Imprese poco sensibili e fonti istituzionali non attrezzate per vigilare
Solo il 21,82 delle imprese edili di Siracusa ha fatto richiesta di cassa integrazione questa estate nelle giornate di maggiore caldo, percentuale che scende al 12,46% nella provincia di Enna. A fare una prima indagine statistica sull’argomento è la Fillea Cgil Sicilia, sindacato che l’estate scorso ha svolto in tutta la regione una campagna di sensibilizzazione su caldo, lavoro e salute e sicurezza nei cantieri, che ha portato all’emanazione di ordinanze comunali e poi di un’ordinanza regionale per la sospensione delle attività nelle ore in cui il termometro superava i 35 gradi. Sempre la Fillea ha battuto a tappeto le aziende durante l’estate per monitorare la situazione e raccogliere dati. “Al di là di alcune inevitabili imprecisioni di una rilevazione statistica costruita sul campo e incrociando i dati di fonti come le casse edili e la protezione civile- dice Salvo Carnevale, responsabile salute e sicurezza per la Fillea Cgil Sicilia – quello che emerge è una sostanziale insensibilità delle imprese edili rispetto al problema. E’ evidente che la maggior parte non ha aderito alle indicazioni delle ordinanze, mandando al lavoro le maestranze”. La Fillea Cgil Sicilia segnala anche “attuali difficoltà che riguardano le fonti istituzionali: l’Inps, ad esempio,- osserva Carnevale- non incrocia data ed evento, nelle casse edili è impossibile la ricerca dati giornaliera su imprese distinte, dal sito della protezione civile non è possibile ricostruire l’orario in cui si superano i 35 gradi”. Sottolinea dunque Carnevale: “La nostra indagine dà luogo a considerazioni di tipo deduttivo. Se in una zona il 20% ha chiesto cig per caldo, vuol dire c’era il requisito della temperatura rovente. Un requisito che evidentemente dal restante 80% delle imprese non è stato tenuto in considerazione. Come Fillea – conclude Carnevale- riteniamo che da un lato deve crescere la sensibilità sul problema, obiettivo per il quale la nostra iniziativa proseguirà, dall’altro le fonti istituzionali, a partire dall’Inps, devono attrezzarsi per il monitoraggio”.