
PONTE LEVATOIO VERSO IL CUORE DEL GIUSTO PROCESSO
Estratto dell’audizione del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano e Tesoriere dell’Organismo Congressuale Forense, Antonino La Lumia in Commissione Affari Istituzionali del 12 settembre 2024.
L’Avvocatura, da sempre, sostiene il progetto di separazione delle carriere dei magistrati, nell’ottica di dare piena attuazione ai principi costituzionali del giusto processo, dando pieno respiro al modello accusatorio del processo penale: per questo oggi, non possiamo che esprimere un giudizio di favore nei confronti del disegno di legge costituzionale presentato dal Governo.
L’impianto è coerente con la necessità di assicurare – oltre ad autonomia e indipendenza – anche la terzietà, un requisito che rappresenta un quid pluris, di carattere ordinamentale, funzionale a qualificare il rapporto tra ordinamento e processo che, in termini costituzionali, deve essere in equilibrio simbiotico, mantenendo saldo il ruolo della magistratura.
Dobbiamo chiederci non se o perché separare le carriere, ma perché le carriere – a distanza dal codice del 1989 e dalla riforma costituzionale del 1999 – siano ancora unite: la terzietà non va rafforzata, va attuata.
Da questo punto di vista, non possiamo condividere i toni politicamente belligeranti adottati dall’Associazione Nazionale Magistrati che, in più occasioni, ha voluto adombrare – in maniera fuorviante – un complessivo disegno di indebolimento della magistratura, prefigurando un’involuzione della figura del pubblico ministero e parlando addirittura di “cavallo di Troia” volto ad assoggettare tutti i magistrati al potere politico, con l’effetto di ridurre le garanzie e i diritti di libertà dei cittadini. Nulla di tutto ciò è ravvisabile nei disegni di legge costituzionale in discussione: anzi, tali infondate preoccupazioni sono smentite proprio dalle rispettive relazioni introduttive, che evidenziano, da un lato, l’esigenza di non limitare in alcun modo l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati e, dall’altro, l’assenza di qualsiasi intento di attrarre la magistratura requirente nella sfera di controllo o di influenza di altri poteri dello Stato.
Per questa ragione, la mobilitazione culturale di cui parla ANM si rivela indispensabile non certo per diffondere timori ingiustificati circa un fantomatico obiettivo di ridimensionare il potere giudiziario, ma – esattamente al contrario – per rendere chiaro ai cittadini che la separazione delle carriere non determina alcuna modifica negli equilibri tra il potere politico e quello giudiziario, ma serve – come un ponte levatoio – a rendere il processo penale più equo perché lo assegna a un giudice terzo a garanzia dell’imparzialità della decisione.
In questo assetto di effettivo allineamento ordinamentale, è indefettibile la nuova configurazione dell’organo di governo autonomo, il CSM, per il quale si propone una distinta articolazione per la magistratura giudicante e per quella requirente, attribuendo la presidenza di entrambi per il Presidente della Repubblica, mantenendo la medesima proporzione tra membri laici e togati, con l’innovazione della designazione di questi ultimi tramite sorteggio, anche per superare la (purtroppo) nota logica del correntismo che ha certamente inciso negativamente sulle funzioni del Consiglio Superiore. Parimenti coerente con lo ratio costituzionale del DDL, la proposta di scorporare la funzione disciplinare dal CSM, introducendo l’Alta Corte disciplinare: tale misura, infatti, garantirebbe maggior equilibrio complessivo del sistema, sempre nella prospettiva di tutelare autonomia e indipendenza dei magistrati.