
Introduzione, riferimenti storici
1. La vittoria sulla Francia napoleonica all’inizio del XIX secolo portò la Russia tra le principali potenze europee. La cosa non piacque a tutti i governanti del “vecchio continente” e già durante il Congresso di Vienna del 1815, Inghilterra, Francia e Austria fecero un primo tentativo di formulare una politica comune di contenimento della Russia, attraverso la stipula di un trattato segreto. Il tentativo non ebbe successo, ma l’idea della necessità del contenimento della Russia sopravvisse. Gli interessi delle grandi potenze in Medio Oriente rimasero intrecciati in un groviglio di contraddizioni insolubili sfociati nella guerra di Crimea del 1853-1856. La Russia si trovò di fronte a un’ampia coalizione di Stati europei, alla quale, per inciso, si unì il Regno di Sardegna, nucleo della futura Italia unita (cosa che non avvenne per il Regno delle Due Sicilie, che, sullo sfondo del conflitto, mantenne relazioni tradizionalmente amichevoli con San Pietroburgo). Ciò portò a un’esplosione di russofobia senza precedenti nella coscienza pubblica europea, artificialmente alimentata da un giornalismo prezzolato. A questo proposito, il grande poeta e diplomatico russo ebbe a dire:
“Da tempo si poteva prevedere che questo odio frenetico contro la Russia, alimentato in Occidente per 30 anni, ogni anno sempre più forte, avrebbe un giorno spezzato la catena. Quel momento è arrivato. Alla Russia è stato semplicemente offerto il suicidio, la rinuncia alle fondamenta stesse della sua esistenza…”.
Dopo una notevole perdita di vite umane da entrambe le parti, la guerra di Crimea. (alla quale, per inciso, partecipò un giovane ufficiale russo, Leone Tolstoj, che dedicò a questo evento una delle sue prime opere, “I racconti di Sebastopoli”) si concluse con il Trattato di Parigi del 1856. Nei decenni successivi, la Francia, uno dei principali motori della coalizione antirussa, si trasformò nel principale partner europeo della Russia e nel 1892 concluse con San Pietroburgo quei trattati bilaterali che gettarono le basi dell’Intesa. Questo è il tipo di metamorfosi inaspettate che la politica europea ha conosciuto in passato. Forse è stato un bene che all’epoca non esistessero sul continente entità sovranazionali come la NATO o la UE e che il fattore dell’intervento extraregionale degli Stati Uniti fosse del tutto assente. Altrimenti, la guerra di Crimea sarebbe potuta durare per decenni in un’atmosfera di odio reciproco e certamente le sue conseguenze non sarebbero state superate così rapidamente.
Ai nostri giorni, la decisione presa negli anni ’90 di espandere ulteriormente la NATO è all’origine delle insormontabili contraddizioni tra l’Est e l’Ovest dell’Europa. J. Kennan, il titano della scienza politica americana che di questa espansione fu l’artefice, la definì giustamente “fatidica” e correttamente predisse che avrebbe portato a molte tragiche conseguenze. Questo è, in effetti, ciò a cui stiamo assistendo ora nel contesto della crisi ucraina.
Dipendenza europea del suo alleato oltreoceano
2. Da oltre due anni i media e i think tank occidentali instillano nei cittadini comuni la paura della minaccia dell’“imperialismo russo”. Ma il vero pericolo per l’Europa non viene dalla Russia. La principale minaccia per gli europei sta nella crescente dipendenza militare, politica, tecnologica e ideologica dagli Stati Uniti. L’Europa viene sempre più spinta ai margini dello sviluppo economico globale, affondata nel caos della migrazione e di altri gravissimi problemi e viene spogliata della sua soggettività internazionale e della sua identità culturale.
La maggior parte dei Paesi europei è oggi, in linea di principio, priva di un pensiero strategico. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con il crollo degli imperi coloniali europei e l’emergere “dell’ombrello di sicurezza” militare americano, le élite politiche dei principali Paesi europei hanno rapidamente acquisito caratteristiche provinciali.
A volte sembra che i politici europei al governo e i rappresentanti della burocrazia europea abbiano più timore di cadere in disgrazia nei confronti di Washington che di perdere la fiducia del proprio popolo, dei propri cittadini. Oggi, quando si decide chi formerà la futura amministrazione statunitense, i leader occidentali seguono con il fiato sospeso l’esito della corsa presidenziale, aspettando e riflettendo su a quale dei due contendenti convenga dimostrare la propria lealtà.
Gli europei, ovviamente, devono rendersi conto del ruolo suicida che è stato loro assegnato. Per contenere la Russia, la Cina e altri Paesi, le cui politiche indipendenti sono percepite come una sfida all’egemonia, gli americani sono pronti a mettere sotto tiro l’intero Occidente collettivo, a espandere la guerra commerciale ed economica con gli indesiderabili, a scatenare una campagna di misure concorrenziali unilaterali che, come un boomerang, si ripercuotono sulla stessa Europa.
Nonostante la gerarchia del mondo occidentale, il desiderio di autonomia e di difesa della sovranità sta facendo breccia nei Paesi europei: è inevitabile. Ora sentiamo dire che l’Europa dovrebbe avere le proprie forze armate, che l’Europa dovrebbe essere più indipendente. Questo è ciò che dicono i politici europei, e ciò significa che il desiderio di indipendenza e di tutela della sovranità sta riemergendo.
