazionale (ancora da specificare), l’attuazione del Piano pandemico
2025-29, l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (compresa la
revisione tariffaria), il riconoscimento di premialità alle Regioni in regola
con gli adempimenti sulle liste di attesa.
Fra le disposizioni che non dovrebbero determinare maggiori oneri per la finanza
pubblica rispetto alla legislazione vigente, rientrano le misure che disciplinano i farmaci
innovativi e l’ulteriore innalzamento, rispetto a quanto fissato dalla legge di bilancio per
il 2023, del limite di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati accreditati.
A seguito del rifinanziamento disposto con il DDL di bilancio, l’incidenza
della spesa sanitaria sul PIL risalirebbe dal 6,2 per cento del 2023 – un valore
fra i più bassi degli ultimi vent’anni – al 6,4 per cento (un livello analogo a
quello osservato negli anni immediatamente precedenti la crisi sanitaria)24.
In prospettiva, il sistema sanitario dovrà far fronte alla fuoriuscita per
pensionamento di una quota rilevante del personale, allo stesso tempo in cui
l’invecchiamento della popolazione genererà una domanda crescente per i suoi
servizi.
Negli altri principali paesi europei l’incidenza della spesa sanitaria sul prodotto (secondo i dati più
recenti diffusi dall’Eurostat) è rimasta superiore ai livelli pre-crisi.
Da analisi interne emerge che alla fine del 2022 (ultimo anno per cui sono disponibili
i dati) operavano presso l’SSN 123 addetti ogni 10.000 abitanti. Nel tempo, i limiti al
turnover hanno fortemente inciso sulla composizione per età: il 16 per cento del personale
dipendente aveva almeno 60 anni; per i medici tale quota raggiungeva il 26 per cento.
Oltre il 40 per cento dei medici e dei pediatri di base aveva almeno 60 anni.
Sulla base della legislazione vigente tutto il personale con almeno 60 anni alla
fine del 2022 cesserà di lavorare nell’arco dei prossimi dieci anni: ciò corrisponde a
più di 27.000 medici, oltre 24.000 infermieri e altrettanti addetti del ruolo tecnico e a
28.000 fra medici e pediatri di base. Oltre ai pensionamenti, anche l’attuazione delle
misure della missione 6 del PNRR sul potenziamento dell’assistenza territoriale inciderà
sul fabbisogno atteso di personale; al riguardo si stima che la piena operatività delle
strutture previste dal PNRR richiederà almeno 19.600 infermieri e 6.300 operatori socio
sanitari, prevalentemente in aggiunta rispetto alla dotazione attuale.
Nel complesso, nel prossimo decennio il turnover del personale e il potenziamento
dell’assistenza territoriale previsto dal PNRR genereranno un fabbisogno, in termini
di incidenza sull’organico alla fine del 2022, per i medici (compresi quelli di base e i
pediatri) pari al 30 per cento e per gli infermieri al 14. Queste dinamiche sono ancora
più pronunciate nel Mezzogiorno.
6. La ZES unica
Dal 1° gennaio 2024 la “ZES unica” ha sostituito le precedenti otto Zone
economiche speciali del Mezzogiorno. A luglio è stato approvato il primo
Piano strategico ZES di durata triennale, che definisce una politica di sviluppo
coerente con il PNRR e individua filiere e tecnologie da promuovere e da
rafforzare. Le aziende già operative nella ZES e quelle che vi si insedieranno
in futuro beneficeranno di un’autorizzazione unica per l’avvio delle attività
produttive e del riconoscimento del credito d’imposta per investimenti in
beni strumentali ex L. 208/2015 nella misura massima consentita dalla Carta
europea per gli aiuti di Stato 2021-27.
Il disegno di legge di bilancio stanzia per tale credito d’imposta 1,6
miliardi, per il solo 2025; non viene definito un quadro di medio periodo
per gli incentivi fiscali della ZES unica. Come già nel 2024, per garantire
il rispetto del limite di spesa, il credito d’imposta effettivamente fruito da
ciascun beneficiario sarà una quota di quello domandato, determinata dal
rapporto tra la dotazione finanziaria della misura e l’ammontare complessivo
dei crediti di imposta richiesti. Questo meccanismo riduce l’incertezza
per il bilancio pubblico, anche se aumenta quella per le imprese in merito
all’ammontare del beneficio, con possibili ripercussioni sulla capacità della
misura di generare investimenti addizionali.
