
È con grande piacere che vi presentiamo un’intervista esclusiva con Mario Mauro, figura di spicco nel panorama politico italiano ed ex Ministro della Difesa nel governo Letta. Durante il suo mandato, Mauro ha affrontato sfide cruciali in ambito nazionale e internazionale, dimostrando una profonda conoscenza delle dinamiche geopolitiche globali. Oggi, ci offre la sua analisi su alcuni dei temi più complessi che stanno caratterizzando lo scenario internazionale contemporaneo.
In questo dialogo, Mario Mauro condivide la sua valutazione della situazione in Ucraina e riflette sul ruolo che l’Europa e la comunità internazionale dovrebbero assumere per promuovere una risoluzione pacifica del conflitto. Inoltre, esplora le implicazioni delle recenti azioni militari della Russia, la tensione crescente tra Cina e Taiwan, e le dinamiche delicate tra Cina e India. Non manca, infine, di esprimere la sua opinione sui persistenti conflitti in Medio Oriente e sulle strategie necessarie per una soluzione sostenibile.
Vi invitiamo a leggere questa intervista, che offre una visione esperta e ponderata su questioni di cruciale importanza per il futuro delle relazioni internazionali e della sicurezza globale.
Domanda. Qual è la sua valutazione attuale della situazione in Ucraina e quale pensa sia il ruolo che l’Europa e la comunità internazionale dovrebbero svolgere per promuovere una risoluzione pacifica del conflitto?
Mario Mauro. Non c’è alternativa ad una pace senza giustizia. E questo rimane vero anche indipendentemente dalla situazione sul campo. Piuttosto tutti dovremmo aver presente che gli equilibri nei rapporti di forza tra le nazioni non sono più quelli di Yalta e questo spiega la posizione dei diversi attori. La Russia vuole nuovamente Yalta, cioè tornare ad essere l’antagonista principale degli Stati Uniti. Cina ed India vogliono invece una Yalta nuova che riconosca il loro nuovo ruolo. Anche la UE è un progetto politico post Yalta. Ma non sembra averne consapevolezza e non riesce a giocare la carta innovativa della sua unità e della sua integrazione economica per arrivare a mettere l’Ucraina sotto una concreta tutela. Per queste ragioni tutto rimane sospeso in un contesto complesso dove fare la guerra ad un certo punto potrebbe apparire più conveniente che cercare la pace. Per questo il dibattito in Europa rimane decisivo anche se l’Unione Europea non funziona come uno stato federale. L’Europa non solo deve proporsi come ha fatto come destinazione naturale delle sofferenze e delle ambizioni ucraine ma deve essere consapevole che questo è il primo passo per la normalizzazione dei rapporti con la Russia.
Domanda. Come valuta le recenti azioni militari della Russia in Ucraina e quale impatto potrebbero avere sul contesto geopolitico europeo?
Mario Mauro. La guerra rimane in una situazione di sostanziale stallo. Lo si capisce meglio ragionando su ciò che è accaduto dal 2014 ad oggi. Ripeto, non ci sono alternative a ciò che era stato convenuto nel 94 e cioè il rispetto della integrità territoriale ucraina. Altra cosa è se nel frattempo al fine di rinviare ad un tavolo negoziale che impegni anche i potenti della terra si ritenesse opportuno congelare delle situazioni di fatto.
Domanda. La situazione a Gaza e in Israele continua a essere tesa e complessa. Qual è il suo parere sui recenti sviluppi e quali passi ritiene necessari per favorire una soluzione sostenibile al conflitto israelo-palestinese?
Mario Mauro. Intanto val la pena dire che il governo italiano si sta muovendo sullo scenario internazionale dei conflitti con encomiabile spirito di iniziativa, laddove anche la parte più significativa delle opposizioni ha mantenuto il posizionamento europeista ed atlantista. Sono dati di fatto rilevanti se pensiamo alla posizione assunta da Washington che più volte ha espresso un formale divario tra le visioni statunitensi e quelle israeliane, nonché una certa insofferenza e frustrazione di Washington nell’assecondare la postura militare e politica di Tel Aviv nel conflitto a Gaza.
Domanda. Come possono le potenze internazionali influenzare positivamente il processo di pace tra Israele e Palestina, e quale ruolo potrebbe svolgere l’Unione Europea in questo contesto?