Se l’Europa vuole preservarsi come uno dei centri indipendenti dello sviluppo mondiale e uno dei poli culturali e civili del pianeta, ha certamente bisogno di avere buone, ottime relazioni con la Russia. Noi siamo pronti.
L’ordine statunitense basato sulle regole è una minaccia diretta al multilateralismo
3. Rifiutando di riconoscere le inevitabili tendenze globali, gli Stati Uniti non smettono di cercare con ogni mezzo di diffondere la loro ideologia in tutto il mondo, per conservare il loro status imperiale e il loro dominio. Se non fosse per questo percorso senza via d’uscita e per il messianismo aggressivo di Washington, le relazioni internazionali si sarebbero stabilizzate già da molto tempo.
Le azioni degli Stati Uniti e dei loro alleati ostacolano la cooperazione internazionale e la costruzione di un mondo più giusto, tengono in ostaggio interi Paesi e regioni, impediscono ai popoli di esercitare i loro diritti sovrani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e distraggono dall’azione congiunta necessaria per risolvere i conflitti in Medio Oriente, in Africa e in altre aree, per ridurre le disuguaglianze globali, per eliminare le minacce del terrorismo, dellanarcocriminalità e della fame.
Il famigerato ordine basato sulle regole è una minaccia diretta al multilateralismo e alla pace internazionale. Le componenti più importanti del diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite e le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sono interpretate dagli Stati Uniti e dai loro satelliti in modo perverso e selettivo.
Tutti gli schemi di sicurezza euro-atlantici, senza eccezione alcuna, sono fondati sulla garanzia del dominio degli Stati Uniti, sottomissione dell’Europa e contenimento della Russia compresi. Il ruolo principale è stato assegnato alla NATO, che alla fine ha preso il sopravvento sulla UE e sull’OSCE.
Le proposte russe del sistema di sicurezza eurasiatico
4. Riteniamo sia giunto il momento di avviare un’ampia discussione su un nuovo sistema di garanzie bilaterali e multilaterali di sicurezza collettiva in Eurasia. Si tratta di formulare nel prossimo futuro un quadro di sicurezza uguale e indivisibile, di cooperazione e sviluppo equo e reciprocamente vantaggioso nel continente eurasiatico. Allo stesso tempo, è necessario ridurre gradualmente la presenza militare di potenze esterne nella regione eurasiatica.
La futura architettura di sicurezza è aperta a tutti i Paesi eurasiatici che desiderano partecipare alla sua creazione. Per “tutti” si intendono sia i membri della UE, sia quelli della NATO.
Per promuovere l’idea di un sistema di sicurezza eurasiatico, è necessario intensificare significativamente il processo di dialogo tra le organizzazioni multilaterali che già operano in Eurasia. Mi riferisco principalmente allo Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia, all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, all’Unione Economica Eurasiatica, alla Comunità degli Stati Indipendenti e all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Vediamo la prospettiva che altre influenti associazioni eurasiatiche, dal Sud-Est asiatico al Medio Oriente, si uniscano in futuro a questi processi.
In ultima analisi, riteniamo che gli Stati e le strutture regionali eurasiatiche debbano identificare autonomamente aree specifiche di cooperazione nel settore della sicurezza comune. Su questa base, essi stessi dovrebbero costruire un sistema di istituzioni, meccanismi e accordi operativi che servano realmente a raggiungere gli obiettivi comuni di stabilità e sviluppo.
BRICS e SCO: nuovi attori del mondo multipolare
5. Lo sviluppo di organizzazioni multilaterali diverse dovrebbe contribuire al rafforzamento dei principi multipolari della vita internazionale. È d’obbligo sottolineare l’accresciuto ruolo dei BRICS e della SCO: i Paesi partecipanti cooperano sulla base di uguaglianza, mutuo rispetto, consenso e compromessi reciprocamente accettabili.
Con l’aumento delle tensioni geopolitiche e l’incapacità delle istituzioni multilaterali di gestire i flussi globali, le piattaforme simili ai BRICS attireranno sempre più l’attenzione mondiale. Dato l’interesse per l’associazione, è probabile che il processo di espansione acceleri nei prossimi anni e che i BRICS continuino a svolgere il loro ruolo cruciale di volano dell’economia globale, garantendo la riduzione delle tensioni tra Oriente e Occidente.
I Paesi BRICS cercano di promuovere quello che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha definito “un nuovo sistema policentrico di relazioni internazionali”. I Paesi BRICS hanno approcci in gran parte simili alle questioni della riforma del sistema delle istituzioni multilaterali, tra cui le Nazioni Unite e il loro Consiglio di Sicurezza, così come alle questioni del risanamento dell’economia globale e del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Siamo convinti che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, insieme ai BRICS, siano i principali pilastri del nuovo ordine mondiale emergente. Sono queste associazioni ad agire come potente forza trainante nei processi di sviluppo globale e nell’instaurazione di un autentico multipolarismo.
L’attuale momento geopolitico è caratterizzato dall’acuirsi delle tensioni, dei conflitti internazionali e delle controversie globali. Il panorama mondiale sta diventando sempre più complesso e il ritorno del mondo all’uniformità ideologica e a un sistema unipolare o bipolare è impossibile. Il mondo multipolare è diventato una realtà. È in crescita il numero di Stati che sono a favore di un ordine mondiale giusto e sono pronti a difendere con forza i propri legittimi diritti e valori.