
(AGENPARL) – mar 17 settembre 2024 CAMPI FLEGREI | Una nuova analisi sulla natura del bradisismo della caldera
Il nuovo risultato scientifico raggiunto attraverso l’analisi delle deformazioni del suolo, la
modellazione delle sorgenti vulcaniche e le simulazioni petrologiche sull’attività del
vulcano dal 2007 al 2023
[Roma, 17 settembre 2024]
Comprendere se l’attivita sismica, la deformazione del suolo e l’emissione di gas,
fenomeni che dal 2007 sono progressivamente aumentati per il bradisismo in corso
nel vulcano Campi Flegrei, coinvolgano il movimento o un accumulo di magma in
profondità e, quindi, tracciarne l’evoluzione nel tempo.
Questi gli obiettivi raggiunti da un team internazionale di ricercatori guidato
dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con
l’Università degli Studi Roma Tre e l’Université de Genève, nell’ambito del progetto
“LOVE-CF” finanziato dall’INGV per l’indagine multidisciplinare dei Campi Flegrei.
I risultati dello studio sono riportati nell’articolo “Tracking the 2007-2023 magma-driven
unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)”, recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications of Earth and Environment, che affronta questi aspetti importanti per
definire la dinamica e lo stato attuale di un vulcano in un’area ad elevata densità di
popolazione.
Secondo gli esperti, il vulcano ha mostrato segni di un progressivo accumulo di
magma a profondità relativamente superficiali.
Da anni, gli scienziati monitorano con attenzione l’attivita dei Campi Flegrei, la vasta
caldera vulcanica situata a ovest di Napoli, il vulcano noto negli ultimi decenni per le crisi
bradisismiche.
Utilizzando tecniche avanzate, come la geodesia, le simulazioni numeriche e la
petrologia, i ricercatori sono riusciti a mappare il movimento del magma nelle
profondità della caldera nell’arco di 16 anni, dal 2007 al 2023, ossia dall’inizio della
nuova fase bradisismica del vulcano che dura ancora oggi.
L’analisi evidenzia che l’ascesa del magma a profondità inferiori a 8 km è il motore
principale dell’attività in corso, caratterizzata da un lento e costante sollevamento del
suolo, che ha raggiunto circa 1,3 metri al Rione Terra di Pozzuoli dal 2006 a oggi.
Considerando diversi scenari, i ricercatori hanno dedotto che la sorgente di
deformazione risulta negli anni progressivamente più superficiale, da circa 6 km fino
ad arrivare a circa 4 km di profondita. Tale sorgente costituisce il risultato della risalita di
magma e gas magmatici dalla zona di accumulo principale, a 8 km di profondita, a
profondita inferiori.
Inoltre, la risalita del magma e dei gas magmatici ha contribuito all’intensificazione
dell’attivita sismica e all’incremento dei fenomeni di emissione di gas, in particolare
nell’area della Solfatara, che rappresenta iconograficamente una delle principali
manifestazioni vulcaniche della caldera.
Gli esperti avvertono che, sebbene al momento non ci siano segnali di eruzione
imminente, tuttavia il possibile continuo accumulo di magma e l’aumento della pressione
nel sottosuolo rappresentano un rischio che deve continuare ad essere monitorato e
gestito con grande attenzione.
“È fondamentale monitorare costantemente il comportamento di questo vulcano,
soprattutto considerando che si trova in una delle aree più densamente popolate d’Europa”,
dichiara Elisa Trasatti, ricercatrice dell’Osservatorio Nazionale Terremoti dell’INGV
e coordinatrice del gruppo di ricerca. “Negli ultimi decenni la rete di misura delle
deformazioni del suolo tramite GNSS ha raggiunto un altissimo livello di sviluppo
tecnologico per il numero di stazioni in tutta l’area vulcanica, e per l’affidabilità
dell’elaborazione del dato, che è acquisito in continuo e processato giornalmente. Inoltre”,
prosegue la ricercatrice, “il dato satellitare ha permesso una ricostruzione con grande
copertura areale. Grazie all’alta qualità dei dati, è stato possibile sviluppare modelli
avanzati per individuare la causa delle deformazioni monitorate. Questo ha permesso di
effettuare un passo ulteriore nella determinazione dell’origine dell’attività dei Campi
Flegrei”.
Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore
dello studio, afferma “Qualsiasi affermazione che riguarda l’attività dei Campi Flegrei deve
essere ponderata con attenzione. Sebbene non sia possibile definire con certezza la presenza
di magma a circa 4 km di profondità, lo studio stabilisce per la prima volta che il magma, in
risalita dagli 8 km, è il motore principale dell’attività in corso ai Campi Flegrei. Sebbene al
momento non ci siano segnali imminenti di eruzione, il continuo accumulo di magma e
l’aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che non deve essere
ignorato”.
Valerio Acocella, professore dell’Università Roma Tre, Associato di ricerca all’INGV
e coautore dello studio, spiega: “Questo studio fornisce importanti elementi per
comprendere meglio e vincolare lo stato attuale del sistema magmatico dei Campi Flegrei”.
Sottolinea inoltre l’importanza della collaborazione internazionale: “Lo studio dimostra
anche quanto sia importante integrare diverse discipline ed utilizzare le competenze di
istituzioni diverse per affrontare problemi complessi come quello dei Campi Flegrei. Solo
attraverso un approccio multidisciplinare possiamo sperare di comprendere pienamente la
dinamica dei vulcani”.
Gli scienziati sottolineano che il vulcano è costantemente monitorato attraverso
una fitta rete multiparametrica che consente di rilevare anche i minimi
cambiamenti nella caldera.
“I dati più recenti, dal 2023 a oggi, mostrano similitudini con quanto osservato nei
precedenti 16 anni, con una lieve intensificazione delle manifestazioni. Quindi, al momento
non ci sono ragioni per ritenere che l’attività magmatica non stia ancora proseguendo come
definito nello studio. Siamo costantemente in contatto con la Protezione Civile per garantire
che ogni più piccolo sviluppo venga seguito con la massima attenzione” conclude Mauro A.
Di Vito.
Come si cita
Astort, A., E. Trasatti, L. Caricchi, M. Polcari, P. De Martino, V. Acocella, M. A. Di Vito.
Tracking the 2007-2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy). Commun
Earth Environ 5, 506 (2024). https://doi.org/10.1038/s43247-024-01665-4
Link utili:
INGV-ONT
INGV-OV
Università degli Studi RomaTre
Université de Genève
Progetto LOVE-CF INGV (Linking surface Observables to sub-Volcanic plumbing-system: a
multidisciplinary approach for Eruption forecasting at Campi Flegrei caldera, Italy)
Seguono immagini
Fig. 1: Monitoraggio delle deformazioni del suolo ai Campi Flegrei dal 2007 al 2023. (A)
Deformazioni orizzontali progressive ottenute con la rete geodetica GNSS gestita dall’INGV Osservatorio Vesuviano. B) Deformazioni verticali ottenute dall’elaborazione dei dati satellitari
Envisat dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
In nero sono riportati i bordi della caldera. C) Sollevamento del suolo nel Rione Terra di Pozzuoli
dal 2007 al 2023.
Fig. 2: Schema interpretativo del sistema di alimentazione dei Campi Flegrei dal 2007 al
2023. La modellazione dei dati di deformazione del suolo durante il 2007-2023 e le simulazioni
petrologiche hanno permesso di definire l’ascesa di magma da 8 km di profondita. Questo ha
causato l’espansione di una sorgente deformativa a profondita inferiori, che da circa 6 km ha
raggiunto circa 4 km a partire dal 2015. Sebbene non sia possibile definire con certezza la presenza
di magma a 4 km, lo studio stabilisce per la prima volta che il magma in risalita dalla zona di
accumulo a 8 km di profondita e il motore principale dell’attivita vulcanica in corso ai Campi
Flegrei, che coinvolge il lento sollevamento del suolo, il degassamento alla Solfatara e le crisi
sismiche.
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