Mario Mauro. Proprio in considerazione degli interrogativi aperti dalla volontà degli attori regionali storicamente più sensibili alle mediazioni statunitensi quali Arabia Saudita, Egitto, Giordania e più recentemente lo stesso Qatar, l’Unione Europea può intervenire rafforzando la dottrina “ due popoli due Stati “prendendo iniziativa nelle sedi internazionali e individuando tra i palestinesi nuovi e più credibili diritti interlocutori fuori dall‘orbita dei gruppi sostenuti da Teheran.
Domanda. Con le tensioni attuali tra Russia e Occidente, come valuta la strategia di sanzioni e isolamento politico nei confronti di Mosca? Crede che sia sufficiente per garantire la stabilità o ritiene necessari ulteriori aggiustamenti?
Mario Mauro. Serve un grande accordo di potere tra le vecchie e nuove potenze che sia in grado di offrire al mondo una pace stabile. Quello che deve essere messo sul tavolo non è la spartizione dei territori contesi o il riconoscimento di pretese egemoniche, ma la volontà di trovare un compromesso che miri al raggiungimento del bene comune, ossia della pace per tutti. L’unione europea nasce dalla consapevolezza dei padri fondatori che il commercio è il settore più facile su cui iniziare a cooperare. Serve quindi ripensare gli equilibri geopolitici anche in chiave economica, perché chi è interessato a commerciare difficilmente vedrà di buon occhio l’estendersi di una guerra. In questo senso le sanzioni possono essere parte di una strategia che mira al compromesso e non ad esacerbare le posizioni. La nuova commissione europea avrà un ruolo non marginale quindi.
Domanda. Quali potrebbero essere le implicazioni globali di un possibile conflitto tra Cina e Taiwan, e quali strategie ritiene che le nazioni democratiche dovrebbero adottare per prevenire una crisi regionale?
Mario Mauro. Nonostante il tentativo da parte di Washington e Pechino di mantenere il confronto su un piano diplomatico come attestato dal recente incontro tra i due presidenti in realtà una guerra economica è in corso già da tempo. Con la promulgazione del chips and science act del luglio 2022 gli Stati Uniti hanno provato a mettere in un angolo la Cina vietando di fatto il trasferimento tecnologico funzionale all’Advance computing. Questo contrasto fa il paio con la volontà cinese di assorbire Taiwan non tanto allo scopo di completare la dottrina “una sola Cina “quanto di mettere le mani sulla produzione di chips più rilevante del pianeta. Lo scenario del Pacifico è insomma la vera merce di scambio del conflitto globale di cui parliamo perché fino a quando Cina e Stati Uniti non troveranno un accordo a quelle latitudini useranno in modo assertivo e strumentale gli altri fattori di crisi per consolidare il proprio interesse nazionale ed in questo senso l’obbligo che deriva dal fatto di essere alleati convinti e motivati degli americani non ci deve privare di una originalità nel giudizio sulla situazione geopolitica che può fare dell’Italia in questo momento non solo un attore dello scacchiere euro Mediterraneo ma un player globale nell’anno della presidenza del G7 .
Domanda. Le relazioni tra Cina e India sono segnate da tensioni di confine e competizione strategica. Considerando la crescente influenza di entrambi i paesi, come vede l’evoluzione di queste relazioni nei prossimi anni, e quale ruolo possono svolgere le organizzazioni internazionali, come l’ONU, nel facilitare un dialogo costruttivo tra le due potenze?
Mario Mauro. Cina e India conteranno sempre di più. La popolazione indiana è più giovane ed oggi sembra prevalere anche nella sfida della conoscenza. L’India sta pazientemente aumentando il proprio spazio di influenza tra i paesi insofferenti alla guida cinese come Vietnam, Cambogia e Thailandia ed accrescendo la propria forza militare. I cinesi hanno altresì tessuto la loro tela fin nelle contrade più remote del globo. Il mondo insomma e pienamente multipolare e questo conferisce alle istituzioni sovranazionali pensate nel dopoguerra a garanzia degli equilibri internazionali una nuova missione. L’ONU appare in grande difficoltà per poterla assolvere bloccata da meccanismi che non riflettono più la realtà, come il suo anacronistico Consiglio di Sicurezza. La UE avrebbe più frecce al proprio arco se decidesse finalmente per una concreta integrazione politica: non è un problema di più o meno Europa. È un problema di sopravvivenza. Senza difesa e senza politica estera comuni siamo destinati non solo a ruoli secondari sul piano geopolitico ma a ritrovarci vassalli di questo o di quello e se qualcosa compromettesse in tutto o in parte il nostro rapporto con gli Stati Uniti come Unione Europea ci troveremmo di fronte alle sfide del futuro prossimo inermi e votati alla frammentazione.