Le risorse stanziate per il 2025 sono di entità simile a quelle inizialmente previste
per il 2024 (1,8 miliardi), che si erano rivelate molto al di sotto della domanda. Se la
domanda di incentivi eccedesse il plafond di spesa, il Ministero delle Imprese e del made
in Italy e le Regioni della ZES unica potranno ampliare la spesa attingendo alle risorse
dei programmi della politica di coesione europea del ciclo 2021-27, secondo modalità
al momento indefinite. La volontà di esercitare questa opzione e l’entità delle risorse
addizionali dovranno essere rese note entro il 15 gennaio 2026, mentre i criteri di accesso
all’agevolazione dovranno essere determinati con appositi provvedimenti.
7. Altre misure di copertura
7.1 La tassazione delle banche e delle assicurazioni
Nel disegno di legge di bilancio, così come già fatto in passato, è previsto
il differimento della deduzione ai fini Ires e IRAP di alcune componenti
negative di reddito rilevate in bilancio in anni passati ma la cui deduzione è
stata “spalmata” in quote annuali secondo piani di ammortamento non ancora
esauriti. Le deduzioni previste per il 2025 e 2026 vengono differite agli anni
successivi, fino al 2029. Viene inoltre inserito un limite alla compensabilità.
Il maggior gettito stimato è pari a circa 2,5 miliardi nel 2025 e 1,5 nel 2026,
che si tradurrà in minori entrate dal 2027 in avanti.
Si tratta, in particolare, delle svalutazioni dei crediti alla clientela delle banche e delle
compagnie assicurative, degli ammortamenti dell’avviamento e di altri beni immateriali
e delle rettifiche emerse in sede di prima adozione dell’International financial reporting
standard (IFRS) 9. La stima del gettito addizionale tiene conto delle limitazioni previste
dal disegno di legge in relazione alla compensabilità con perdite fiscali e eccedenze ACE
pregresse del maggior imponibile derivante dalla mancata deduzione della quota 2025
e alla possibilità di utilizzare in compensazione crediti d’imposta e altre eccedenze di
imposta ai fini dei maggiori versamenti dovuti.
La manovra modifica anche la modalità di versamento dell’imposta di
bollo dovuta per le comunicazioni relative a polizze di assicurazione dei rami
III e V del codice delle assicurazioni private. Il maggior gettito è stimato in
quasi 2 miliardi tra il 2025 e il 2028, di cui uno riferibile al solo 2025. La
disposizione allinea il trattamento delle polizze a quello di altri investimenti
finanziari ai fini dell’imposta di bollo.
L’imposta di bollo è stata finora calcolata dagli operatori sulla base del valore
della polizza al 31 dicembre di ogni anno, ma versata solo in occasione del rimborso o
del riscatto. Dal 2025 il versamento verrà effettuato dalle imprese di assicurazione su
base annuale; lo stesso sarà poi computato in diminuzione della prestazione erogata alla
scadenza o al riscatto della polizza. Per i contratti in essere al 1° gennaio 2025 è inoltre
previsto che l’imposta di bollo già calcolata per gli anni pregressi sia versata in quattro
rate annuali (dal 2025 al 2028). Anche in questo caso i versamenti andranno computati
in diminuzione della prestazione erogata alla scadenza o al riscatto della polizza.
Per gli investimenti in polizze resta il vantaggio che l’imposta viene anticipata
dalle imprese di assicurazione, mentre per gli altri prodotti finanziari l’onere ricade
annualmente sugli investitori.
7.2 La tassazione dell’economia digitale
Le cripto-attività. – Il prelievo sui proventi realizzati su cripto-attività
viene innalzato dal 26 al 42 per cento, con un effetto trascurabile sul gettito.
