In un momento di profondi cambiamenti e dibattiti sulla giustizia italiana, intervistiamo Stefano Armati, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Velletri. Al centro della discussione ci sono due temi di cruciale importanza: la proposta di separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti e l’efficacia della Legge Pinto, introdotta per contrastare la lentezza dei processi. La separazione delle carriere, che mira a garantire una maggiore indipendenza e imparzialità del sistema giudiziario, ha sollevato opinioni contrastanti, sia tra gli operatori del settore che tra i cittadini. Stefano Armati ci fornirà il suo punto di vista, sottolineando come la riforma potrebbe rafforzare i principi costituzionali e migliorare l’efficienza del sistema giustizia.
Inoltre, discuteremo della Legge Pinto, uno strumento pensato per assicurare una “equa riparazione” ai cittadini che subiscono processi di durata irragionevole. Nonostante le varie modifiche apportate alla normativa, rimangono dubbi sull’effettiva riduzione dei ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Armati ci aiuterà a esplorare le possibili sinergie tra queste riforme, il loro impatto sulla tutela dei diritti dei cittadini e le sfide che il nostro sistema giuridico continua ad affrontare.
Domanda. Qual è la sua posizione sulla proposta di separare le carriere tra magistratura giudicante e requirente? Quali potrebbero essere i principali vantaggi di questa riforma e come potrebbe rafforzare i principi costituzionali del giusto processo?
Stefano Armati. Non rispondo con la mia personale opinione sul punto ma con un principio generale ovvero per garantire un efficiente sistema della giustizia a vantaggio esclusivo di tutti coloro che si trovino ad affrontarlo occorre garantire ulteriormente (con ogni strumento) l’indipendenza della Magistratura. La storia dimostra che meno è indipendente la funzione giurisdizionale e più è attratta sotto l’egida del Governo con la conseguenza che meno garanzie si danno al cittadino che abbia a che fare con la giustizia.
Domanda. Nonostante le riforme del 1989 e del 1999, le carriere dei magistrati restano unite. Quali sono, secondo lei, le ragioni di questa resistenza e come il disegno di legge costituzionale attuale potrebbe risolvere tali problematiche?
Stefano Armati. Se è pur vero che le carriere sono unite e altresì vero che le riforme che si sono succedute nel tempo hanno portato a un decremento dei passaggi dall’una all’altra funzione. Ad esempio dal 2011 al 2016 solo lo 0,21% dei requirenti è passato tra i giudicanti e lo 0,83% viceversa.
Con la riforma Cartabia, dopo una complicata mediazione politica tra posizioni molto distanti, questi numeri marginali sono destinati a ridursi ancora perché la legge prevede che il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, e viceversa, possa avvenire soltanto una volta nel corso della carrieraentro 10 anni dalla prima assegnazione delle funzioni. Trascorso tale periodo, è ancora consentito, per una sola volta, il passaggio dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti, purché l’interessato non abbia mai svolto funzioni giudicanti penali; il passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti civili o del lavoro, in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, purché il magistrato non si trovi, neanche in qualità di sostituto, a svolgere funzioni giudicanti penali o miste. Pertanto tutte le riforme muovono nella stessa direzione.
Domanda. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazioni sul rischio di indebolimento della magistratura con la separazione delle carriere. Come risponde a tali timori? In che modo questa riforma potrebbe influenzare il ruolo del pubblico ministero e l’efficienza della giustizia?
Stefano Armati. Il timore dei Magistrati sul punto mi è sempre stato poco chiaro proprio perché, come detto, tutte le riforme vanno nella stessa direzione un intervento normativo sulla separazione delle carriere non mi appare come una svolta epocale ma come una evoluzione sociale verso la concreta realizzazione di principi costituzionalmente garantiti quali il giusto processo e l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Domanda. Quali effetti prevede che la separazione delle carriere avrà sulla terzietà del giudice e sui diritti dei cittadini? Esistono esperienze internazionali da cui l’Italia potrebbe trarre ispirazione?
Stefano Armati. Spesso esiste una radicale differenza tra gli ordinamenti, frutto di tradizioni giuridiche ed evoluzioni storiche peculiari di ciascun Paese che non consente di traslare da un sistema all’altro. Tuttavia da alcune esperienze si potrebbe trarre giovamento.
Noto e più volte considerato negli studi in materia è il sistema portoghese che prevede da ben 50 anni la separazione delle carriere senza determinare la sottoposizione del P.M. all’esecutivo che costituisce l’argomento utilizzato da quanti si mostrano sfavorevoli all’intervento normativo in materia. Il sistema in mezzo secolo di vigenza non ha portato alcuna criticità che abbia indotto il Legislatore a intervenire e non si rilevano neppure iniziative sociali di senso opposto.
