
Enzo Arcioni, figura di spicco nel panorama della conservazione ambientale e della biodiversità, ha dedicato gran parte della sua vita alla tutela della fauna selvatica, collaborando con istituzioni importanti come ENEL, ACEA e Italgas. Ex Segretario Generale della UILSP, Arcioni è anche autore del libro “Le Sirene Suonano Ancora”, un’opera che racconta il suo impegno di oltre quarant’anni nella protezione di specie in via di estinzione e nella promozione di una gestione responsabile della fauna e dell’ambiente.
In questa intervista, esploriamo i momenti chiave della sua battaglia per la salvaguardia ambientale, le sfide che ha affrontato, il ruolo che la sua vita personale ha giocato nella sua visione sulla caccia e la conservazione, e il suo punto di vista su temi attuali come l’uso delle tecnologie nella gestione della fauna e l’impatto del cambiamento climatico. Attraverso le sue parole, emerge una visione profonda del rapporto tra uomo e natura, ricca di esperienza diretta e riflessioni su etologia, biodiversità e le tensioni politiche che circondano la gestione della fauna selvatica.
Domanda. Nel libro “Le Sirene Suonano Ancora”, lei descrive una lunga battaglia per la salvaguardia dell’ambiente e della fauna. Qual è stata la sfida più difficile che ha affrontato in questa battaglia?
Enzo Arcioni. Negli anni ’70, periodo in cui ho iniziato concretamente il mio impegno per la conservazione della fauna, le difficoltà che ho dovuto incontrare erano per lo più legate al momento storico. In quegli anni, temi come “conservazione” e “tutela della biodiversità” erano sconosciuti. Solo dopo molti anni di lunghe lotte a diversi livelli, all’inizio degli anni ’90, intervennero leggi a tutela della fauna selvatica.
Domanda. Nel suo libro autobiografico, racconta del suo impegno nella conservazione di specie in via di estinzione e delle collaborazioni con enti come ENEL, ACEA e Italgas. Qual è stato il progetto di conservazione più significativo a cui ha partecipato e quali risultati concreti ha ottenuto nel corso di questi quarant’anni?
Enzo Arcioni. Oltre numerose altre iniziative, per svolgere la mia attività di ricerca, stipulai una Convenzione unitariamente con: Ministero dell’Ambiente, Università di Pavia, ENEL. Nell’ambito di detta Convenzione, sono stati realizzati i miei progetti più significativi, consistenti in alcuni programmi di conservazione del Gufo reale, del Falco pellegrino e della Lince. Molte furono le iniziative di reintroduzione in natura di Gufi reali nell’Appennino centrale e calabrese; nonché molte reintroduzioni di Falco pellegrino a Roma, nella Città del Vaticano e in numerose altre città e cittadine, ed anche in alcune aree di rispetto di centrali ENEL
Domanda. Lei parla della necessità di un equilibrio tra cacciatori, ambientalisti e agricoltori. Crede che sia possibile trovare un terreno comune tra questi gruppi oggi, nonostante le loro divergenze?
Enzo Arcioni. In questi ultimi anni, il dibattito sul tema dell’ambiente si è sviluppato sempre più intensamente e gli operatori presenti sul territorio, come i cacciatori, gli agricoltori e gli ambientalisti, malgrado le note differenze, hanno tentato più volte di avviare un dialogo ma le diversità ideologiche e preconcette ne continuano ad ostacolare la realizzazione.
Domanda. Come è cambiata la percezione della biodiversità in Italia negli ultimi decenni e quale ruolo pensa le Giornate del Cinema Naturalistico possano giocare in questo cambiamento.
Enzo Arcioni. Oggi, la biodiversità è sempre di più un tema culturale all’ordine del giorno delle Istituzioni e di vari organismi di informazione ma, la sua attualità molto complessa e ancora poco conosciuta, induce, sempre più spesso, solerti comunicatori a parlarne, non solo sui social, ma anche in sedi importanti di informazione pubblica, diffondendo notizie approssimative spesso senza contraddittorio. Tutto ciò rappresenta una grossa lacuna culturale.
Le giornate del cinema naturalistico da me realizzate sulla fauna italiana, sono un patrimonio inedito a disposizione per una conoscenza diretta del nostro patrimonio faunistico contenente, tra l’altro, importanti esperienze di etologia.
Domanda. Nel libro “Le Sirene Suonano Ancora”, in che modo la sua vita personale e le sue esperienze hanno influenzato la sua visione sulla caccia e la conservazione dell’ambiente?