L’intervento modifica in misura sostanziale il livello di tassazione adottato
appena due anni fa, quando con la legge di bilancio per il 2023 si era allineato
il prelievo a quello previsto per gli investimenti finanziari e si era concesso
a chi deteneva cripto-attività di far emergere investimenti e proventi con il
pagamento di una somma forfetaria. L’instabilità normativa e l’innalzamento
dell’aliquota di prelievo potrebbero indurre i soggetti che avevano scelto di
adempiere ai propri obblighi dichiarativi e fiscali a tornare a occultare le
proprie attività, ad esempio trasferendole presso operatori extra-UE.
Potrebbero non essere sufficienti a intercettare questi investimenti né le misure
sullo scambio internazionale di informazioni al momento previste né gli obblighi di
segnalazione nazionali.
La maggiore aliquota si applicherebbe non soltanto alle cripto-attività detenute per
finalità di investimento, ma anche alle stablecoin (Asset-Referenced Token e E-Money
Token), per le quali il regolamento MiCA prevede uno specifico regime autorizzativo e
controlli rafforzati; non dovrebbe invece applicarsi ai proventi derivanti dalla detenzione
o dalla negoziazione di investment token, o security token, che rimarrebbero soggetti al
prelievo del 26 per cento.
I servizi digitali. – Viene estesa a tutti gli operatori l’imposta del 3 per
cento sui ricavi derivanti da alcuni servizi digitali (quali pubblicità on line,
servizi di intermediazione tra utenti, trasmissione di dati raccolti da utenti e
generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale) sinora limitata alle imprese
che, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, avevano ricavi
complessivi non inferiori a 750 milioni di euro a livello mondiale e ricavi
da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni di euro a livello nazionale. Con
questa modifica, l’Italia diventerebbe il primo paese dell’UE a eliminare
qualsiasi soglia di applicazione dell’imposta sui servizi digitali, andando
a colpire anche piccole e medie imprese. In base alla relazione tecnica, le
maggiori entrate annue sono pari a circa 50 milioni di euro dal 2025.
L’imposta è in vigore dal 2020 ed è stata introdotta, come in altri paesi europei,
sulla base della proposta di direttiva sulla Digital Service Tax (DST), presentata dalla
Commissione il 21 marzo 2018 e rimasta poi inattuata per il mancato raggiungimento del
consenso unanime dei paesi membri.
Limitare l’applicazione alle imprese oltre una certa dimensione risponde alla logica
di proporzionalità tra obiettivi impositivi e relativi oneri amministrativi, che risultano
maggiormente gravosi per start up e piccole e medie imprese. Inoltre, trattandosi di
un’imposta sui ricavi, essa genera doppia imposizione in capo alle imprese già soggette
alle imposte sul reddito. Infine, poiché prescinde dalla redditività dell’impresa ed è
dovuta anche in assenza di profitti, potrebbe essere particolarmente penalizzante per le
start up, che di solito iniziano a generare utili solo dopo qualche anno dall’avvio.
In base alle revisioni della contabilità nazionale e agli ultimi dati diffusi
dall’Istat, se non vi sarà una significativa accelerazione dell’attività economica
nello scorcio del 2024, la crescita del prodotto prefigurata nel PSBMT per il
biennio 2024-25 appare più difficile da conseguire. Occorrerà mantenere un
approccio prudente nella gestione della finanza pubblica, oltre che agire con
decisione per completare le riforme e gli investimenti previsti dal PNRR.
Il processo di spending review che il Governo si è impegnato a realizzare
nel PSBMT sarà cruciale per sostenere l’efficacia dei servizi pubblici anche
in un contesto in cui i vincoli di bilancio saranno più stringenti e la demografia
sfavorevole.
Il principale intervento incluso nella manovra è la conferma in via
permanente della riduzione degli scaglioni Irpef e del cuneo fiscale per i
lavoratori dipendenti. Le risorse destinate a questi interventi e il loro impatto
complessivo sulla distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie sono simili
alla legislazione in vigore per quest’anno, ma se ne è modificato il disegno
attenuando le discontinuità nel profilo delle aliquote marginali effettive e,
soprattutto, evitando di alterare le aliquote contributive. Si è così eliminata una
fonte di incertezza da noi segnalata in passato, che gravava sui contribuenti.
