
La Volkswagen (VW), una delle principali case automobilistiche tedesche, sta seriamente considerando la possibilità di chiudere alcuni dei suoi stabilimenti in Germania. Questa mossa, senza precedenti nella storia moderna dell’azienda, riflette una crisi più ampia che sta colpendo l’intero settore automobilistico europeo, messo alle strette dalla crescente concorrenza delle auto economiche prodotte in Cina.
Il CEO del gruppo Volkswagen, Oliver Blume, ha recentemente descritto la situazione come “molto impegnativa e seria”, suggerendo che la chiusura di alcuni stabilimenti potrebbe essere inevitabile. Si tratterebbe della prima chiusura di un impianto VW in Germania, una decisione che rappresenterebbe un duro colpo per l’industria automobilistica tedesca e per i suoi lavoratori, che vedrebbero minacciate le proprie tutele occupazionali. Questa scelta sarebbe la prima a livello globale dalla chiusura dello stabilimento di Westmoreland, in Pennsylvania, nel 1988.
La decisione di Volkswagen arriva in un momento in cui le case automobilistiche cinesi stanno aumentando rapidamente la loro quota di mercato in Europa, grazie a veicoli elettrici (EV) fortemente sovvenzionati e talvolta prodotti in condizioni di lavoro critiche. A giugno 2024, le auto cinesi hanno raggiunto una quota record dell’11% del mercato automobilistico dell’UE, con previsioni che indicano che i veicoli elettrici cinesi rappresenteranno un quarto del mercato europeo entro la fine dell’anno.
La risposta dell’Unione Europea è stata quella di imporre tariffe temporanee sui veicoli elettrici prodotti in Cina, nel tentativo di frenare l’ondata di importazioni che minaccia la sopravvivenza delle case automobilistiche europee. Tuttavia, questa misura potrebbe non essere sufficiente per contrastare la competitività dei prodotti cinesi, che continuano a guadagnare terreno grazie a prezzi inferiori e a una crescente presenza sul mercato.
La Volkswagen, così come altre aziende automobilistiche europee, si trova ad affrontare critiche per le sue operazioni in Cina, specialmente nella regione dello Xinjiang, dove sono state segnalate gravi violazioni dei diritti umani. Già nel 2019, i dirigenti di VW furono messi sotto accusa per aver mantenuto operazioni commerciali nella regione, nonostante le preoccupazioni legate al lavoro forzato. All’epoca, i dirigenti avevano giustificato la loro presenza nello Xinjiang come una decisione “basata puramente sull’economia”.
La crisi in corso riflette una più ampia erosione dell’industria automobilistica europea, aggravata dalla perdita di identità nazionale e dal trasferimento di aziende strategiche a proprietà straniere. L’esempio più eclatante è rappresentato dalla fusione di Fiat Chrysler con il gruppo francese PSA, che ha dato vita a Stellantis. La vendita di marchi storici italiani come Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Maserati ai francesi ha suscitato sconcerto e indignazione nell’opinione pubblica italiana, che vede in questa cessione un tradimento del patrimonio industriale nazionale.
L’industria automobilistica italiana, un tempo fiore all’occhiello del Made in Italy, è stata indebolita da decenni di disattenzioni politiche e decisioni discutibili. La chiusura di fabbriche fiorenti e il rischio di ulteriori perdite occupazionali stanno generando una crescente frustrazione tra i cittadini, che sentono di essere stati traditi da una classe politica incapace di proteggere gli interessi nazionali.
Il caso Stellantis è emblematico: mentre il CEO Carlos Tavares alza i toni e minaccia di chiudere stabilimenti se non otterrà ulteriori finanziamenti, l’Italia si trova a dover rispondere a queste pressioni con un’azione decisa. La nazionalizzazione delle aziende strategiche potrebbe essere una soluzione per proteggere l’industria italiana, ma richiede una volontà politica forte e determinata, che finora sembra mancare.
In conclusione, la crisi che sta colpendo Volkswagen e l’intera industria automobilistica europea evidenzia la necessità di una riflessione profonda sul futuro di questi settori. La competizione con la Cina, la protezione del patrimonio industriale e la salvaguardia dei posti di lavoro richiedono interventi urgenti e coraggiosi. Solo così l’Europa potrà evitare di diventare una “terra di conquista” e potrà continuare a essere un protagonista nell’industria automobilistica globale.