Enzo Arcioni. Tutte le mie esperienze sono state sempre messe a disposizione di tutti. La mia formazione culturale mi ha indotto a confrontarmi con tutte le categorie che operano sul territorio, compresi i cacciatori, con i quali mi sono confrontato ufficialmente sin dal 1977 partecipando al Congresso Nazionale dell’ARCI Caccia, con i complessi temi della conservazione, con notevole e inaspettato successo. Anche se in quegli anni i cacciatori erano moltissimi e con scarse nozioni di tutela e rispetto della fauna selvatica
Domanda. Lei sottolinea l’importanza dell’osservazione diretta nel campo dell’etologia, spesso trascurata in Italia. Quali misure crede che dovrebbero essere prese per incentivare la ricerca pratica sul comportamento animale nel nostro Paese?
Enzo Arcioni. Rispetto al tema dell’Etologia, questo è un capitolo molto complesso essendo l’Etologia una scienza moderna e, per conoscerla o insegnarla, non è sufficiente leggere, studiare e diffondere, da cattedre più o meno importanti, notizie relative al comportamento degli animali selvatici ma vanno vissute esperienze concrete in natura, finanziando e incentivando giovani naturalisti, animati da passione per la ricerca, offrendo loro una prospettiva di lavoro, come, per esempio, avviene in Inghilterra.
Domanda. Nel suo discorso, menziona la presenza di “cuore e anima” negli esseri viventi, oltre alla biologia. In che modo crede che questa comprensione più profonda del mondo animale possa influenzare le politiche di conservazione e, gestione della fauna selvatica?
Enzo Arcioni. La comprensione profonda degli animali è comunque parte integrante dell’Etologia, e non va confusa con il possesso egoistico di animali da compagnia come cani e gatti, che considero un rapporto sbagliato. Come ho scritto più volte, considero tale rapporto quasi una sorta di maltrattamento nei riguardi del proprio amico animale, come per esempio quando si detiene un cane di grossa taglia rinchiuso in un piccolo appartamento di città o si detengono colonie di gatti, spesso sterilizzati in ambienti ristretti. Tutti alimentati in modo improprio, per cui, nel tempo, molti di questi poveri animali, vivendo e nutrendosi in modo innaturale, diventano obesi e contraggono le stesse malattie dell’uomo.
Domanda. In che modo la sua esperienza personale e professionale l’ha portata a scrivere questo libro e quali sono i messaggi principali che spera di trasmettere ai lettori?
Enzo Arcioni. La scrittura del mio libro autobiografico mi è stata sollecitata da un caro amico.
Uno dei messaggi che ho voluto trasmettere è che nella vita siamo sottoposti a un continuo tentativo di “bullismo”, da parte dell’uomo sull’uomo, a tutte le età e a tutti i livelli e bisogna trovare il coraggio e la forza di reagire.
Il caro amico che mi stimolò a scrivere il mio autobiografico era il Direttore del Personale dell’ENEL, Angelo Delfino che, una volta in pensione, mi chiese di raccontargli la mia esperienza lavorativa in Pakistan, un’esperienza che non avevo assolutamente la voglia di ricordare e raccontare. Ma, l’insistenza e la curiosità del mio amico, mi convinsero al racconto.
Iniziai così a raccontargli esperienze uniche, come il mio viaggio in Cina, la conoscenza di Mao Tse-Tung, il dono che egli mi fece di un falco pellegrino e ricordi vari di quegli anni, dal 1962 al 1968 nei quali ho vissuto con il Generale Raza Kahn, Ambasciatore del Pakistan in Italia e Albania in quegli anni.
Domanda. Nel contesto delle “Giornate della Natura”, quale ruolo crede che eventi interdisciplinari come questo possano giocare nel sensibilizzare il pubblico e le istituzioni sull’impatto del cambiamento climatico e dei fitofarmaci sulla fauna selvatica e sulla zootecnia italiana?
Enzo Arcioni. Le “Giornate della Natura” che propongo, contengono una raccolta di filmati relativi alla fauna selvatica italiana, del tutto inediti, dove è anche esaltata la componente etologica. È un programma culturale, unico nel suo genere, che può contribuire concretamente alla conoscenza della biodiversità, senza la quale qualsiasi provvedimento di tutela può essere efficace.

Angelo Delfino e Enzo Arcioni