Le misure volte a ridurre l’onere fiscale per i lavoratori dipendenti a basso
reddito, le modifiche e le aggiunte all’insieme dei trasferimenti a favore delle
famiglie e gli interventi in materia di oneri detraibili non rendono tuttavia
il sistema di tassazione personale dei redditi e di trasferimenti sociali più
semplice e trasparente.
TAVOLE E FIGURE
Tavola 1
Effetti sul conto economico delle Amministrazioni pubbliche delle misure
incluse nella manovra di bilancio per il 2025 (1)
(milioni di euro)
USO DELLE RISORSE (C=A-B)
17.642
15.227
4.414
2.450
1.243
2.368
1.435
19.400
18.744
4.409
1.000
2.772
4.383
2.298
28.419
25.366
4.410
3.400
4.556
4.680
1.187
2.632
2.250
2.415
1.600
3.052
1.400
31.994 35.815 44.666
Maggiori spese (A)
Spese correnti
Riduzione del cuneo fiscale: bonus per lavoratori con redditi fino a 20.000 euro
Istituzione di un fondo per le politiche per il Mezzogiorno
Rinnovo contratti dipendenti pubblici
Incremento del Fondo sanitario nazionale
Altre misure per il personale PA (2)
Modifiche requisiti pensionamento (Quota 103, APE sociale, Opzione donna)
Misure per le famiglie con figli (3)
Fondi per acquisto di beni alimentari
Spesa per interessi
Definanziamenti, rifinanziamenti e riprogrammazioni (sezione II – effetto netto) (4)
Altre spese correnti
Spese in conto capitale
Credito d’imposta in favore delle imprese per l’acquisto di beni strumentali (ZES Mezzogiorno)
Rifinanziamento Nuova Sabatini e altri contributi alle imprese
Fondo investimenti Amm. Centrali
Altre spese in conto capitale
Minori entrate (B)
Nuova detrazione per redditi da lavoro dipendente tra 20.000 e 40.000 euro
Riduzione dell’aliquota Irpef per il secondo scaglione e innalzamento della no tax area (5)
Incentivi alle assunzioni
Misure fiscali per il welfare aziendale
Allargamento della platea della decontribuzione per le madri
Altre minori entrate (effetto netto)
-14.352
-8.440
-4.803
REPERIMENTO RISORSE (D= E-F)
23.084 20.853 19.427
Maggiori entrate (E)
Rimodulazione della deducibilità di svalutazioni e perdite su crediti (DTA)
Stima delle maggiori entrate da impatto macroeconomico della manovra
Modifica del regime di versamento dell’imposta di bollo sui prodotti assicurativi
Rivalutazione valore terreni e partecipazioni – imposta sostitutiva (effetto netto)
Effetti riflessi delle misure
Modifica alle detrazioni per familiari a carico
Misure di contrasto all’evasione
Lotterie, giochi a premi e scommesse
Altre maggiori entrate
7.900
2.542
1.619
Minori spese (F)
Spese correnti
Mancato rinnovo della Decontribuzione Sud
Riduzione fondo delega fiscale e fondo per l’abbattimento della pressione fiscale
Riduzione della spesa delle Amm.ni Centrali
Blocco del turnover
Riduzione della spesa delle Amm.ni Locali (effetto netto)
Altre minori spese
-15.184
-13.085
-5.902
-5.601
Spese in conto capitale
Riduzione della spesa delle Amm.ni Centrali
Riduzione della spesa delle Amm.ni Locali
Definanziamenti, rifinanziamenti e riprogrammazioni (sezione II – effetto netto) (6)
-2.099
-1.259
Variazione netta entrate (G=B+E)
Variazione netta spese (H=A+F)
-6.451
2.458
correnti
in conto capitale
2.142
Variazione dell’indebitamento netto (I=H-G)
-16.415 -16.248
-8.569
-8.558
-5.334
-4.980
-1.330
-1.328
6.437
1.526
1.115
6.407
2.212
1.610
-14.416 -13.020
-11.794 -12.260
-3.994
-4.054
-4.899
-4.885
-1.408
-1.785
-2.621
-1.873
-1.699
1.377
-9.978 -9.841
4.984 15.399
6.950
-1.966
13.106
2.292
8.910 14.962 25.240
(1) Elaborazioni sulle valutazioni ufficiali contenute negli atti parlamentari del disegno di legge di bilancio 2025. – (2) Comprende gli
stanziamenti per l’assunzione di personale e i trattamenti accessori. – (3) Include il bonus di 1.000 euro per le nuove nascite, lo scorporo
dell’AUU dall’ISEE per l’accesso al Bonus nido, il rafforzamento del bonus nido per le famiglie con ISEE inferiore a 40.000 e dei congedi
parentali. – (4) Comprende l’effetto netto dei definanziamenti, rifinanziamenti e riprogrammazioni della Sezione II per la parte di spesa corrente.