Domanda. Quale sarà, secondo lei, il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nella riforma proposta? Quali vantaggi si potrebbero ottenere dalla creazione di un’Alta Corte disciplinare separata dal CSM, e in che modo il sorteggio dei membri togati potrebbe contrastare il fenomeno del “correntismo”?
Stefano Armati. Per i favorevoli alla separazione delle carriere la attuale diversità dei magistrati solo nelle funzioni e la possibilità di spostarsi orizzontalmente e verticalmente, dal merito alla legittimità ha alimentato e alimenta gerarchie e correntismi interni da eliminare. Il recente aumento dei membri laici del CSM , dovuto alla Riforma Cartabia, dovrebbe costituire un tentativo volto a scongiurare l’insorgere ed il permanere di “fazioni” interne ma da solo non basta.
Il CSM si deve riappropriare del suo ruolo Costituzionale di scudo per assicurare l’indipendenza del magistrato mentre è stato interpretato sempre più come organo di autogoverno che si è “politicizzato” in correnti interne ed è diventato pian piano “nocivo” per la stessa categoria.
Domanda. Ritiene che la separazione delle carriere possa influire anche sulla formazione dei magistrati? Se sì, in che modo pensa che la preparazione e il percorso di carriera dovrebbero essere differenziati tra giudici e pubblici ministeri?
Stefano Armati. Saranno necessari separati concorsi di accesso alla magistratura per funzioni requirenti e giudicanti, previa modifica dell’art. 106 Cost., che inevitabilmente determinerebbe diversità di preparazione e scuole di formazione, di eventuale praticantato in vista del concorso e di approccio culturale; distinti Consigli superiori per la magistratura, l’uno per la funzione giudicante e l’altro per quella requirente.
Domanda. La Legge Pinto è stata introdotta per combattere l’irragionevole durata dei processi. Qual è il suo giudizio complessivo sulla sua efficacia fino ad oggi, e quali sono le principali sfide nell’applicazione di questa legge?
Stefano Armati. Tutte le riforme che si stanno succedendo in materia giustizia mirano all’efficientamento del sistema.
Senz’altro la Legge Pinto si incardina in questo schema, tuttavia essa prevede una equa riparazione per chi abbia subito un processo oltremodo lungo ovvero oltre la ragionevole durata e l’intervento è postumo ossia riparativo dopo che il soggetto ha subito il danno. Gli interventi dovrebbero invece innestarsi prima scongiurando il pericolo di una durata eccessiva anche perché il rimedio offerto al cittadino rappresenta un nuovo ricorso alla giustizia che resta con ciò in notevole affanno.
Domanda. Le misure introdotte dalla legge di stabilità del 2016 hanno cercato di rafforzare il rispetto dei termini di durata ragionevole dei processi. Ritiene che le modifiche della legge 208 del 2015 siano state sufficienti o servano ulteriori riforme?
Stefano Armati. Che gli interventi normativi non siano stati sufficienti benché abbiano notevolmente migliorato la situazione lo dimostrano le riforme successive. C’è ancora molto da fare per adeguare il nostro sistema giudiziario ma i disegni di legge al vaglio in materia volgono verso questo obiettivo.
Domanda. Alcuni critici sostengono che i processi di equa riparazione previsti dalla Legge Pinto non abbiano ridotto significativamente i ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quali ulteriori modifiche suggerirebbe per migliorare la situazione?
Stefano Armati. Ritengo che ulteriori interventi normativi contro l’irragionevole durata del processo debbano favorire soluzioni alternative al ricorso giurisdizionale per non implementare un bulimico ricorso alla giustizia.
Domanda. La separazione delle carriere e la Legge Pinto mirano entrambe a rendere il sistema giudiziario più equo ed efficiente. Quali sinergie vede tra queste riforme e come potrebbero collaborare per garantire processi più rapidi e giustizia più accessibile ai cittadini?
Stefano Armati. Seppure l’impianto di questi due interventi normativi ha la stessa finalità essi mirano alla tutela di diritti diversi.
La legge Pinto alla riparazione di un danno, le proposte di legge per la separazione delle carriere hanno altro obiettivo ovvero quello di assicurare la netta distinzione tra la funzione requirente e quella giudicante con lo specifico fine di evitare commistioni tra le due funzioni che possa pregiudicare la terzietà e l’indipendenza della Magistratura.