Il 25 agosto, Alexander Vindman, noto per essersi opposto all’ex presidente Donald Trump durante la sua permanenza alla Casa Bianca, ha lanciato un avvertimento inquietante su Twitter: “Musk dovrebbe essere nervoso”. Questo commento ha subito scatenato una reazione, in particolare da parte di Darren Beattie, ex funzionario della Casa Bianca di Trump, che ha replicato: “Ed eccolo lì… senza maschera”. Ma cosa intendeva davvero Vindman con queste parole? E perché Elon Musk dovrebbe preoccuparsi?
Il tweet completo di Vindman faceva riferimento all’arresto di Pavel Durov, CEO di Telegram, avvenuto in Francia lo stesso giorno. Durov, che è cittadino francese, è stato arrestato per presunte violazioni della legge francese riguardanti la sua piattaforma di messaggistica. Vindman ha collegato questo episodio al crescente desiderio di responsabilità da parte delle autorità globali riguardo alla disinformazione e all’influenza negativa esercitata dai social media, tra cui X (ex Twitter), ora sotto la gestione di Musk. In altre parole, secondo Vindman, se Durov può essere arrestato per la gestione di Telegram, Musk potrebbe affrontare simili conseguenze per come gestisce la sua piattaforma.
Questa interpretazione ha alimentato le preoccupazioni tra i sostenitori della libertà di parola, molti dei quali vedono la crescente regolamentazione dei social media come una minaccia. La sinistra ha spesso attaccato quella che definisce “disinformazione”, un termine che spesso include contenuti che provengono da esponenti di destra. L’episodio del laptop di Hunter Biden, inizialmente bollato come “disinformazione” e successivamente confermato come autentico, è un esempio lampante di come la definizione di disinformazione possa essere utilizzata in modo strumentale per censurare determinate opinioni.
Musk, d’altra parte, si è trovato più volte nel mirino delle autorità globali. Non solo ha ricevuto minacce da parte di alti funzionari dell’Unione Europea e del Brasile, ma si è anche scontrato con la World Federation of Advertisers (WFA), un’organizzazione che rappresenta circa il 90% della pubblicità mondiale. Recentemente, Musk ha intentato una causa contro una delle unità della WFA, la Global Alliance for Responsible Media (GARM), accusandola di limitare il commercio. Curiosamente, subito dopo, la WFA ha cancellato GARM, sollevando domande sull’effettiva condotta di questa organizzazione.
Mentre la lotta tra Musk e le autorità globali si intensifica, altre grandi aziende tecnologiche, come Meta (ex Facebook), sembrano aver scelto una strada diversa, stringendo accordi con i governi per evitare guai legali. Tuttavia, questa “collusione” con il potere statale ha sollevato ulteriori dubbi sulla libertà di parola e sulla censura.
In questo contesto, l’avvertimento di Vindman assume un significato ancora più sinistro. Musk potrebbe essere sotto attacco non solo per la sua gestione di X, ma anche per la sua difesa della libertà di espressione in un’epoca in cui il controllo dell’informazione è diventato un obiettivo prioritario per molti governi e istituzioni globali.
In conclusione, il mondo delle Big Tech è più che mai sotto pressione. Da una parte, c’è una crescente richiesta di regolamentazione e responsabilità, dall’altra, c’è una forte resistenza da parte di coloro che vedono in queste mosse un tentativo di soffocare la libertà di parola. Elon Musk, con il suo spirito anticonformista, si trova al centro di questa battaglia, e come suggerisce Vindman, potrebbe davvero avere motivo di essere nervoso.