– (5) Al netto degli effetti derivanti dalla revisione delle detrazioni per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro. – (6)
Comprende l’effetto netto dei definanziamenti, rifinanziamenti e riprogrammazioni della Sezione II per la parte di spesa in conto capitale.
Tavola 2
Il quadro di finanza pubblica nei più recenti documenti ufficiali
(in percentuale del PIL)
DEF 2024 (1)
quadro tendenziale
‘23
‘24
‘25
‘26
PSBMT 2025-29
quadro tendenziale
‘27
‘23
‘24
PSBMT 2025-29
quadro programmatico
‘25
‘26
‘27
‘28
‘29
‘23
‘24
‘25
‘26
‘27
‘28
‘29
Indebitamento
netto
3,8 2,9
Avanzo
primario
-3,5 0,1 1,0
2,5 n.d.
Spesa per
interessi
3,9 3,9
4,1 n.d. n.d.
Debito
137,3
n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.
n.d. 134,8 135,8 136,9 137,8 137,5 136,4
P.m. Crescita
del PIL
1,0 0,9
137,8 138,9 139,8 139,6
(1) Il documento non include un quadro programmatico.
134,9
Tavola 3
Conto economico delle Amministrazioni pubbliche (1)
(in percentuale del PIL)
Imposte dirette
Imposte indirette
Imposte in c/capitale
Pressione tributaria
Contributi sociali
Pressione fiscale
Produzione vendibile e per uso proprio
Altre entrate correnti
Altre entrate in c/capitale
TOTALE ENTRATE
Redditi da lavoro dipendente
Consumi intermedi
Prestazioni sociali in natura
Prestazioni sociali in denaro
Interessi
Altre spese correnti
Totale spese correnti
di cui: spese al netto degli
interessi
Investimenti fissi lordi
Altre spese in conto capitale
Totale spese in conto capitale
TOTALE SPESE
Avanzo primario (2)
Indebitamento netto
di cui: spese al netto degli
interessi
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
(1) Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali. – (2) Un segno negativo indica
un disavanzo.
Figura 1
Debito delle Amministrazioni pubbliche
(in percentuale del PIL)
Fonte: per il PIL, Istat.
Figura 2
Fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche
(valori cumulati degli ultimi 12 mesi; miliardi di euro)
Figura 3
Tasso lordo dei BOT e dei BTP decennali,
onere medio e vita media residua del debito
(valori percentuali e anni)
Fonte: Istat, per la spesa per interessi.
(1) Rapporto tra la spesa per interessi nei 4 trimestri precedenti e la consistenza del debito alla fine del corrispondente
trimestre dell’anno precedente. – (2) Rendimento all’emissione calcolato come media ponderata, sulla base delle quantità
assegnate, dei tassi composti di aggiudicazione alle aste di emissione regolate nel mese. – (3) Media mensile del rendimento a scadenza del titolo benchmark scambiato sul mercato telematico dei titoli di Stato. – (4) Scala di destra.
