Un recente rapporto delle Nazioni Unite, redatto da Reem Alsalem, relatrice speciale sulla violenza contro le donne e le ragazze, esorta a mantenere gli sport femminili “esclusivi per le donne” in risposta alla crescente presenza di atleti transgender nelle competizioni femminili. Il documento solleva preoccupazioni riguardo all’equità e alla sicurezza delle donne nello sport e propone raccomandazioni per salvaguardare i diritti delle atlete biologicamente femmine.
Nel rapporto, Alsalem evidenzia come la partecipazione di uomini che si identificano come donne abbia portato a risultati sproporzionati: circa 890 medaglie sarebbero state vinte da atleti transgender, escludendo oltre 600 atlete in 29 discipline sportive. Questa situazione, secondo l’autrice, ha sollevato dubbi sulla giustizia delle competizioni femminili e sulla protezione dei diritti delle donne nello sport.
Tra le raccomandazioni principali del rapporto, emerge la necessità di riservare le competizioni femminili alle donne biologiche, per garantire “sicurezza e equità”. Il rapporto afferma chiaramente che le categorie sportive femminili dovrebbero essere “accessibili esclusivamente alle persone il cui sesso biologico è femminile”. Alsalem sottolinea l’importanza di proteggere lo spazio competitivo delle donne e delle ragazze, preservandone i diritti conquistati attraverso decenni di lotte per l’uguaglianza di genere.
Una proposta interessante del rapporto riguarda i metodi per determinare il sesso di un atleta nei casi in cui vi siano dubbi. Viene suggerito un approccio “dignitoso, rapido, non invasivo e accurato”, come l’uso di un tampone della guancia o, in casi eccezionali, di test genetici. Inoltre, nei contesti sportivi non professionistici, Alsalem suggerisce che si potrebbe ricorrere alla verifica del certificato di nascita originale.
Il rapporto pone inoltre particolare attenzione sulla protezione della privacy delle donne, citando il diritto internazionale che garantisce il diritto alla privacy negli spogliatoi e in altri spazi sportivi intimi. Alsalem sottolinea che la presenza di atlete transgender potrebbe compromettere tale diritto, violando l’Articolo 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, il quale afferma che nessuno deve essere sottoposto a interferenze arbitrarie o illecite nella propria vita privata.
Pur insistendo sulla necessità di proteggere le categorie femminili, Alsalem riconosce i diritti delle persone transgender, affermando che non dovrebbero essere escluse dallo sport in generale. Tuttavia, la relatrice ribadisce che tali diritti non devono prevalere su quelli delle donne, né imporre la loro presenza in spazi riservati esclusivamente alle atlete biologicamente femmine.
In conclusione, il rapporto invita a bilanciare i diritti degli atleti transgender con la tutela delle donne e delle ragazze, suggerendo che queste ultime non dovrebbero essere penalizzate o private del loro spazio sportivo a causa delle decisioni riguardanti l’inclusione degli atleti transgender.