I prezzi del petrolio sono scesi di oltre un dollaro al barile, con un calo superiore all’1,5% nelle prime transazioni di oggi, riflettendo le preoccupazioni economiche derivanti dai nuovi dati sull’inflazione in Cina e dall’incertezza sui piani di stimolo di Pechino per rilanciare l’economia. Il greggio Brent, il benchmark internazionale, è sceso di 1,26 dollari, pari all’1,59%, arrivando a 77,78 dollari al barile. Anche i future del West Texas Intermediate (WTI), il riferimento per il mercato statunitense, sono scesi di 1,20 dollari, registrando un calo dell’1,59%, portandosi a 74,36 dollari al barile.
Inflazione cinese e stimoli economici
Il calo dei prezzi è stato innescato dai dati ufficiali diffusi lo scorso sabato, che mostrano come la Cina sta affrontando crescenti pressioni deflazionistiche. A settembre, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato solo dello 0,4% su base annua, mentre l’indice dei prezzi alla produzione (PPI) ha registrato un calo del 2,8%. Questi numeri suggeriscono che la domanda interna in Cina rimane debole, riducendo le prospettive di un aumento del consumo di petrolio da parte del secondo maggiore consumatore mondiale.
La conferenza stampa del governo cinese di sabato, che ha lasciato molti dubbi sull’entità del pacchetto di stimoli per sostenere la ripresa economica, ha aumentato la speculazione tra gli investitori, contribuendo ad una maggiore volatilità sui mercati del petrolio. Senza un chiaro impegno verso un significativo piano di stimoli economici, il mercato teme che la ripresa della domanda di petrolio in Cina possa essere più lenta del previsto.
Effetti degli uragani negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, la domanda a breve termine ha ricevuto un impulso grazie alle evacuazioni causate dall’uragano Milton, che ha sostenuto temporaneamente il consumo di petrolio. Tuttavia, questo effetto positivo è stato offuscato dalla generale debolezza della domanda globale. Le preoccupazioni riguardanti il rallentamento della domanda cinese continuano a pesare sui fondamentali di mercato, spingendo al ribasso i prezzi del petrolio.
Alle 10:45 ora locale (07:45 GMT), il Brent era ulteriormente sceso dell’1,4% a 77,50 dollari al barile, mentre il WTI ha registrato un calo dello 0,82%, scendendo a 73,65 dollari. Entrambi i benchmark si trovano al di sotto dei valori di chiusura delle sessioni precedenti.
Preoccupazioni geopolitiche e inflazione statunitense
Nonostante i timori di potenziali interruzioni dell’approvazione dovute ai conflitti in Medio Oriente, una regione chiave per la produzione petrolifera globale, l’effetto di queste preoccupazioni non è stato sufficiente per contrastare il calo dei prezzi. I trader continuano a considerare più rilevante l’impatto della domanda rallentata, in particolare dalla Cina.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, i dati sull’inflazione hanno mostrato segnali di allentamento delle pressioni inflazionistiche. Il Producer Price Index (PPI) di settembre è rimasto invariato su base mensile, al di sotto delle aspettative, mentre l’aumento su base annua è stato dell’1,8%, leggermente superiore alle previsioni. Il Core PPI, che esclude cibo ed energia, è aumentato dello 0,2% mese su mese e del 2,8% anno su anno, in linea con le attese degli analisti.
Attese per la Federal Reserve
Questi dati hanno alimentato le aspettative che la Federal Reserve potrebbe mantenere invariati i tassi di interesse nella sua prossima riunione. Inoltre, vi è una crescente speculazione sui due possibili tagli dei tassi di interesse, ciascuno di 25 punti base, entro la fine dell’anno. Un eventuale allentamento della politica monetaria potrebbe indebolire il dollaro statunitense, rendendo il petrolio più economico per i compratori internazionali e potenzialmente stimolando la domanda globale.
Nonostante ciò, le prospettive a breve termine restano dominate dalle incertezze economiche globali, con particolare attenzione alla domanda cinese e alla capacità dei governi di stimolare una ripresa sostenibile.