Figura 4
Effetti distributivi delle principali misure sul sistema fiscale
e sulle famiglie con figli
a) Incidenza media sul reddito disponibile (%)
b) variazione media reddito disponibile (€/anno)
Fonte: elaborazioni sulla base del modello di microsimulazione della Banca d’Italia, BIMic.
(1) Per il calcolo del reddito equivalente si utilizza la scala OCSE modificata, che attribuisce peso 1 al 1° componente del
nucleo familiare, 0,5 a ogni ulteriore componente di 14 anni o più e 0,3 a ogni componente fino a 13 anni. (2) Le misure qui
valutate sono: a) il passaggio da 4 a 3 scaglioni di reddito; b) l’innalzamento della no-tax area per i lavoratori dipendenti; c)
l’esclusione dei figli di età superiore a 30 anni dai casi che danno diritto alla detrazione per figli a carico e d) l’abrogazione
della detrazione per altri familiari a carico con esclusione degli ascendenti diretti. Per quanto riguarda la modifica alla
detrazione per figli a carico, va specificato che non è possibile individuare nel modello di microsimulazione i figli disabili,
per i quali il taglio della detrazione non si applica. Gli effetti sono pertanto lievemente sovrastimati. (3) Sono valutati: il
bonus a favore dei lavoratori dipendenti con reddito complessivo fino a 20.000 euro e l’ulteriore detrazione per i redditi da
lavoro dipendente quando il reddito complessivo del lavoratore è compreso tra 20.000 e 40.000 euro. (4) Sono simulati:
a) il rafforzamento del bonus per il pagamento delle spese per asili nido; b) il bonus per i nuovi nati e c) l’esclusione degli
importi dell’assegno unico e universale dal calcolo dell’Isee utilizzato per la eleggibilità al bonus per le spese per asili nido
e al bonus per i nuovi nati.
Figura 5
Le nuove misure di riduzione del cuneo fiscale per classi di retribuzione (1)
(euro/annui)
(1) Il grafico riporta il caso di un lavoratore dipendente nell’ipotesi che sia impiegato tutto l’anno, che non abbia alcun altro
reddito e non presenti eventuali oneri detraibili o per familiari a carico.
Figura 6
Aliquote Marginali Effettive per classe di retribuzioni da lavoro dipendente (1)
(valori percentuali)
Fonte: elaborazioni sulla base del modello di micro-simulazione della Banca d’Italia, BIMic.
(1) Valori medi per classe di retribuzione. L’ampiezza di ciascuna banda è pari a 1.000 euro. L’asse orizzontale riporta
l’estremo superiore della classe. (2) La legislazione vigente non include né le modifiche all’Irpef per il 2024 contenute nel
Dlgs. 7/2023 (accorpamento dei primi due scaglioni, estensione della cosiddetta no-tax area per i redditi da lavoro dipendente e il taglio delle detrazioni per alcuni oneri detraibili per i redditi superiori a 50.000 euro) né la riduzione dei contributi
sociali per le retribuzioni inferiori a 35.000 euro, in quanto questi interventi valevano solo per il 2024. È invece inclusa la
decontribuzione totale a favore delle mamme con almeno tre figli introdotta con la legge di bilancio per il 2024 in quanto
ancora in vigore per il 2025. (3) Le “politiche invariate” includono: le modifiche all’Irpef per il 2024 contenute nel Dlgs.
7/2023 (accorpamento dei primi due scaglioni, estensione della cosiddetta no-tax area per i redditi da lavoro dipendente e
il taglio delle detrazioni per alcuni oneri detraibili per i redditi superiori a 50.000 euro); la riduzione dei contributi sociali per
le retribuzioni inferiori a 35.000 euro; la decontribuzione totale a favore delle mamme con almeno tre figli. (4) Per le misure
del disegno di legge di bilancio per il 2025, si veda nota 2 della Figura 4.
Figura 7
Spesa sanitaria in rapporto al PIL
(valori percentuali)
Fonte: elaborazioni su dati Istat.
Grafica e stampa a cura della Divisione Editoria e stampa della Banca d’Italia
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